HOME PAGE
\ Interviste \ Più viste \ Fontana Giuseppe\ Fontana Giuseppe \ leggi testo

07/08/2006

Cerfogli Bruno


Documento senza titolo

Olina, Frazione di Pavullo
Bruno Cerfogli
Agricoltore  
La colture e le macchine agricole: funzionamento e organizzazione generali dei lavori  

A cosa serviva questo strumento?
Bruno: Lo battevano in cima al grano, in cima alle spighe, poi dopo si passava con le bestie con un sasso, con un piastrone che aveva un buco, poi dopo con la pala, buttavano il grano in aria alla mattina quando c’era l’aria in modo che il grano cadeva giù.
 Mettevi il grano steso per terra, lo stendevi nel cortile?
Bruno: si faceva sull’aia, la passavano con del letame di mucca, lo lasciavano seccare.
 Allora non veniva mica sul terreno ma io mi ricordo appena appena.
 Quanti anni aveva?
Bruno: 7-8-9 anni.
 Era durante la guerra?
Bruno: Prima.
 Rompevi le spighe con quello lì poi ci passavi sopra con le mucche che tiravano questa pietra.
 Che qualità di grano c’era un tempo quassù?
Bruno: ma che cosa c’era… si chiamava il rosso gentile, torrenova.
 Il mentana c’era?
Bruno: sì, il mentana.
 Che caratteristiche avevano questi frumenti diversi, ce n’era uno più adatto per il pane?
Bruno: era il mentana.
 Il rosso gentile invece?
Bruno: il mentana faceva il pane più bianco, il rosso gentile faceva il pane più nero perché aveva la pelle più grossa.
 Lo tiravano via più indietro, tanto che non cadesse, facevano i covoni poi lo facevano seccare dopo.
 Si facevano i covoni poi facevi dei mucchi nel campo, poi li portavi con un carro nell’aia e lì arrivava la macchina da trebbiare… e poi lo buttavi dentro la macchina da trebbiare?
Bruno: quando era nell’aia poteva restare lì anche un mese, un mese e mezzo prima che arrivasse la macchina perché le macchine cominciavano in giù.
 Dove si cominciava?
Bruno: cominciavano giù da Maranello.
 In pianura, poi si veniva su?
Bruno: allora si trovava la gente a poco, la gente andava senza essere in regola, quando la gente doveva essere in regola hanno venduto perché non ci salvano più fuori.
 Come si tirava su sta gente?
Bruno: andavano la mattina a piedi e tornavano il sabato sera.
 Magari abitavano qui, a fine giugno partivano, andavano in pianura, cominciavano a trebbiare là e poi pian piano tornavano su; quanta gente c’era quando c’era la macchina tradizionale? C’era poi il trattore, l’imballatrice, il trebbiatore e poi c’era un carro di solito attaccato dietro con la nafta, quindi era tutto attaccato a un trattore, era un convoglio lunghissimo…
Bruno: c’era uno che piantava le gucce, quell’altro di là che legava a fare le balle nell’imballatrice.
 Per fare le balle di fieno perché dalla trebbiatura veniva fuori la paglia e il grano, i macchinari erano due: uno era l’imballatrice per confezionare la paglia e la trebbiatrice per sgranarlo, allora ci volevano due solo lì, poi si davano il cambio.
Bruno: c’erano due che si davano il cambio vicino alla trebbiatrice poi c’era un trattorista che guidava le macchine, c’erano in cinque per lo meno.
 Poi la gente attorno?
Bruno: la gente attorno ce n’era 14-15-12.
 Erano donne, uomini?
Bruno: c’erano anche delle donne.
 Cosa facevano le donne?
Bruno: prendevano su la paglia e andavano in cima la roba fina di fondo, le donne portavano su quella roba lì.
 Tutta questa gente come veniva pagata? L’imprenditore che aveva la macchina da trebbiare aveva i suoi cinque e se li pagava lui, gli altri erano i contadini che si davano il cambio?
Bruno: io andavo a casa sua, lui veniva a casa mia e così… poi l’imballatrice è venuta su, dopo, ma prima quando c’era la caldaia a vapore, si faceva il pagliaio, ci volevano due o tre persone a fare il mucchio di paglia.
 Invece dopo erano balle, io mi ricordo quando ero piccolo che facevo i fili perché veniva legate col filo di ferro, allora ti davano le bobine di filo, poi c’era un cavalletto sarà stata lungo due, tre metri, prendevi questo filo e lo tiravi.
 Preparavano così il filo, poi si portava agli operai della trebbiatrice che legavano le balle di paglia.
 Quanti anni ha fatto questo lavoro?
Bruno: ho fatto nove anni con le mie macchine e tre-quattro anni da degli altri prima.
 Dopo ha preso la mietitrebbia?
Bruno: la mietitrebbia l’ho presa nel ’78.
 C’è una polvere bestiale, figurati che quelli che stavano dentro al trebbiatore erano immersi fin qui dentro alla macchina e tu dovevi prendere il grano così e lo buttavi giù dentro, c’erano questi cilindri che macinavano tutto?
Bruno: c’erano dei cilindri che facevano 1000 giri al minuto…
Quindi c’era della gente che arrivava a perderci un braccio o una mano?
Bruno: ah se arrivavi a toccare il cilindro con un dito te lo tirava su; la macchina è sempre uguale, anche con la mietitrebbia sono fatte come quelli lì dentro, il cilindro che gira così il grano che lo porta su e torna giù fa due giri nella macchina per pulirlo.
 Poi quando si trebbiava era un giorno particolare..?
Bruno: era la festa più grossa, facevano i tortellini.
 Quindi lei i tortellini li mangiava spesso...
Bruno: facevano da mangiare anche tre, quattro piatti al giorno, facevano da mangiare tutto.
 Ogni famiglia vi faceva sempre lo stesso menù?
Bruno: eh, ma facevano anche il minestrone o la pastasciutta.
 La maggior parte faceva la pasta in brodo, tortellini, tagliatelle o quadretti.
 C’era anche il secondo, la carne?
Bruno: facevano il bollito, facevano anche dell’arrosto.
 Qualche dolce alla fine?
Bruno: i dolci si usava poco.
 Il vino si però?
Bruno: oh il vino sì.
 Che vino si beveva?
Bruno: il vino loro, tutti avevano un po’ di vite.
 Era rosso?
Bruno: rosso, bianco oppure quelli che non ce l’avevano, su a Lama Mocogno non ce l’avevano mica il vino, compravano l’uva e facevano il vino.
 Ci racconta un po’ la vostra giornata di lavoro, a che ora arrivavate voi con le macchine?
Bruno: alla mattina presto si andava fino alla sera tardi, fi- nito un impianto si andava in quell’altro.
 Si piazzavano le macchine a livello, poi si cominciava a trebbiare ancora. Qua una volta le persone si scambiavano così, ma sono stato nel bolognese, prima che prendessi io c’erano degli operai, erano obbligati a prendere degli operai. Dietro un mezzo ce n’era dodici, dietro un altro quattordici, tramite la camera del lavoro.
 Come venivano scelti questi operai?
Bruno: c’era un caposquadra che li metteva a posto, ognuno il suo lavoro, la macchina la facevano andare tutti gli operai, neanche il padrone del grano andava a lavorare. Sono andato a trebbiare allora con Sola su per Montebudello qui a Serravalle. A Bologna questo lavoro è cominciato prima che a Modena. Dopo anche a Modena in pianura c’erano, invece, su di qua ci si scambiava, però se gli operai dicevano bisogna che vengo eri obbligato a prenderlo eh. Se andavano d’accordo lavoravano anche oltre le otto ore ma se quella della trebbia non andavano d’accordo faceva otto ore poi basta.
 Finito poi con la mietitrebbia, si incominciava ad arare il campo, anche lì si lavorava giorno e notte.
Bruno: giorno e notte.
 In quanti eravate qua ad avere le macchine?
Bruno: qua c’ero io quando l’ho preso, l’ho preso circa quarant’anni fa, quaranta cinque quello da arare, le macchine da trebbiare le ho preso dopo, allora aravano tutti perché quelli che non aravano non mangiavano mica il pane.
 Quanto durava la stagione dell’arare?
Bruno: si cominciava in agosto e durava finché non avevano seminato perché dopo si arava, si andava a scavzare la terra poi dopo seminare con l’erpico.
 Quanto fondo si andava quando si arava?
Bruno: di qua si andava già 25-30 perché qua ci sono molti sassi.
 Adesso invece con le macchine moderne quando si scende?
Bruno: ah lo stesso.
 Una volta c’erano tutti i filari, dopo sono spartiti tutti?
Bruno: eh sì, c’erano tutti filari di vite.
 Anche perché i filari erano per quell’altro verso, con il trattore dovevi andare su e giù?Com’è quindi il verso dell’aratura in montagna?
Bruno: quando c’erano quei filari lì bisognava andare di traverso invece quando il campo è libero si va su e giù.
 Dall’alto verso il basso, come mai? È più facile da arare?
Bruno: è più facile perché di traverso bisogna stare attenti, se si andava nel solco era pericoloso. L’aratura anche in pianura una volta andavano giù fondo, in pianura adesso hanno messo su dei trattori con tre-quattro laghe ma non vanno a fondo.
 È migliore una aratura in superficie o una più profonda?
Bruno: mah il grano non ha bisogno di tanta profondità, invece l’erba medica richiede più fondo.
 Lei qui ha della terra?
Bruno: quello che si vede.
 Cosa coltiva? Ha un po’ di vite?
Bruno: un po’ di vite, ciliegie.
 Che qualità di ciliegie sono?
Bruno: marchigiano, nero primo, nero secondo, ho quelli. Sono vecchie queste piante?
Bruno: beh, ne ho piantate anche delle nuove, sempre di qualità, adesso viene su della roba moderna, ce ne sono di sette-otto qualità.
 Ha messo anche queste?
Bruno: io no.
 Quindi lei è rimasto ai ciliegi tradizionali? Non le piacciono queste nuove?
Bruno: no perché adesso io non ne pianto mica più, arrivo che non raccolgo nemmeno quelle lì.
 Questi alberi crescono tanto, quelli che ha lei?
Bruno: beh crescere… se c’è del buono crescono di più.
 Dico crescono in altezza...
Bruno: beh in altezza, ma io le taglio e allora lavorano basso.
 Una volta invece?
Bruno: una volta erano alte, c’erano poi quelle grosse che adesso non vedo più.
 Di che qualità erano quelle?
Bruno: sempre la stessa qualità, marchigiano, solo che dopo le avevano alzate su, ci volevano delle scale di dodici, tredici metri, ma dopo quando si è incominciato ad arare coi trattori, si tagliava le radici e allora sono seccate.
 Questa frutta era solo per voi o veniva anche venduta?
Bruno: ah veniva anche venduta una volta.
 A chi si vendeva?
Bruno: c’era il commerciante, una volta che venivano a prenderle e le portavano a Vignola, adesso invece ce le porta il coltivatore.
 Oltre a queste ciliegie quale altra frutta si vendeva?
Bruno: si vendeva anche le mele, c’era la renetta, il pom durello, c’era il pir carlet ma adesso è tutta roba più moderna, tutta roba diversa.
 Come qualità erano meglio quella di prima?
Bruno: è buona anche adesso, ma noi su di qua non ne facciamo da portare a Vignola, pere o mele perché siamo troppo lontani, bisogna andare giù con tre-quattro quintali, troppo lontano dal mercato e poi quella roba lì, bisogna dargli l’acqua sette-otto-nove volte e poi se non ci diamo i conservanti il moscato non viene mica.
 Che trattamenti fa lei?
Bruno: io l’ho fatto nelle ciliegie ma nel pero e nel melo ci ho dato due o tre volte.
 I trattamenti una volta erano gli stessi di adesso?
Bruno: una volta ne facevano meno, una volta niente, poi dopo si dà l’acqua. Una volta per il bego, per la mosca, adesso io ci ho dato l’acqua sette volte se no non vengono mica più eh, una volta è venuta la cocciniglia, la moniglia, allora cade il fiore e il picollo tutto insieme, allora bisogna curarla quando c’è il fiore e non è mica veleno eh, se no morirebbero anche le beghe da mele, sono vitamine.
 Come eravate voi che andavate nelle famiglie con la macchina da trebbia?
Bruno: si era pagati a quintale, un tanto a quintale.
 Come si faceva a sapere quanti quintali si produceva?
Bruno: c’era quello della trebbia che segnava i milloni che tenevano un mezzo quintale l’uno poi c’era il contadino e il padrone che segnavano.
 Quindi alla fine dell’operazione si faceva il conto? Gli operai che lavoravano con voi quanto si pagavano?
Bruno: gli operai prendevano un tanto all’ora, per l’aratura per esempio veniva pagato a ore oppure a metro, veniva misurata la terra, si prendeva un tanto al metro, alla biolca o a ettaro.
 A Bologna avevano le tarnature che dovevano essere mille metri.
 Che è un sistema di misura diverso dalla biolca.
Bruno: qua abbiamo la biolca e a Bologna la tarnatura.
 Adesso lo pesa la macchina?
Bruno: eh sì, la macchina piena segna 20 quintali però il grano può essere sporco e quando è sporco pesa meno, allora può essere anche 18 però quello della macchina segna 20 perché lui tribola tanto a trebbiare.