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10/08/2006

Cantore


Documento senza titolo

Fontanaluccia, Frazione di Frassinoro
Marco Piacentini
e Lorenzo Aravecchia
Maggiarini
I Canti del Maggio  

PARTE 2

Per diventare dei bravi Maggiarini cosa bisognava fare?
Marco: prima cosa è la voce, cantare bene o comunque cantare in un modo che può piacere, espressivo perché c’è gente che canta benissimo e non ha la gestualità, e interpretare il personaggio, magari c’è gente che canta meno bene ma con passione e fa arrivare il personaggio al pubblico.
Lorenzo: la parte del cattivo va fatto con più irruenza, con più caparbietà, la parte del buono con dolcezza, in base alle caratteristiche dei singoli Maggiarini venivano distribuite le parti e preparata la rappresentazione.
Marco: poi dipende anche dal tipo di canto. C’è gente che con il tipo di canto che ha non potrà mai fare il buono, gente con un canto molto potente, scuro, anche violento addirittura, che può fare solo la parte del cattivo; dipende insomma dalle caratteristiche di ogni attore, di ogni Maggiarino, e così si dà la parte, poi bisogna anche metterli d’accordo perché non sempre i Maggiarini sono così malleabili “la mia è più corta, la tua è più lunga”.
Lorenzo: nel maggio poi si trasportavano anche i problemi quotidiani di incomunicabilità a volte, se qualcuno il lunedì e il martedì non andava d’accordo continuava a litigare anche la domenica. La compagnia dove io sono il regista, la compagnia Valdolo, è 22 anni che canta e questi problemi non ci sono quasi mai stati perché abbiamo sempre superato quando c’è stato qualche attrito, si parla di 22 anni di continuità, ma ci sono compagnie che nascevano e duravano qualche anno poi smettevano perché litigavano e riprendevano dopo cinque, sei anni.
Il maggio era quindi un momento di aggregazione?
Lorenzo: sì, era un momento di aggregazione, la gente aveva pochi passatempi, allora si lavorava fino al sabato sera e la domenica era un momento di evasione, si andava in paese, si cantava, andavano a vederlo chi non lo cantava, bevevano il bicchiere di vino che durante la settimana era precluso per motivi economici.
Quindi quando c’era il maggio non mancava il vino?
Lorenzo: non tutti avevano la vigna e il vino a disposizione durante la settimana, allora la domenica al maggio c’era il vignaio che portava da bere ogni qualche quartina, mentre si cantava c’era bisogno di bagnarsi l’ugola e c’era chi ne approfittava per bere qualcosa in più. Quando tornavano da via dopo un inverno passato fuori, si rivedevano in primavera ed era un momento di gioia che si festeggiava. Poi una volta era tutto un cantare, non solo durante la rappresentazione ma anche durante la settimane, non c’erano i trattori, le macchine agricole, i lavori erano tutti manuali e quando mietevano cantavano da un campo e rispondevano dall’altro, era tutto un canto e nella miseria così erano felici perché non avevano visto niente di meglio. Adesso se mettessero lì qualcuno a mietere a mano, adesso non canterebbe più nessuno. Erano strofe di maggi conosciuti, qualcuno anche improvvisava. Adesso nessuno canta più adesso se uno canta lo prendono per matto.
A proposito delle scene e dei costumi, come sono?
Lorenzo: le scene sono molto povere, il fiume è un telo blu, quattro, cinque frasche è il bosco, la capanna una volta era di frasche, adesso è di tubolari, con la tenda in cima con il drappo dorato dimostra la reggia, la città, le scene sono molto povere e ci vuole una particolare immaginazione.
Marco: sì, bisogna entrare nella vicenda, semplicemente i segni che ci sono all’interno del cerchio sono dei suggerimenti, delle indicazioni per chi segue la storia.
I costumi?
Lorenzo: i costumi sono sempre più o meno quelli, il Maggiarino si fa il costume e usa sempre quello.