11/09/2006
Cucina
Pievepelago
Nella Ricci
Rezdora
Preparazione del coniglio all’aceto balsamico e dei borlenghi
Trota con le bietole, ciacci e necci
PARTE 1
Siamo venuti dalla signora Nella Ricci in particolare per una
ricetta che è quella del coniglio all’aceto balsamico per
la quale ha vinto un premio qualche anno fa.
Nella: nel 1999 durante la settimana balsamica io mandai una ricetta, piacque
e vinsi il primo premio, si trattava di una batteria di legno già pronta
per poter fare l’aceto balsamico; questa ricetta l’ho avuta da mia
suocera, una buonissima signora molto brava in cucina che lo faceva col coniglio
unito al succo di arancia, succo di tarocchi e di aceto balsamico; a noi è sempre
piaciuta, la facciamo da tanti anni e vedo che anche in famiglia l’apprezzano
molto.
È inusuale che nella parte alta dell’Appennino modenese
si usi il balsamico, vero?
Nella: è vero, ha ragione, però a casa di mia suocera l’aceto
balsamico veniva usato e veniva usato a quanto pare anche da sua madre e dai
suoi parenti.
Loro vivevano qui a Pievepelago?
Nella: loro vivevano ad Acquaria.
E avevano quindi delle batterie di aceto balsamico?
Nella: penso che le avessero, so soltanto che mia suocera preparava questo coniglio
molto buono; io ho impiegato molto tempo per impararlo a fare come faceva lei,
perché era molto brava.
Per il resto il coniglio è una carne abbastanza utilizzata
anche qua?
Nella: sì, si magari invece dell’aceto comunemente utilizzavano
il vino rosso del luogo.
Come si prepara?
Nella: è una ricetta molto semplice, tutto sta nella cura e nell’attenzione
che si impiega per prepararla; adesso io accendo subito il fornello. Nella teglia
si mette un po’ di burro.
Quanto burro?
Nella: metà per un coniglio.
Mezz’etto ?
Nella: poi ci si mette un po’ di olio, per un coniglio ci va tutto questo.
Ci metto la cipolla, non alla julienne ma tritata e adesso aspettiamo che sfumi
perché non occorre farla proprio rosolare. Mentre la cipolla rosola io
prendo il coniglio e lo infarino, è stato precedentemente lavato e asciugato.
È stato tagliato a pezzi abbastanza grossi?
Nella: sì, se uno vuole può fare dei pezzetti piccoli, io ho preparato
la ricetta originale a pezzi abbastanza grossi, questo è un coniglio.
È rimasto fuori il fegato...
Nella: il fegato lo metto, non lo infarino ma lo metto… la cipolla deve
proprio schiumare.
Acquaria è un po’ la patria del torchio?
Nella: ci sono le zie di mio marito… anzi c’erano… ma le
cugine hanno il torchio e fanno i famosi maccheroni al torchio.
Ma il torchio una volta l’avevano tutti?
Nella: no, solo alcune famiglie, io mi ricordo che l’aveva la zia Maria
e un’altra mia cugina, Eva Olivieri.
Siamo stati dalla Maria…
Nella: dalla Maria mia cugina.
Che ha ancora un vecchio torchio…
Nella: altroché, fa dei maccheroni al torchio che sono squisiti, col sugo
di piccione.
Col torchio si facevano solo i maccheroni? Non è che si faceva
altri tipi di pasta?
Nella: guardi proprio l’altro ieri ero ad Acquaria a trovare le mie cugine
e mi diceva l’Eva che riescono a fare anche gli spaghetti coi vecchi torchi… alzo
il fuoco perché il momento più delicato è quando si immerge
la carne, vede che schiuma, non frigge, ci vuole un po’ di tempo e un po’ di
attenzione come tutti i piatti che si vuole riescano bene. Comunque questa è una
ricetta che è molto piaciuta, io ho avuto l’occasione di preparare
dei pranzetti anche per amici e hanno tutti apprezzato molto.
Qui siamo a Pievepelago nella sua casa d’infanzia?
Nella:questa è una casa che appartiene alla mia famiglia da più di
300 anni, sicuramente durante questo tempo avrà subito dei cambiamenti,
delle modifiche e noi veniamo qua d’estate a trascorrere la villeggiatura, è una
casa vecchia con tanti problemi però mi piace tanto, siamo affezionati.
Per il resto vive a Modena?
Nella:sì, durante l’anno, io ho insegnato a Modena, devo dire che
la mia famiglia è vissuta qua fino alla fine dell’Ottocento e poi
dopo piano piano si sono trasferiti… ecco metto anche il fegato, lo lascio
intero.
Niente sale per il momento?
Nella: per il momento no, lo mettiamo dopo.
A questo punto si lascia un po’ rosolare?
Nella: si lascia un po’ rosolare… per compiere questa operazione
della rosolatura bisogna non muoversi dal fornello, bisogna stare qua e girare
e rigirare perché, la conserva non è prevista in questa ricetta,
il coniglio deve diventare scuro e non è solo l’aceto balsamico
che lo fa diventare scuro, è anche la rosolatura e qui ci vuole un po’ di
tempo, quel quarto d’ora ci vuole.
Quindi ritornando ogni anno a Pievelegato è rimasta molto
legata anche alle tradizioni di questi luoghi?
Nella: sì molto, ci sono alcune ricette gastronomiche alle quali la mia
famiglia non rinuncia; per esempio una volta a Pievepelago c’erano molti
orti, adesso purtroppo molto meno e in questi orti cresceva spontanea la borragine.
Era tradizione qua su usarla molto perché ha un vago sapore di spinacio,
forse un pochino più aspro e allora tutti gli anni i miei figli e i miei
nipoti “nonna quand’è che fai le frittelle di borragine?”,
in alcune famiglie qualche foglia la mettono anche per fare il minestrone.
Usate anche i fiori di borragine?
Nella: io no, io uso solo le foglie, i fiori li uso a scopo ornamentale diciamo… adesso
si tratta da aspettare quando la carne è ben rosolata, allora si prende
il succo di tre arance tarocche e si rovescia..aspettiamo un attimo.
La borragine si trova soprattutto in Toscana questo è un segno
dell’influenza della Toscana anche sulla cucina?
Nella: sì, molto. Io ho dei cugini che vivono in Garfagnana e noto che
alcune ricette sono simili alle nostre.
Poi la Garfagnana era una provincia modenese...
Nella:sì, è vero, lo è stata con gli Estensi, infatti in
Garfagnana sono molto legati a Modena, quando c’è stata la Settimana
Estense a Modena ho notato che c’era anche una delegazione della Garfagnana,
sono venuti in costume.
Secondo lei Pievepelago guarda più verso Modena come in- fluenze
o più verso la Toscana?
Nella: dal punto di vista turistico a Pievepelago vengono molti toscani perché oltre
lo spartiacque non ci sono delle grosse attrezzature sportive, quindi d’inverno
vengono qua; poi ci sono tanti modenesi come noi che hanno le case, hanno le
ville.
Da un punto di vista gastronomico…
Nella:è più toscano, andando su a San Michele l’altro giorno
ho notato che in un orto c’erano dei bellissimi cavoli neri… ecco
vedete, la farina comincia a fare in modo che la carne cominci ad abbrustolirsi
un po’. Comunque si deve rosolare molto di più, poi è quando
si aggiunge l’acqua che il coniglio finisce di cucinare, allora lo passo
sull’elettrico.