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04/08/2006

Bonaccorsi Dino, Gaetti Giulio


Documento senza titolo

Lago – Località Pian di Greppia, Frazione di Montefiorino
Dino Bonaccorsi e Giulio Gaetti
Vignaioli
Il vino da monte  

PARTE 1

Giulio: se volete vi facciamo vedere quella vallata lì che l’ha portata via metà il fiume, erano tutti vigneti da un metro, neanche da un metro l’un dall’altro. Laggiù la chiamavano la Fonderia perché là c’erano delle miniere; c’era del rame ma c’era il ferro, adesso non c’è più niente. C’erano centocinquanta quintali di uva là dove c’è venuta quella boscaglia, il fiume ha portato via tutto, là c’era una grande piana e un mulino e c’erano dei noci enormi che facevano anche l’olio di noce, perché allora non c’era condimento. Andare fino al fiume era tutto un vigneto, poi è arrivata la fillossera nel ’45 qui, allora tutto sotto la strada era vigneto e di sopra c’erano le piantate. Dino: a filare come questo.
Giulio: ce n’è ancora qualcuno, vede, andavano fino sotto a quelle case lì, le piantate.
Adesso invece è stato tutto reimpiantato, nel senso della discesa, quindi per i mezzi meccanici.
Giulio: le hanno fatte per andarci dentro con il trattore.
 Parliamo di questa vigna.
Giulio: qui venga a vedere, c’è un rudere, là era la capanna bianca; allora io avevo nove anni nel ’37, mi han buttato dentro al tino per tirare fuori le vinacce e sono svenuto per il gas, se ne sono accorti perché se no…io non capivo più niente, perché il gas delle vinacce era potente, qui ci veniva del vino che non sembra ma arriva fino a 12 gradi e mezzo, anche 13, perché le piante facevano pochi, tre grappoli.
 Erano bassi, molto fitti, le radici andavano in fondo.
Giulio: molto fitti, la tagliavano, gli lasciavano il pivetto alto così alla vite e basta, tagliavano tutto.
 Quindi tre grappoli, quattro per pianta.
Giulio: ma veniva un vino che era speciale.
 Com’è che stata dimenticata questa coltura?
Giulio: perché dopo ripiantarle di nuovo…
In Francia si fa ancora così, ma anche in Toscana…
Giulio: sì, lo so, ma in Francia hanno adoperato l’innesto, qui non l’hanno rimesso l’innesto, allora c’è stato un qualche amante che ha rimesso l’innesto, perché loro erano abituati al domestico. Il domestico se cade una vite qua prendevano giù il coso, lo sotterravano e faceva l’uva subito, come faceva la radice l’anno dopo lo tagliavano e ripartiva la vite. Invece adesso la devi piantare di nuovo la vite perché come secca secca, non c’è niente da fare.
 Vorrei che mi raccontaste un po’ che viti sono queste qui.
Dino: ce n’è una infinità, le più vecchie noi le chiamiamo uva tosca; questa è una di quelle che avevano anche cinquant’anni fa la chiamano in dialetto la Volpra.
Giulio: è uva bianca che fa un vino molto chiaro, sembra verde.
 Andiamo a vederla, è un grappolo abbastanza compatto direi …piccolo.
Giulio: c’era la Volpra e c’era la Schiava, poi dopo c’era lo Schiavone che era nero che faceva dei grani così.
 Dino: ci sono almeno venti o trenta qualità giù di qua, quella vite lì è la Sardonaria.
 Queste qui quando le avete prese? È roba recente o Chardonnay? sono cloni che c’erano qua?
Dino: ma c’erano anche una volta.
Giulio: sì, ma lui ne ha innestate tante delle nuove.
 Chardonnay?
Dino : sì, poi c’è L’amabile di Genova, si chiama...
Giulio: lì c’è l’Ancellotta.
 L’Ancellotta adesso sta tornando di moda.
Giulio: sì, ma è un vino che va condito assieme all’altro, perché farlo schietto non è mica buono.
 Non è vero.
Giulio: ma viene nero..
 Sì, nero, ma fa anche 13 gradi.
Giulio: sì, però rimane troppo dolce.
 Dino: poi ho la Barbera.
 Com’è che c’è la Barbera qua? Dino: ha quarant’anni questa vigna qua.
Giulio: la Barbera più che altro viene dal Piemonte, dal Pavese.
 D’accordo, ma in questa zona c’è soltanto nel bolognese.
Giulio: sì, ma è sempre stato un amatore, faceva il camionista quello che ha fatto il vitigno, lui è andato, ha preso diverse qualità di uva tra cui anche la Barbera.
 Dino: quella tirella lì è Tocai.
 E questo chi l’ha portato?
Dino: ah c’è da allora anche questo.
 Quarant’anni fa.
 Ma com’è è diventato un campo sperimentale questo?
Giulio: dopo che è seccato le nostri viti tradizionali.
 Quali erano le vostre viti tradizionali?
Giulio: la Volpra, la Schiava, la Tosca, lo Schiavone e qualche uva da colore e basta.
 Dino: allora a gh’era quello che chiamiamo moscatello noi, il Moscato Canelli c’era anche allora anche sessant’anni fa.
 Quindi parliamo già degli anni ’20, inizio del secolo.
Giulio : oh….
parlano che avessero quattrocento anni le nostre viti.
 Quindi arriva la fillossera, terra bruciata per tutti, qualche appassionato porta vitigni da tutta Italia.
 Riusciamo a vedere il punto di innesto?
Dino: il punto di innesto è qua, questo è Merlot perché io conosco una a una le viti.
 Il piede americano?
Dino: il piede americano e l’innesto è qua.
 Questa cos’è?
Dino: Barbera quella, gli altri Merlot.
 Sono una vicino all’altra.
Dino: perché seccano, tutti gli anni di queste vecchie qua ne seccano quattro o cinque.
Giulio: io sono stato in Romagna a prendere dell’uva, a Castelbolognese da Fabbri, sa quello che allenava la nazionale italiana? lui aveva preso un podere perché negli anni ’60 scappava la gente dalle compagne, avevano fatto quella riforma che bisognava dare in affitto se no non era più regolare tenere i mezzadri. Lui lo aveva comprato: non esagero, aveva dei filari che erano come quella montagna lì eh... lo aveva comprato per niente, io so che ci aveva delle botti sotto terra da 700 quintali l’una.
Dino: questa è un’uva nuova che ho piantato io, è Pinot nero…. questa è una Barbera.