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28/08/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Sassi di Roccamalatina, Frazione di Guiglia
Giuseppe Scorzoni
Agricoltore
Biodiversità fruttifera del basso Appennino  

PARTE 1

Giuseppe, lei è sempre vissuto qui a Roccamalatina, vicino a questi sassi che stiamo vedendo?
Giuseppe: sì, sono sempre vissuto qua e sono cinque generazioni che noi viviamo qua.
Ci vuole raccontare della sua famiglia, di che cosa vi siete occupati e di che cosa si occupa ancora lei?
Giuseppe: più che altro di cosa mi occupavo. La nostra famiglia, tutte le generazioni precedenti, ha sempre vissuto in agricoltura e sembra che la storia dica che questa zona qua una volta era tutto un uliveto e tutto un castagneto, questo terreno i nostri nonni e nostro padre l’hanno tutto dissodato da roghi e castagni e ne hanno tirato fuori un bellissimo frutteto tempo fa, adesso è quasi tutto in rovina.
Che varietà di frutta c’erano?
Giuseppe: all’epoca, parliamo di anni fa, come mele c’era la renetta, la mela durella, la gentile, la mela romana gentile che era una mela che andava cotta… quella che state riprendendo è una vite d’uva senza gli acini, è uva da tavola da mangiare senza acini… c’era la mela campanina che la mettevano via e la mangiavano a primavera, la mela lavina.
Ce le descrive tutte queste mele?
Giuseppe: la mela lavina era una melina piccola, verde pallido, e la tenevano da mangiare col pane la primavera perché durava tutto l’inverno. Il lavinone, invece, era la stessa mela lavina soltanto che era molto più grossa, molto più lunga ed era precoce, cioè si mangiava per prima.
Quando si raccoglievano?
Giuseppe: queste si raccolgono nel tardi, sempre dopo ottobre; anche la campanina era una mela che si raccoglieva nel tardi. C’era la romana e la romana gentile, la romana era quella che si usava quasi sempre cotta, mentre la romana gentile veniva raccolta un po’ prima.
Come era questa mela?
Giuseppe: la mela romana gliela faccio vedere perché ho un innesto lì, la mela romana è come la vedremo, la mela romana gentile era più grossa e più piatta solo che la romana gentile dopo un paio di mesi cominciava a diventare tenera, voleva mangiata, mentre la romana proprio andava alla primavera.
Come si conservavano queste mele?
Giuseppe: nelle cantine, in cassette.
La pera rugginosa che pera era?
Giuseppe: era pera di dimensioni piccole, di color ruggine, e anche quella era una pera che durava quasi tutto l’inverno. C’era anche la pera argenio, era una pera buona da mangiare ma la specialità era cotta. In quelle rocce qualche migliaia di anni fa sembra che fossero abitati, e quelle non sono erosioni come tanti pensano, ma sono piccoli sentieri fatti dall’uomo, quei sentieri portano a una piccola grotta. Il vero nome di questi sassi è Epiliguridi e sembra che siano stati portati qui dalla Liguria da un fortissimo maremoto. Queste rocce hanno proprio sabbia di mare, la solo differenza è che è gialluncola. Prima di Cristo qui c’era già della gente, addirittura ci sono delle Chiese che non erano Chiese, come ad esempio la Chiesa di Pieve di Trebbio, sembra che è diventata Chiesa con Matilde di Canossa ma anche quella era un tempio. Una bella pera era la Rossellina che qualche pianta c’è ancora, era una pianta enorme, produceva anche 3, 4 quintali di roba, era una perina anche quella color ruggine, serviva molto cotta, addirittura sembra che nelle università dell’epoca, adesso ci sono le bancarelle con i panini, c’erano i carrettini con la pera cotta da mangiare. Questa pianta è il sambuco, che servirebbe anche per medicinale, fanno delle marmellate, degli sciroppi, una volta si usava proprio per disturbi intestinali. Tanti anni fa quando c’era veramente la miseria ci sono parecchie piante, per esempio il corniolo con cui facevano le marmellate e fino all’850, 900 facevano anche del vino, lo mettevano a macerare, poi nel tino lo calpestavano coi piedi e veniva fuori il succo, chissà quanto era acido.
Ci parlava della pera Rossellina…
Giuseppe: allora, che c’era miseria, parliamo di 150 anni fa, la gente viveva qua da noi quasi per l’80% col castagneto, allora bollivano le castagne o i marroni e dentro ci mettevano le pere, così con lo stesso fuoco cuocevano sia le castagne che le pere, però la specialità della pera Rossellina o Volpina era al forno a legna dove cuocevano con il pane e la mangiavano col pane.
Come è il sapore di questa pera?
Giuseppe: molto dolce, specialmente cotta al forno, e allora la mangiavano col pane. La mela, per esempio la renetta, è tuttora una mela che è stata riattivata in pianura, anche la pera buttirina l’hanno riattivata, però la mela renetta era una mela che era molto farinosa, veniva mangiata e serviva anche a fare delle marmellate, facevano il sapore. Il frutto più adatto per fare il sapore era proprio la pera Rossellina perché quando l’anno successivo si mangiava il sapore la fettina era ancora intera. L’uva noi la raccogliamo dal 10 ottobre in poi, questa è da tavola, c’è un’altra qualità di uva bianca da tavola, la regina, la metto via in un sacchettino da pane, poi li lego attaccati a qualche cosa, ci faccio dei fori con una forchetta, dura fino a fine aprile e quando la voglio mangiare prendo il sacchettino, lo apro e me la tiro fuori. Perché una volta, compresi i miei bisnonni, avevano delle stanghe di legno, tagliavano il ramo, lo mettevano attaccato alla stanga però si carica di polvere e non esiste il modo per lavarla, mentre io ho deciso di metterli in questi sacchettini, ma ne metto via dei quintali.
E si conserva?
Giuseppe: la raccoglie asciutta, la mette dentro un sacchettino, lo lega, lo attacca da qualche parte bucato con una forchetta e fino a fine aprile dura. Certi tipi d’uva, non tutta l’uva.
Ad esempio quale uva?
Giuseppe: il moscato sia bianco che nero è un’uva che dura. Una volta c’era l’uva tosca che 50, 70 anni fa era molto pregiata perché ha molto liquido, cioè un quintale di quell’uva può fare 70, 75 litri di vino, il lambrusco quando ne avesse fatto 35 era il massimo. Allora c’era chi aveva molta uva lambrusco a chicco piccolo, allora barattavano coi montanari l’uva tosca appunto per il quantitativo, io gli dò tre quintali di lambrusco, lui mi dà tre quintali di tosca e la tagliavano, rende di più.
Voi facevate il vino anche di sola tosca?
Giuseppe: no, dei lambruschi adesso ne sono saltati fuori tanti nomi, ma in pratica sono 4 i lambruschi, però se lei li vede sono tutti uguali, cioè hanno fatto ‘sti innesti con tutti ‘sti nomi, ad esempio la mela che avevamo noi che la chiamavano gli osfet di Cesar (?) cioè Cesare era uguale identica alla delicius di adesso, se lei trovasse una di quelle mele e la mettesse vicino alle delicius vedrebbe che sono uguali.