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11/08/2006

Giornalista


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Fanano
Almo Pasquali
Giornalista e scrittore
Usi e tradizioni agrarie, coltivazioni e tecniche – La castagna  

PARTE 1

Le sue ricerche si sono indirizzate verso le colture della zona e l’uso che si faceva di questi prodotti?
Almo: c’era il bestiame, faccio un esempio del cambiamento enorme che è avvenuto. Uno di questi stalloncini installato a Trignano cui feci un intervista, chiesi: “ma quante aziende segui?” Lui ha fatto il conto: “ventitrè”. Quindi una volta c’erano ventitrè stalle con una, due, tre bestie. Tutti questi poderetti, i terreni dove si poteva falciare con le macchine - perché prima falciavano con la falce fienaria - era lui che andava, falciava e teneva vivo il suo stalloncino. Poi sono venuti i caseifici, di caseifici adesso ce ne sono due: uno a Trignano e uno a Canevare, ma prima ce n’erano uno a Trentino, un altro qua sotto Fanano e poi si sono raggruppati. Ci sono questi stalloni che hanno fino a 100, 150 bestie e hanno continuato ad alimentare i caseifici e fanno un grana specialissimo, ha avuto un premio a un concorso, è stato considerato il migliore perché ci sono erbe naturali.
Che erbe?
Almo: erbe naturali, oppure in genere mettono l’erba medica, la spagna chiamiamo noi, ma di solito sono campi naturali.
Parlando sempre di vacche, lei si ricorda un tempo che razze c’erano?
Almo: c’era la bianca, noi la chiamavamo bianca di Fellicarolo che è una frazione qui, poi sono venute sù le brune alpine.
In che periodo sono arrivate le brune alpine?
Almo: è già un bel po’ di tempo, 40, 50 anni minimo, ma prima c’era questa bianca che produce di meno però dà un latte particolare, è più denso, è più nutriente.
Mi interessava questo discorso sulla castagna che aveva iniziato a farci…
Almo: in primavera facevano le potature, anzi le nettature. Guai andare a dire a uno di questi che faceva il lavoro “sei andato a potare?” “che potare, si potano i susini, i castagni si nettano” cioè si puliscono. Perché il castagno i cardi che fa sulle punte, se tu gli tagli le punte fa soltanto dei butti e basta.
Questa nettatura, diciamo, è una potatura leggera?
Almo: più che altro toglievano i rami secchi oppure se erano troppo fitti ne levavano uno, ma in fondo; mai tagliata la cima perché i cardi li fa sulla cima. Dopo la nettatura pulivano i castagneti, poi ci mandavano le bestie perché erano tutti dei giardini, quei castagneti erano tutti bei puliti perché oltre alla pulitura mandavano le bestie al pascolo. Invece adesso sono ridotti che non ci si passa nemmeno più. Dopo la pulitura ai castagneti in pendenza venivano fatte le roste, cioè dei piccoli solchi dove le castagne cadendo andavano a finire. C’era la raccoglitura: in generale ci andavano i raccoglitori, anche uno che aveva un castagneto un po’ grande prendeva dei cuidur, le raccoglitrici.
Le raccoglitrici donne?
Almo: donne sì, venivano anche da Ferrara, venivano sù a raccogliere, c’era poi tutta questa fila di donne.
Come si mettevano? Tutte in fila…?
Almo: sì, poi andavano sù e raccoglievano.
Cosa davano alle raccoglitrici?
Almo: gli davano un tot chili alla fine, in farina o di castagne. Adesso non ho presente esattamente la quantità.
Quando iniziava la raccolta?
Almo: c’era il primo passaggio fine settembre, primi ottobre, poi c’era la sterneta quando c’era la grande caduta, poi c’era da piet cioè facevano l’ultimo passaggio, quindi era libera la raccolta a chi voleva andarci, si diceva iera andà a ruspà: con un rametto o due spostavano le foglie e raccoglievano quelle che erano cadute.
Quindi i passaggi erano tre, dico bene?
Almo: sì, i passaggi erano tre quelli del proprietario.
Poi veniva lasciato libero?
Almo: loro dicevano per esempio: “Giuseppino ha finito e si può andare a ruspà” cioè a raccogliere quelle rimaste. Erano la base della vita qui in montagna le castagne, se andava male il raccolto era la fame. Dove il terreno era appena in pendenza mettevano delle castagne perché anche se rendevano poco però…
Che qualità di castagne c’erano?
Almo: c’erano le pastonesi che erano le più dolci, con le pastonesi facevano i balot cioè bollite, poi c’erano i ricci che servivano più per fare le mondine cioè le caldarroste; e le selvatiche.
Per la farina quali erano le più indicate?
Almo: le mescolavano, marroni per esempio ce n’era una pianta ogni castagneto, servivano per fare le caldarroste, non c’era la coltura del marrone, della castagna specializzata, c’era la farina perché c’era bisogno di mangiare. Dopo c’era l’essiccazione nel metato, in generale ogni castagneto aveva il suo metato più o meno grande, in base alla superficie del castagneto. Aveva due piani: il piano di sopra era diviso da quello di sopra da uno steccato fatto con dei tralicci messi in modo che non cadessero le castagne, sotto facevano il fuoco. A fuoco morto dicevano, non ci doveva essere la fiamma se no arrostivano, invece dovevano essiccare senza arrostire per un mese circa. Poi venivano pestate, private della buccia.
Come si pestavano?
Almo: c’era il mangano, un bastone con un pedale da una parte e in fondo una corona di ferro, poi un bigongio e dentro trin trin finché non s’erano sbucciate, poi c’era la vassorazione cioè la pulitura, la divisione della castagna dalla buccia che in generale veniva fatta dalle donne. Questa gente alla fine diventava una maschera perché c’è una specie di pelo attorno alla buccia, alla fine si coprivano, diventavano tutti rossi. Quando venne fuori la macchina per pestare le castagne nessuno più fece quel lavoro lì perché era un lavoro defaticante.