01/08/2006
Acetaia
Castelvetro
Ernesto Stanzani
Consorzio del Balsamela
Il Balsamela: aceto balsamico di mele Saba e neve – Il friggione
PARTE 1
Come nasce il balsamela?
Stanzani: noi non abbiamo testimonianze storiche per dare una data a questo prodotto, è un
prodotto delle nostre tradizioni. Questo lo abbiamo appurato oltretutto perché abbiamo
conoscenze che soltanto il territorio di Castelvetro o qualche frangia limitrofa
fa questo prodotto, la cosa che sappiamo è che abbiamo delle batterie
private ultracentenarie che sono state passate da nonno a figlio, che fanno parte
di un compendio ereditario.
Come si prepara il balsamela?
Stanzani: alle conoscenze attuali su come si prepara il balsamela, diciamo che
viene preparato con mele particolari che si chiamano ladine, una mela molto povera,
acidosa, e che va giusto bene per fare acidificare, perché noi il succo
della mela per fare l’aceto dobbiamo farlo acidificare, se noi prendiamo
una mela con una grana molto più dolce fa molta più fatica e rischia
di non acidificare e quindi di non trasformarsi in questo prodotto.
Come si presenta questa mela?
Stanzani: questa mela si presenta molto piccolina, avrà un diametro di
circa 8 cm. È verde, ha una maturazione molto tardiva, è acidula, è una
mela invernale che si teneva sui solai e consumata fino a tarda primavera, fin
quando non c’era la frutta di stagione dell’anno dopo.
Si trova ancora questa mela nella vostra zona?
Stanzani: sì, dopo che è nata l’Associazione della Congrega
del Balsamela, un anno e mezzo fa, noi cerchiamo di fare un censimento anche
rispetto ai produttori, dove si riforniscono delle mele per fare il sugo.Nello
stesso tempo cerchiamo di salvaguardare questa mela che è in via di estinzione
per la sua scarsa produttività ma anche perché non ha quelle caratteristiche
organolettiche commerciali che ha la frutta normale.
Come si lavorano queste mele?
Stanzani: per fare questo aceto di mela, la mela viene raccolta nel tardo autunno,
verso ottobre-novembre, quando non è ancora perfettamente matura. Poi
viene grattugiata con la macchina che vedete, che avrà almeno 60-70 anni.
Prima andava con una manovella, adesso c’è un volano che poi va
con un motore elettrico o a scoppio.
Cosa fa questa manovella?
Stanzani: la manovella fa girare questo rullo che è dentato, non è nient’altro
che lamiera forata grezzamente, e con questi denti mettendo la mela dentro si
grattugia e diventa una poltiglia. La poltiglia di mela poi va a finire in un
mastello di legno, un recipiente sempre usato e che si usa tuttora perché sterile
perciò non dà nessun problema. Poi questa poltiglia viene messa
in un torchio, lo stesso con cui si può torchiare anche le vinacce, mischiata
a uno strato di paglia, uno strato di poltiglia di mela, e via fino ad arrivare
a riempire il torchio e poi si pressa, stesso sistema che si adopera per le olive.
Questo sugo poi si filtra grossolanamente perché possono essere andate
dentro scorie di buccia di mela, di torsolo di mela. Poi viene bollito, anche
lì dipende dal produttore, come vuole la concentrazione, se la vuole molto
alta deve bollire molto se invece vuole una concentrazione un po’ più bassa
lo bolle meno. Ogni famiglia ha un suo segreto, poi se gli chiedi il segreto
ti dicono il segreto, però non è mai quello completamente, è un
altro. Le verità non si sanno mai, la verità non esce mai fuori.
Qual è secondo lei il migliore, quello più o meno
denso?
Stanzani: ma, quello dipende dalle caratteristiche della batteria, come è messa,
dove devo aggiungere questo succo. Se ho una batteria che è molto scarsa,
che ha bisogno di rinforzi, io metto un cotto mediamente concentrato, lo faccio
calare, di tre parti ne faccio calare due parti. Su novanta litri viene fuori
trenta litri di cotto. Dipende sempre dalla concentrazione, questo dipende sempre
da chi accudisce la batteria, delle regole ben precise non esistono, anche perché è un
sistema che non si può nemmeno dire empirico, sicuramente tramandato dalla
esperienza perché molto dipende da dove è collocata la batteria,
i barili come sono messi, se li uso molto o li uso poco, insomma dipende da tante
cose, e potremmo restare a parlare per delle giornate.
Gli strumenti usati per fare il balsamela sono quindi solo questi
che ci ha mostrato?
Stanzani: faccia conto che ho un cesto di mele, metto le mele qua dentro, due
persone lavoravano attorno a questo attrezzo, uno girava la manovella, e poi
quando il mastello era pieno di poltiglia di mela lo vuotava oppure c’era
un mastello di ricambio. Questi invece sono i paioli di rame, perché allora
si usava soltanto il paiolo in rame, dove il mosto veniva bollito, appena terminata
la bollitura lo si tirava via immediatamente. Lo si metteva a raffreddare in
un mastello di legno, perché nel rame non va bene, il rame ossida perciò il
mosto prenderebbe dei sapori cattivi. E poi quando era raffreddato questo mosto
cotto, scusate non è mosto, questo sugo cotto veniva lasciato raffreddare
e il buon mastro acetaio lo metteva in una damigiana e lo lasciava lì,
a riposare, che perdesse dell’acidità. Lo metteva nei barili soltanto
l’anno dopo, perciò aveva la rotazione, io pigio le mele quest’anno
e con il sugo che ottengo faccio il rincalzo, non a gennaio quando si usa fare
quando la stagione è più fredda, perchè la temperatura ha
contribuito a depositare tutte le parti in sospensione e faccio gli assaggi,
ma lui adoperava la roba che aveva 14-15 mesi di età. Io vi sto raccontando
esattamente quello che fa questo mio amico che l’acetaia l’ha ereditata
dal padre, e credo che arriviamo indietro fino al bisnonno.
Tornando all’invecchiamento, ci vuole dare qualche notizia
in più sui legni più adatti all’invecchiamento?
Stanzani: la famiglia dove siamo noi oggi, per esempio, era una famiglia privilegiata
perché c’era tanto legname qui attorno, perciò gli antenati
di questa famiglia facevano le botti, e abbiamo anche documentazioni fotografiche,
e tuttora questo mio amico quando c’è la necessità aggiusta
qualche barile. Invece gli antenati avevano avuto la facilitazione di aver materiale
a disposizione, se andiamo indietro anche cento anni comprare il legno e fare
fabbricare un barile veniva a costare una certa cifra. I legni adoperati erano
legni che si trovavano in zona, generalmente i legni più adatti a questo
lavoro sono il castagno sicuramente, il rovere quando se ne trovava, il gelso.
Allora gelso ce n’era molto, la foglia veniva poi usata per i bachi da
seta e questa è una zona dove si coltivava il baco da seta. E poi il pero,
un legno che non dava grossi aromi perché è un legno abbastanza
sterile, però quando era ben asciutto dava la possibilità che il
barile avesse una tenuta molto alta. Insomma per i legni si adoperava un po’ quello
che si aveva grosso modo.
Qual è il momento migliore per consumare questo aceto di
mele?
Stanzani: quando è maturo, non c’è un momento particolare.
Questo è un aceto indicato per tutta la nostra cucina, essendo fatto con
una materia prima leggermente differente, che è il mosto d’uva.
Direi che a mio parere è molto indicato sui dolci, sul gelato, sulle fragole
dove c’è bisogno di una acidità abbastanza consistente ma
non troppo marcata, poi va bene in tutta la cucina, su una bella braciola con
un filo di olio d’oliva. Questo aceto va a crudo, senza cuocere, si mette
freddo, non lo si cuoce mai, mai, e lo si lascia a scaldare soltanto quando il
tegame viene tolto dal fuoco.
Ci vuole raccontare di qualche piatto tradizione in cui si usava
il balsamela?
Stanzani: il balsamela era un insaporitore. Noi abbiamo una cucina che sembra
molto ricca, ma in realtà era molto povera. Qui ho un libro dove sono
raccolte tutte le nostre ricette vecchie, raccolte dai ragazzi delle scuole elementari,
dalle signore, e un paio di professori dell’Università di Modena
di scienza della alimentazione. Hanno fatto un po’ tutto, ci sono dosaggi
e varie cose.