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10/08/2006

Sacerdozio


Documento senza titolo

Monchio, Frazione di Palagano
Don Medardo Merciari
Sacerdote
Il ruolo del sacerdote nei paesi di montagna
La nascita delle cooperative sociali  

PARTE 3

Secondo lei qui in un certo senso il ruolo del sacerdote è rimasto invariato nel tempo?
Don Merciari: adesso per tante cose non si ricorre più al sacerdote come si faceva una volta perché ci sono già specialisti, adesso ci sono i dottori, i maestri, gli avvocati e il parroco è meno occupato di un tempo.
 I mendicanti venivano a chiedere elemosina?
Don Merciari:sì, spesso li avevamo alla porta ma anche in casa per poterli aiutare, adesso sono solo i marocchini che vengono alla porta, sono molti e vengono spesso, anche con molta insistenza; vogliono vendere qualcosa, generalmente gli si dà un’offerta.
 E i parrocchiani bisognosi, cosa si faceva per loro?
Don Merciari: il centro degli aiuti per i bisogni era la canonica, la casa del parroco, e venivamo convocati fino a qualche anno fa alcune volte all’anno in Comune assieme ai dottori per vedere le situazioni di bisogno, per potere aiutare quelli che avevano bisogno.
 La sua è una situazione particolare…?
Don Merciari: è stata una situazione di tutti i parroci in questa vallata, fino al 1950 c’era un solo industriale a Vitriola che raccoglieva tutto il latte che si produceva. Si cominciò nel ’50 a costruire tutti i caseifici per ogni parrocchia e sempre per iniziativa dei parroci, si incominciò a Frassinoro che c’era Don Costantino Bortolotti, a Lago c’ero io, forse il secondo caseificio, poi a Costrignano, a Monchio, a Palagano, a Boccassuolo, a Vitriola, a Rubiano, e anche a Farneta, sorsero tutti i caseifici per iniziativa dei parroci. All’inizio noi garantivamo il prezzo di riferimento, che veniva fissato e in più quello che saltava fuori come ricavato e in quel modo lì si formarono tutte le cooperative che adesso gestiscono i caseifici.
 Il motivo era quello di favorire tutta la popolazione…?
Don Merciari: sì, perché con un industriale per tre Comuni, il Comune faceva quel che voleva lui e dava quel che credeva, noi sapevamo che era possibile realizzare di più e si realizzò molto di più.
 Da questa esperienza sono nate le cooperative sociali, voi avete garantito un prezzo per quanto?
Don Merciari: sono bastati due, tre anni, poi hanno subito cominciato a fare la società proprio con scritture regolari registrate; però quasi sempre siamo stati o presidenti o nel consiglio di amministrazione noi parroci.
 Queste cooperative molto spesso sono identificate con un colore unico, in realtà sono nate da una esperienza diversa in questa zona?
Don Merciari: sì, però noi appena fatte le cooperative ci siamo tutti aggregati alle cooperative della Cisl, questa è sempre stata una zona bianca, per questo siamo sempre stati trascurati anche dalla provincia che è “rossa”. Ci sono molti rapporti con la Provincia perché il parco di Santa Giulia è tutto terreno della parrocchia che è stato ceduto alla Provincia per una rendita perpetua, non un rogito di compravendita.
 Questo aspetto di parroci imprenditori non lo conoscevo…
Don Merciari: qui è stato così, abbiamo fatto cooperative anche per l’aratura dei campi, noi parroci avevamo i trattori, avevamo la cooperativa che lavorava tutti i campi dei tre Comuni, perché il contadino singolo non aveva la possibilità di comperarsi il trattore, allora avevamo alcuni trattori che giravano tutta la zona da Piandelagotti fino a Monchio, le due estremità.
 Questo in che periodo?
Don Merciari: dal ’50 fino all’80, ed è stato sempre gestito tutto in modo da non avere un guadagno da mettere da parte, solo da gestire i trattori. A Monchio c’erano 100 stalle, adesso ci sono 10 stalloni, si è accorpata non la proprietà ma la lavorazione della terra perché è stata data in gestione ad alcuni che hanno questi stalloni in affitto e che hanno le quote anche di latte. Fin che va bene è bene andare avanti così. Quest’anno dicono che farà miseria perché il formaggio andarlo a comprare ha sempre quel prezzo se non è cresciuto, loro invece prendono ancora poco quest’anno.
 Ancora adesso i contadini le vengono a chiedere consigli su cosa seminare e coltivare?
Don Merciari: fino ad un certo periodo qui in canonica abbiamo fatto molti corsi di agricoltura, venivano gli specialisti da Modena, dal consorzio dei coltivatori diretti, e si facevano corsi per imparare a governare bene le mucche e a seminare bene i campi.
 In che anni?
Don Merciari: dal ’55 al ’75. Si andava avanti con le coltivazioni tradizionali. Adesso è tutto specializzato, dalle qualità di frumento alle qualità di foraggio al modo di dar da mangiare al bestiame.
 Lei hai visto un cambiamento, anche una perdita di specie di coltivazioni, penso al grano che si seminava qua sù e che magari sono andate scomparendo?
Don Merciari: sì, ne sono scomparse tante di qualità di grano però hanno trovato un grano migliore che rendeva di più e serviva di più.
 Lei ricorda le qualità che si seminavano in passato?
Don Merciari: c’era una spiga che si chiamava il grano francese, ma proprio per il pane il frumento che veniva chiamato francese era una specialità.