15/09/2006
Mulino
Gombola, Frazione di Polinago
Massimo Montanari
Guida
Mulino e Podesteria di Gombola
Il pane fatto in casa
PARTE 2
Massimo: i sentieri che dall’alto crinale portavano verso le colline
erano tutti sentieri, vie commerciabili, venivano chiamate anche le vie del
sale, le vie del commercio proprio perché dall’alto appennino
verso la pianura, venivano percorsi da asinari, da mulattieri, per trasportare
le merci.
Quella che porta da Polinago verso Gombola è una mulattiera importante
perché è una vecchia strada comunale di collegamento tra tutti
i cascinali e le borgate isolate della vallata del Rossenna e venivano usate
per portare i sacchi di grano al mulino.
Il mulino di Gombola, che è al centro di una rete sentieristica
importante, proprio in una stretta della valle del Rossenna lungo 37 km acquisisce
il suo punto più stretto.
Qui dove sorge il Castello di Gombola sull’antico cinghio chiamato
Saxum Bonumum sorge una zona importantissima dal punto di vista del commercio.
Il mulino è posizionato proprio qui perché il Rossenna confluisce
in una serie di piccoli affluenti e crea un moto ondoso molto importante.
Il Mulino di Gombola è antichissimo, ha origini nel 1400 e da allora
macina con la ruota e con le cucchiare.
L’unico mulino che ancora oggi macina sia a ruota che con le cucchiare,
un metodo quest’ultimo molto antico antecedente alla ruota che ormai è scomparso.
Il museo di Gombola non è un museo, è un opificio che tuttora
lavora e si vende la farina delle valli del Rossenna.
I contadini portano alcuni ancora con l’asino i sacchi di grano e
vengono proprio a macinarlo qui, perché questa è l’unica
vera farina che possiamo definire tale: la ruota lenta del mulino, la macina
lenta insieme al passo lento dell’asino.
Qui siamo dentro a quella che potremmo considerare la pancia del mulino,
quello che è il motore vero del mulino.
Che cos’è il mulino? Il mulino è un antico opificio
dove si macinava il grano.
I chicchi di grano venivano schiacciati, schiacciando i chicchi di grano
si ottiene la farina.
Quella che vedete qua è la macina: è una ruota di pietra
grossa che ha il buco in mezzo, però ce ne sono due: quella sotto è ferma
non si muove, quella sopra si muove, la ruota pesantissima sopra ruotando schiaccia
i chicchi di grano che vengono fuori sotto forma di farina.
Come si fa a muovere la macina che pesa quintali? Ci vuole la forza, ci
mettiamo l’asino che gira intorno, lo facevano con le olive per fare l’olio.
Qui siamo dentro e l’asino non passerebbe, sfruttiamo quindi la forza
della natura che è straordinaria e se ascoltate bene si sente il rumore:
l’acqua.
Sotto a questa macina qua c’è un albero, un palo verticale:
in fondo al palo ci sono delle cucchiare, ce ne sono 12 tutt’intorno.
Quando l’acqua arriva contro una cucchiara cosa succede? L’acqua
abbiamo detto che ha della forza, quindi spinge il cucchiaio indietro, spingendo
il cucchiaio indietro gira la pala, giro l’albero e quindi gira la macina.
Sfruttando quindi la forza dell’acqua del torrente del Rossenna che
bagna Gombola noi facciamo muovere la macina.
Come fa ad andarci l’acqua qua sotto se il fiume è là?
Dietro questo muro c’è una piscina che viene chiamata gora, è una
vasca di contenimento, grande circa come questa stanza, profonda circa 4 metri.
Sul fondo di questa gora c’è una finestrella, quando faremo
funzionare il mulino io tirerò su questa leva, qui sotto c’è l’acqua.
Tirando su questa leva si apre la finestra, l’acqua così va
giù e va contro alla cucchiara.
Questo è il funzionamento del mulino a cucchiare che è antichissimo,
però aveva un difetto, che non tutta l’acqua va contro i cucchiai,
molta se ne disperde.
Allora l’uomo ha inventato nei secoli dopo la ruota, che ha un meccanismo
un po’ più complicato e adesso vi spiego la differenza.
Intanto finiamo di spiegare come funziona il mulino: questa scatola di
legno si chiama tramoggia, qui ci mettiamo dentro i chicchi di grano, i chicchi
escono dalla bocca della tramoggia; come fanno a uscire? Questo batacchio qua
picchia contro la ruota, quando la macina gira, così vengono giù i
chicchi di grano, in questo modo pochi chicchi di grano alla volta vengono macinati
dalla macina ed escono fuori.
Altra cosa importante, questa macina è fatta di un granito duro
che veniva dalle Prealpi, dalle montagne molto lontane dalle nostre, perché noi
non ce l’abbiamo questo roccia qua, venivano portate con un carro trainato
da 6, 8 buoi, giorni e giorni di cammino per arrivare.
Quell’altra è un’altra macina fatta di questa pietra,
la nostra che si chiama pietra arenaria, una pietra che si sgretola.
Quando dobbiamo macinare i chicchi del grano, i chicchi del farro, i chicchi
dell’orzo che sono chicchi duri dobbiamo usare questa macina (la prima),
quando invece maciniamo il grano turco, il mais per fare la farina gialla, oppure
quando maciniamo le castagne per fare la farina di castagno si usa l’altra
macina che è una macina leggera di una pietra soffice e non si impasta,
perché altrimenti non riesce più a girare.
Vedete cos’è questo? Un campanello, perché la macina
non può mai girare a vuoto, altrimenti salta e si rompe e allora il mugnaio
tira giù questo.
Qua dentro c’è un peso, quando butto i chicchi di grano qua
dentro, questo sta giù e il campanello sta sù, quando non c’è più il
grano dentro il campanello picchia contro la macina che va, allora il mugnaio
si accorge che il grano è finito.
Qui sopra rimane uguale: abbiamo la macina che gira sotto, però cambia,
in fondo al palo non ci sono più le cucchiare ma ci sono degli ingranaggi.
Io sono seduto sull’albero maestro, chiamiamolo così, sull’argano
che è un antico tronco di quercia grossissimo ed è collegato con
la ruota fuori.
Quando la ruota gira gira, questo qui fa girare con gli argani tutte le
altre ruote che fanno muovere i pali.
Per arrivare a questo c’è voluto dei secoli.
I denti delle ruote verticali sono fatti di legno, perché vengono
ancora oggi fatte di legno? Perché quando si rompono è facile
toglierle e rifarle, il mugnaio si mette qua con l’accetta e con questo
legno di quercia o di castagno, a seconda di quello che trova, li scolpisce e
li rimette, perché è chiaro che a forza di andare, soprattutto
con l’attrito, si rompono.
Le pulegge piccole sono fatte praticamente con la legna di ghisa, sono
quindi molto dure, sono fatte apposta perché devono trasmettere la forza
all’argano verticale.
Questo è tutto il meccanismo che viene azionato dal momento in cui
facciamo azionare la ruota gigante.
Una volta scoperto che con la ruota il mulino funzionava meglio, hanno
tolto tutti le cucchiare e hanno trasformato i mulini; invece il mulino di Gombola
no, ha tenuto le cucchiare e ha allargato ad altre due macine.