25/07/2006
Agricoltura
Nonantola
Le mondine
Lucia Ansaloni, Maria Bozzali, Anna Bulgarelli, Onelia Ciriesi, Augusta
Guerzoni, Ivana Piccinini, Giovanna Pirondi, Novella Spinelli
Le mondine
Lucia, dove si andava in risaia?
Lucia: in Piemonte, nella provincia di Vercelli e di Novara.
Quando si partiva per la risaia?
Lucia: partivamo quasi alla fine di maggio.
E si stava via quanto tempo?
Lucia: si stava via 40 giorni, 45 ma non di più perché quando il
riso è abbastanza alto non si può più pestare. Noi partivamo
organizzate, andavamo all’ufficio di collocamento che c’era in tutti
i Comuni e lì facevamo l’iscrizione, in primavera era l’unico
pensiero che avevamo, poter partecipare a questa campagna perché non c’era
un gran lavoro. Facevamo l’iscrizione poi in questo ufficio venivano le
richieste di lavoro, i padroni delle terre in Piemonte mandavano giù i
contratti con le richieste di 20-100 a seconda delle sue esigenze e noi andavamo
più o meno nei posti in cui eravamo state l’anno prima.
Quando arrivava il contratto, l’ufficio di collocamento con i sindacati
mandava a chiamare le mondine che si erano iscritte ad esempio per andare in
questo posto, facevano la riunione, alla riunione venivano elette la cuoca e
la prima mondina, la cuoca perché anche se si mangiava solo del riso era
un lavoro che doveva essere curato e doveva farlo una persona che gli piacesse
questo lavoro e la prima mondina aveva una responsabilità maggiore che
era quello di fare rispettare il contratto delle mondine, perché il contratto
era importante per i diritti che stabiliva questo contratto, le ore e tutte le
altre cose.
Augusta, com’era il viaggio per raggiungere la risaia?
Augusta: dunque, si partiva da Nonantola con la Marianenna che era un treno piccolo
e si arrivava a Modena. Lì ci caricavano sui carri bestiame, quando eravamo
a Modena per esempio ogni sindacato organizzava il suo gruppo. Ad esempio quello
di Nonantola organizzava le mondine di Nonantola, quello di Ferrara organizzava
quelle di Ferrara, però a Modena era un punto unico, a Modena si partiva
tutte assieme, cioè davano dei vagoni bestiame perché nei primi
anni che andavamo via noi andavamo nei carri bestiame. Allora in questo carro
ce ne stavano una trentina e facevamo un treno tutto di mondine e andava in diverse
direzione: a Vercelli, a Novara, a Pavia, e ognuno andava a destinazione.
Quando eri là c’erano quelli del posto che ci aspettavano
con i cavalli e birocci; in uno ci salivano le mondine, nell’altro ci stavano
le valige e poi si partiva e si andava alla cascina.
Appena si arrivava alla cascina cosa si faceva?
Augusta: appena arrivate la prima cosa da fare - perché delle volte si
arrivava di sera - era riempire il materasso di paglia per poi andare in camerata
a dormire.
Come era organizzata la vostra vita in risaia?
Maria: ci alzavamo alle 5 del mattina, prendevamo un po’ di latte, si andava
giù in cortile e il padrone ci diceva dove dovevamo andare lungo gli argini.
Alle 6 si incominciava, si andava giù nella risaia con le gambe nell’acqua,
lavoravamo fino alle 8 poi passava una signora con un sacchetto del pane, sempre
in piedi se eravamo vicino all’argine ci venivamo a sedere altrimenti in
piedi. Dopo 10 minuti passava una con un tegamino con l’acqua, ci dava
un mezzo bicchiere di acqua da bere e alle 8 e un quarto si cominciava sempre
a mondare il riso. Dei giorni si doveva andare nel vivaio a togliere il riso
per dopo passare in un altro posto per trapiantarlo, alle 11 andavamo sù a
mangiare e all’una si ricominciava il lavoro.
Quante ore si lavorava al giorno?
Maria: si lavoravano otto ore, delle volte si facevano anche gli straordinari,
sempre per arrotondare la busta, perché c’era miseria a casa e cercavamo
di raccogliere più soldi che si poteva.
Come si faceva il lavoro?
Maria: alla monda andavamo così all’avanti, spostavamo tutto il
riso poi c’era il giavon, un’erba che era velenosa e bisognava
toglierla altrimenti il riso non cresceva. Andavamo poi al vivaio a togliere
il riso per fare i mazzi e poi il giorno successivo in un campo che c’era
solo un po’ di acqua e tanta terra noi prendevamo il mazzo del riso, mettevamo
tre o quattro piantine qui in mezzo a queste due dita, poi così e poi
così, sempre all’indietro, dovevamo sempre mettere il riso messo
bene, andare all’indietro, era sempre questo il movimento … a vent’anni
la schiena era abbastanza robusta.
Si ricorda che qualità di riso c’era?
Maria: non lo so, tanti anni indietro non si sapeva che riso piantavano, il vialone
magari.
Novella, quanti anni ha lavorato in risaia?
Novella: ho incominciato del ’27 che avevo 14 anni, sono arrivata a fare
10 anni da giovane e il resto ad andare ai 30 anni da sposata.
Quindi sono stati trent’anni di risaia?
Novella: trent’anni di risaia, poi ho abbandonato. Mia figlia non camminava,
l’ho portata da mio padre, quando sono venuta a casa non mi voleva vedere,
non mi riconosceva più.
Come era la vita in risaia?
Novella: sempre curve, sempre in mezzo all’acqua, ci andavo anche d’autunno
a tagliare il riso.
Quindi lei cosa faceva?
Novella: la monda e poi diversi anni anche il taglio del riso.
Quando si fa il taglio del riso?
Novella: d’autunno, a settembre andavo.
Con chi andava in risaia?
Novella: andavo con un gruppo delle mie amiche, i primi anni sono andata con
i forestieri perché dicevano che non potevano mandarmi via perché mio
padre era un signore dicevano. Allora sono andata con della gente di Padova,
poi sono andata con mia madre e mia sorella nei 10 anni da giovane e poi mi sono
sposata e sono andata con la suocera e la cognata, poi sono andata con mia figlia
più vecchia, nei trent’anni.
Ivana, quanto si prendeva a lavorare in risaia?
Ivana: circa 35-38 mila lire, non di più durante la campagna della monda
e del taglio, in una campagna si prendevano quei soldi.
Per quaranta giorni di lavoro si prendevano questi soldi, ma
vi davano anche del riso?
Augusta: anche del riso, ma il riso hanno cominciato a darlo anni avanti, hanno
cominciato a darlo dopo la guerra.
Ivana: dopo le lotte che hanno fatto, hanno cominciato a dare il chilo
del riso.
I soldi che si prendevano dove si mettevano?
Ivana: questi soldi si mettevano tra la maglietta e il reggiseno, in un sacchettino
chi l’aveva, chi non l’aveva in un fazzolettino, piegati, si mettevano
vicino alla maglia e poi con una spilla si chiudeva e is mitiva lè dentro
così.
Voi cosa vi siete comperate con questi soldi?
Ivana: prima di tutto quando si veniva a casa c’era già dei debiti,
allora si pagavano quelli, si pagava il droghiere, il macellaio, e poi alla fine
non rimaneva più niente.
Lei Augusta cosa si è comperata invece?
Augusta: dopo sposata - perché io l’ultimo anno l’ho fatto
che ero già sposata col bimbo piccolo ed era il ’53 - quando sono
venuta a casa ho voluto comperare la macchina da cucire perché ne avevo
bisogno, allora mi ricordo che tutti i soldi che ho preso dei 40 giorni ho preso
la macchina da cucire e l’ho pagata 52 mila lire.
Com’era, Anna, il rapporto col vostro datore di lavoro?
Anna: il rapporto era giusto, solo che nel ’52-’53 sono entrati in
vigore gli scioperi.
Perché questi scioperi?
Anna: per la questione della vitalità e del prezzo, perché come
mondine eravamo scarsi. Allora si lottava per questo e venne lo sciopero, noi
eravamo in una cascina in 24 -25 e la nostra cascina non era chiusa, però con
lo sciopero si perdeva il chilo di riso al giorno e come pasto si mangiava una
sola volta al giorno; avevamo avuto delle informazioni dalla nostra capogruppo
che le altre andavano a lavorare in nero, allora un giorno siamo partite in 5-6-7,
siamo andate a mandare a casa questo gruppo, sull’argine a dire “siete
crumire, non capite niente vedete che c’è la lotta?”
Quanto è durata la lotta?
Anna: lo sciopero si faceva una volta alla settimana, non era di continuo. Come
lotta c’era sempre, come cominciammo a dire “crumire, crumire”,
arrivò la celere e ci presero in tre e in quattro.
In seguito allo sciopero poi ci sono stati dei miglioramenti?
Giovanna: io sono stata fortunata perché le lotte le avevano già fatte,
mi ricordo che abbiamo fatto solo mezza giornata di sciopero noi, io sono andata
nel ’54-’55.
Ivana: noi eravamo in una cascina, abbiamo fatto 16 giorni di sciopero
e così nella campagna abbiamo perso il riso e lo stipendio perché alla
fine abbiamo portato a casa quasi niente.
Onelia, cosa si faceva dopo il lavoro?
Onelia: dopo il lavoro si veniva sù dalla risaia, si cominciava dalla
mattina fino a mezzogiorno, dall’una fino alle tre mezzo alle quattro,
poi si veniva a casa, si andava nei fossi a lavarsi poi si andava su, ci si sdraiava
un poco, si aspettava che venisse ora di cena che ti davano riso e fagioli.
Tutti i giorni?
Onelia: sempre. A mezzogiorno riso e fagioli, alla sera fagioli e riso, era sempre
quella minestra… sono stata anche nel ’48 che ho fatto la comparsa
in Riso Amaro. Prima sono stata a Vercelli, poi sono stata a Pavia: ero in paese,
allora alla sera si andava a fare due salti in una aia tutta circondata di polli,
di conigli, ma alle 10 già dentro in camerata perché alle 5 c’era
la sveglia.
E coi ragazzi piemontesi?
Onelia: io ho trovato marito là, ho trovato un piemontese, mi sono sposata
qui, poi sono stata cinque anni là e andavo a lavorare con loro. Poi ho
cercato di ritornare qua nel mio paese, si stava bene, però si sta meglio
qua.