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21/07/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Carpi
Agar Borghi
Rezdora e mondina  
Lo Scarpasot – L’erbazzone  

PARTE 3

Quando si partiva per la risaia?
Agar: il 14-15 maggio.
 Come si andava via?
Agar: in treno, andavamo in stazione a Carpi, ci accompagnava la famiglia, prendevamo il treno che ci portava a destinazione.
 Dovevate essere iscritte da qualche parte?
Agar: avevamo il sindacato, che aveva il capo in ogni frazione, e lì facevano il contratto. Loro mandavano a chiamare, oppure ci andavo io e gli dicevo “quest’anno voglio andare in risaia”, allora guardava anche se uno ne aveva un po’ più bisogno, per dividere un po’ le famiglie. D’estate, quelle del centro di Carpi venivano anche loro, ma non portavano a casa neanche un soldo.
 Perché?
Agar: si divertivano, andavano dalla parrucchiera, andavano a ballare, alle feste.
 Alla risaia dove eravate alloggiate?
Agar: era come dormire in una grande camerata con finestrini piccoli, perché per loro le finestre erano pericolose e si dormiva; se uno non accettava, poteva dormire anche da sola, ma molte si accoppiavano.
Io avevo mia sorella, però ero più con un’amica che con mia sorella.
 Quando si partiva cosa portavate con voi una valigia, un sacco?
Agar: una sporta, non una valigia, ci accontentavamo, poi era caldo; alla mattina, ci si alzava da letto alle cinque, pronte subito. Lì c’era un paiolo e davano un mescolino di latte, bevevo quello lì, poi andavo a piedi lontano 3 km; non sono mai stata fortunata, perché io sono andata presto, nel ’38 mi sono sposata e non ci sono più andata. Poi hanno messo su i cavallanti, che portavano le mondine sul lavoro e alle otto veniva un signore, si mangiava una pagnottina e un bicchiere d’acqua, mangiavamo quello lì in piedi in due minuti, non venivamo neanche su dall’acqua, poi sempre giù giù quando si faceva il trapianto; ma la fatica più grossa era quella di toglier le pianticelle. Quando mi fanno vedere, a me viene da ridere, non assomiglia neanche… quando tolgono l’acqua che c’è il riso da togliere, per fare un mazzo, per trapiantarlo, dopo andando indietro sempre chinate a fare il trapianto, ma era più faticoso toglierlo.
 Quante ore eravate impegnate in risaia?
Agar: otto ore, cominciando alle 5, fermandosi un’ora a mezzogiorno, dopo venivamo su presto, perché c’erano i moscerini e dopo mezz’ora eravamo tutte mangiate e allora, dopo, sa cosa facevamo? Tutti i giorni il bagno, perché c’erano i canali che avevano l’acqua fresca. Prendevamo con noi la roba pulita, ci lavavamo e stavamo là a riposare intanto che seccava la roba.
 La sera dove si mangiava?
Agar: dopo andavamo a casa, alla sera. C’era il riso ancora coi fagioli, a mezzogiorno i fagioli con il riso, solo alla domenica facevano il riso in brodo con un pochino di carne.
 La carne di gallina?
Agar: di manzo, perché facevano anche fatica a spezzettarla per darne un pezzettino a ognuna, eravamo sempre 45 in camerata. La sera, venivano sempre i suonatori, per il ballo, ho una cugina che si è sposata lì.
 Si cantava?
Agar: ah scusa sgnòr padròun sa l’ham fat tribulèr, l’éra la prémma volta e a-n savèvem mia cuma fèr… quella lì era la più bella, eravamo poi brave, perché se c’erano cinque persone e una non c’era mai stata, la mettevamo in mezzo. Quando il capo faceva il giro per vedere se io sapevo qual’era l’erba che dovevo prendere via, l’altra, tanto svelta del mestiere, me la prendeva prima del tempo e lui non se ne accorgeva… ah scusa sgnòr padròun, lo dice proprio la parola che lui non sapeva fare niente, però as sèm sèmpar rispetèdi, as sèm sèmpar vludi bèin. Non ho mai visto una mondina che si sia picchiata con un’altra. Quando una di noi si è ammalata ed è dovuta andare a casa abbiamo sofferto.
 Agar spiega come si coceva lo scarpasòt?
Agar: chi era fortunata aveva una stufa, dove c’era il forno con la brace, che ci andava il scarpasòt, dove c’era una caldaia che fin che questa non bolliva non si metteva dentro. Allora questo caldo e quest’altro caldo cuoceva i dolci e anche il gnocco. D’inverno, quando siamo venuti ad abitare non c’era il gas, ma c’era la stufa.
 Chi le ha insegnato a fare l’erbazzone?
Agar: in casa della mia suocera, non l’ho mai fatto, perché era lei la cuoca. Diceva: “oggi si fa questo e questo” e dire che c’erano 11 figli, 12 con me, i due genitori 14, gli zii 16… allora io non l’ho mai fatto, dopo che sono andata da sola. A 24 anni, mio marito ha finito la guerra, siamo venuti fuori con le due bimbe e ho cominciato a fare queste cose.
 Ma prima, a casa di sua mamma, non lo faceva?
Agar: sono venuta via che avevo 17 anni, sa cosa faceva mia mamma? Diceva: “devo servire sette persone, te non ce la fai, vai al mio posto in campagna che io sto a casa”, perché mio padre era un uomo che voleva mangiare bene, ci teneva alla tavola. Invece, sa cosa facevo a casa di mia suocera? Alla domenica mattina, quando andava alla messa e poi al mercato e poi a trovare l’amico o la sorella e stavamo via sino alla sera col marito, avevamo la cavalla col biroccino, dopo ci diceva: questo è il riso, questa è la carne, questo è il formaggio. Allora il formaggio era poco, ma siccome dentro a la panèra c’era la farina e dentro la farina era seppellito il formaggio, mettevamo dei bambini dentro con le braccia che veniva su tutto bianco per prendere il formaggio, poi andavamo nel fienile, cercavamo delle uova e poi facevamo l’uovo con la tridùra ma diventava buono il riso e allora dicevano alla suocera: “sai che è più brava di te la Agar a fare da mangiare?”
Adesso, Agar ci sta facendo vedere come si stende la pasta dell’erbazzone.
 L’erbazzone quando si mangiava?
Agar: a cena, perché a pranzo c’era sempre la minestra, tanto una famiglia come nell’altra non c’è mai mancata la minestra, alla mattina sa cosa facevamo? Il latte bollente con una polenta, perché la suocera si alzava presto, mangiavamo una tazza del latte caldo appena munto oppure scaldato con un po’ di polenta con la punta del cucchiaio, ma era buona… nel mantovano c’erano delle osterie che ci vanno ancora a mangiare la polenta con quel latte lì…
Adesso ha tirato l’impasto e ora mette il ripieno…
Agar: ecco, si spalma tutto il ripieno con una forchetta così.
 Quanto tempo deve restare in forno?
Agar: se uno fa una pasta con poco farina, diventa sottile la pasta, allora la cuoce 30 minuti. Io ne metto 4 etti, allora la devo cuocere un po’ di più; poi uno, se vuole essere sicuro che non si apra, lo tratta bene, insomma. Io faccio così; per essere più sicura, dovrebbe tagliarlo con quello che si taglia la pasta, però dopo mi spiace buttarlo via quel pezzettino lì, allora faccio così.