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21/07/2006

Borghi Agar


Documento senza titolo

Carpi
Agar Borghi
Rezdora e mondina  
Lo Scarpasot – L’erbazzone  

PARTE 2

Si ricorda nel brodo che carne ci metteva?
Agar: si sceglieva il manzo, la mia nonna era brava, lei andava in macelleria, prendeva la punta di petto, prendeva i pezzettini che andavano bene, siccome io abitavo in una casa che c’era molta acqua, perché c’era una buca di quelle che d’inverno facevano le slitte con il ghiaccio e d’estate facevano le gare di pesce: lì essendoci molta acqua, mia madre teneva le anatre, allora faceva anche il brodo con l’anatra e l’arrosto.
 Quindi faceva il brodo di anatra o di gallina e il manzo ci andava sempre?
Agar: sì, sempre. Mia suocera invece non lo faceva così buono, lei era più brava a fare la pasta asciutta, perché loro ci tenevano poco al brodo; quando c’era il brodo dicevano, ma non tutti: “Veh, poco brodo”. Poi sa cosa? Ci mettevano specialmente nelle tagliatelle un bicchiere di vino schietto poi le mangiavano.
 Come dicevano in dialetto?
Agar: vè, dam un bicèr éd vèin dur, scèt, di vino Salamino non d’uva d’oro o l’ansalòta, perché l’uva doro la fèva al vèin cèr e l’ansalòta al le fèva dóls… era la minestra in vino.
 Avevate conigli?
Agar: sì, c’erano e ne abbiamo mangiati anche molti, perché li tenevamo proprio noi, li facevamo nascere, ogni coniglio ne faceva cinque o sei. Otto conigli si tenevano, gli davamo da mangiare e diventavano belli grossi, pronti da mangiare.
 Si vendevano?
Agar: sì, perché era anche un interesse, ma alle volte si faceva fatica a trovare l’erba nelle stagioni che c’era siccità per mantenere questi conigli.
 Cosa gli davate da mangiare a questi conigli?
Agar: fin che c’era l’erba gli davamo l’erba, poi dopo davamo la roba secca, come si dà alle mucche: un po’ di fieno, un po’ di avena, quella che davamo agli animali.
 Come si cucinava il coniglio?
Agar: la più brutta abitudine era quello di bollirlo nell’acqua e buttare via l’acqua per poi mettere tutti i condimenti e i sapori, dopo abbiamo smesso. Il coniglio va lavato bene un’ora nell’acqua, poi si lasciava asciugare, va messa la cipolla col coperchio e il calore alto buttava fuori l’acqua. Poi si mettevano l’olio, il rosmarino, l’aglio e tutto quello che uno credeva di metterci.
 Le frattaglie del coniglio si cucinavano?
Agar: si friggeva con la cipoll,a che allora era bella grassa, morbida, con un po’ di strutto; allora c’era lo strutto, c’era anche l’olio, però costava. Mio marito faceva il pollivendolo, quando uccideva i conigli, che dopo portava al macello dove li vendevano all’ingrosso, lui apriva il coniglio, buttava le interiora e io prendevo via la fèla dal fedègh, perché se si rompeva il fegato non si mangiava più il coniglio che diventava amaro. La gente veniva a comperare quelle frattaglie lì per fare la cena, ma erano buone.
 Come si cucinavano?
Agar: con la cipolla fritta, con lo strutto, pian piano, un po’ saporita con il pepe, il rosmarino, quello che uno credeva di metterci. C’era quello che gli piaceva solo con l’olio e il sale, poi metteva quattro minuti a cuocere queste fettine di fegato.
 Come si conservava una volta la carne?
Agar: facevamo delle reti come quelle da appendere il pesce, noi sapevamo farla, facevamo le sporte di quelle reti e poi, con tante corde, le mettevamo giù nel pozzo, perché non è che uccidessero il coniglio oggi e durasse otto giorni, non c’era neanche il frigo, le famiglie erano grosse e si consumava. Mio padre faceva il carrettiere, il birrociaio: quando un cavallo si rompeva una gamba e dovevamo ucciderlo, mio padre ne prendeva due o tre kg e per mantenerlo buono lo mettevamo giù nel pozzo, non nell’acqua, sollevato dall’acqua: durava anche otto giorno e la carne manteneva anche il suo colore.
 I vostri tortelloni come erano?
Agar: di zucca o di erbe, nel mantovano, perché mia suocera era mantovana. Faceva il pesto con la zucca buona, vuole buona, perché altrimenti se è liquida... col formaggio, pepe, un po’ di sale, con una pasta un po’ più morbida perché si potesse chiudere bene, conditi con burro e formaggio oppure anche ragù, però lei li faceva sguasaròt. Con la saba, il mosto del vino fatto bollito cinque, sei ore, ci viene quella roba dolce e appiccicosa. A me non sono mai piaciuti.
 Quindi facevate due tipi di tortelli.
Agar: sì, quelli di zucca e di erba.
 E il ripieno di quelli verdi come era?
Agar: quasi col pesto, come fare il scarpasòt.
 Dove è nata lei?
Agar: io sono nata sotto il Comune di Carpi, a Cortile, in via Sott’argine. Lì c’era quella buca sempre piena d’acqua, in inverno e in estate, un pezzettino di terra dove mia mamma metteva il formentone.
 Aveva due capre che facevano il latte e lei poi faceva la ricotta, perché nei tortelli di erbe ci andava la ricotta.
 Come la faceva?
Agar: faceva bollire il latte, mentre era lì pronto per bollire metteva due granini di sale e la ricotta l’éra bèle pròunta. D’inverno, mio suocera, che aveva le mucche, quando chiudeva la cascina e prendevano il latte, smettevano di ritirare il latte. Lei nelle pentole metteva il latte, le metteva sulla finestra, perché il gran freddo faceva la panna. Lei la prendeva su e poi con una bottiglia faceva il burro, aveva preso poi la zangla, quella rotonda di legno. I formaggini li faceva anche con il latte che aveva.
 E come faceva a farli?
Agar: faceva bollire il latte appena munto, sempre col sale; invece di fare la ricotta, lo lavorava molto, lo faceva schiacciare e diventava formaggio; venivano quei formaggini teneri, non lisci come la mozzarella, ruvidi.
 Ci andava il caglio?
Agar: no, bisognava che fosse stata aperta la cascina; alle volte la signora, c’era un’amicizia, alle volte ne allungava se poteva, ma non poteva mica tanto: lì poi c’erano tanti figli, perché mia suocera ne aveva 11.
 Lei quindi cosa ha fatto nella sua vita?
Agar: ho fatto la terza elementare e poi ho incominciato ad andare a lavorare a nove anni nel magazzino del padrone, dove eravamo in affitto.
 Era un magazzino di che cosa?
Agar: il mangiare per le mucche, per i tori, per gli animali; si faceva il bucato, si serviva loro; per esempio, se c’era bisogno di andare nell’orto, mica nel giardino, perché c’era il giardiniere, ma nell’orto a prendergli qualcosa o seminare il prezzemolo.
 Nell’orto si ricorda cosa si seminava?
Agar: le patate quando era la sua stagione, quando c’era la raccolta la facevamo sempre noi.
 Allora, c’era la raccolta dei frutti, oppure delle patate, perché ce n’era molte, 10 casse per esempio; l’uva in quel serraglio lì non c’era, c’erano sono i frutti e quello che dava la terra: i fagiolini, le carote, il prezzemolo, il sedano, che d’inverno lo dovevamo coprire e diventava bianco ed era buono come mangiarlo con il sole. Era mia mamma che faceva quel lavoro lì, perché noi eravamo troppo piccoli.
 Si ricorda dei frutti che c’erano allora?
Agar: c’erano le pere, che erano meravigliose, c’erano le albicocche tutte…
È stata sempre lì a lavorare o andava anche fuori?
Agar: andavo alla risaia, a quattordici anni sono andata alla risaia.
 Dove è stata?
Agar: a Pavia, a Novara, sono stata fortunata, perché certa gente non dice così, che avevamo dei posti dove facevamo sempre 60 giorni. Facendo 60 giorni, si portava a casa un bel po’, noi eravamo figli di gente povera, veniva la bancarella che vendeva tutto, cioccolata, gelati, ma non spendevamo mai niente, perché bisognava portare a casa i soldi, con quei soldi si pagava un po’ di affitto e il grano per tutto l’anno.