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20/07/2006

Zoboli Marino


Documento senza titolo

Nonantola
Marino Zoboli
Fornaio
Il pane, il lievito-madre, le forme, la cottura  

PARTE 1

Marino, quanti anni sono che fa il fornaio?
Marino: ho cominciato che avevo 11 anni e ho sempre fatto il panettiere. Sono stato anche militare otto anni, ho fatto la seconda guerra mondiale, sono stato sei anni prigioniero in Egitto e lì c’era venuta richiesta di panettieri, così sono andato a fare il panettiere per sei anni in mezzo al deserto, sotto a dei tendoni. Si facevano 4.000 pagnotte al giorno, tutte a mano, e si cuocevano nei forni.
A lei chi ha insegnato il mestiere?
Marino: c’è sempre il maestro, perché io ero un bambino.
Anche suo padre faceva il panettiere?
Marino: no, mio papà faceva il carrettiere. Avevo la passione, ho voluto fare il panettiere perché ci ho preso passione, era un mestiere che mi piaceva perché a fare il fornaio si parte dalla costruzione e si va alla fine del lavoro e uno guarda come è venuta, se è venuta bene o se è venuta male. Se ha dei difetti un altro giorno si corregge.
Quando è nato Marino?
Marino: quando sono nato? La Vigilia di Natale del 1917, la classe di ferro.
Mi spiega come si fa a fare il pane o meglio come si faceva una volta?
Marino: una volta c’era solo la farina, acqua e sale, non c’erano mica dei miglioratori. Adesso ci sono dei fornai che adoperano tanti miglioratori.
Ci si mettevano anche dei grassi?
Marino: si faceva una qualità con lo strutto, il condimento di maiale ai tempi di allora. Si faceva anche un po’ di pane all’olio: erano due, tre qualità e niente altro. Comune, pane all’olio e pane con lo strutto.
Quando si cominciava?
Marino: si cominciava alle tre mezza, alle quattro: era un orario prescritto, non si poteva mica alzarsi prima.
Non si impastava la sera prima?
Marino: no, alla sera si preparavano i lieviti per gli impasti del mattino, si adoperava il lievito naturale.
Come si preparava questo lievito?
Marino: c’era la madre. Si faceva il lievito e quando si facevano degli impasti uno teneva indietro un pezzettino di pasta e poi quella lì veniva lievitata, quella era la madre. Poi veniva sempre rifatta tutte le sere, il lievito.
Con l’aggiunta di qualcosa, acqua e farina?
Marino: acqua e farina, il lievito si faceva solo con dell’acqua e della farina.
E il giorno dopo si iniziava alle tre e mezza..
Marino: tutte le mattine alle tre e mezzo, alle quattro ci si alzava per fare il pane, si metteva in forno, si facevano i formati. Ce n’erano tanti.
Che forme aveva una volta il pane?
Marino: noi si inventava sempre qualche formato diverso perché c’era sempre la concorrenza anche allora.
Per esempio qualche forma?
Marino: si facevano delle trecce, si facevano dei bricadelli, si chiamavano sempre dei formati, uno diverso dall’altro specialmente all’olio e nei pani speciali.
Anche le pagnotte?
Marino: ah quello li è un formato semplice da fare, la pagnotta.
A Nonantola c’era un pane tipico, una forma di pane particolare?
Marino: quando ero giovane io, era il pane casereccio, pane con lievito naturale e nient’altro. Anzi la gente faceva il pane in casa e lo portava dal fornaio a cuocere, più che altro noi fornai si coceva per conto terzi, poi piano piano abbiamo cominciato a fare un po’ di riforma, a fare il pane per la bottega e abbiamo cominciato a vendere un po’ di pane.
La farina dove si prendeva?
Marino: sempre dal mugnaio.
C’era un solo tipo di farina o tanti?
Marino: ce n’era: c’era il tipo 1, il tipo 2, lo 0, il doppio 00 anche i tempi di allora. Dopo che hanno messo su i mulini con i cilindri veniva setacciata la farina, ne facevano di tanti tipi anche i mugnai.
Che forno era il vostro?
Marino: il forno a legna, si adoperava qualsiasi tipo di legna anche quella delle siepi, specialmente d’inverno potavano tutte le siepi. Era una legna spino, una legna buona specialmente nel forno a legna e veniva fuori la cenere. La cenere si vendeva per fare il bucato perché non c’erano mica i detersivi, poi veniva la carbonella e con la carbonella si accendevano tutti i fornelli perché non c’era mica il gas ai tempi di allora. Allora non andava consumato niente, lì era il risparmio, l’economia, perché si utilizzava tutto, anche la cenere e la carbonella.
Il suo mestiere lo ha insegnato a qualcuno?
Marino: l’ho insegnato solo a mio genero perché mio figlio l’ho fatto alzare molte volte e mi ha detto “io il fornaio non lo faccio”. Ha preso lo studio, si è laureato e non ha fatto il fornaio.
E lei è ancora qui a fare il fornaio.
Marino: eh io sono ancora qui. Vengo qua due, tre ore al mattino perché mi stanco a stare a letto a dègh a vagh a fèr dû panèin poi dopo prendo il pane fresco e vado a casa.
A che ora arriva alla mattina?
Marino: sempre alle cinque.
Quindi è una grande passione la sua!
Marino: ah la passione è stata grande, è stata l’unica passione che ho avuto, fare questo mestiere.
Ricorda qualche aneddoto di quando faceva il fornaio?
Marino: nel forno si faceva anche qualche dolce.
Che dolci facevate?
Marino: io ho cominciato a fare del margarétti a 12-13 anni.
La torta margherita?
Marino: una torta soffice, veniva buonissima.
Come si faceva, quali erano gli ingredienti?
Marino: la ricetta? Gliela posso anche dire. C’erano le padelle da tre uova e le padelle da 6 uova. Si prendeva la padella da 6 uova, 6 hg di farina, 6 hg di zucchero, 6 uova poi si mescolava, si preparava l’impasto e si metteva la dose che c’era, era una buona torta.
Si infornava dopo il pane?
Marino: portava una cottura diversa, il pane si cuoce a 240, a 250 come gradazione del forno, invece i dolci a 160-170, a temperatura diversa.
Quanto tempo ci vuole per cuocere il pane?
Marino: a seconda del formato, perché ci sono dei formati piccolini che in 15-16 minuti si cuociono, invece il formato grosso specialmente da mezzo chilo o un chilo bisogno che stia dentro 40 - 50 minuti perché il pane si deve asciugare dall’umidità, qua dentro inutile va impastato con dell’acqua.
La sera prima si faceva lievitare il giorno dopo si impastava, ho capito bene?
Marino: alla sera si preparava il lievito, dipende quanto pane dovevi fare.
Come si chiamava l’impastatrice in dialetto?
Marino: alòra a gh éra sòl l’impastadòra, a gh éra po’ sól quàl lè d’atrezadùra, a-n gh éra gnint èter, quando ho cominciato io c’era solo quella, c’era un motore con una cinghia. Il motore era là sopra e con la cinghia faceva andare l’impastadóra.
Quanta gente ci lavorava vicino?
Marino: l’impastatrice lavora da sola, poi c’era da fare il pane, in due o in tre si faceva il pane.
Una volta che era impastato il pane doveva rimanere un po’ lì?
Marino: dopo bisogna lasciarlo lievitare, quando il pane è messo in forma bisogna lasciarlo lievitare.
Per quanto tempo?
Marino: ah, specialmente con i lieviti naturali ci vogliono almeno un’ora, un’ora e mezzo prima che sia pronto da infornare, invece col lievito di birra è tutta un’altra cosa, è più rapido.
Quante volte si faceva il pane alla settimana?
Marino: tutte le mattine c’era il pane fresco, ai tempi di allora il pane lo comperavano quelli che potevano comperarlo, quelli che avevano i soldi. Gli altri lo facevano sempre in casa poi lo portavano dal fornaio a cuocere, lo facevano loro, avevano il lievito, alla mattina, lo portavano dal fornaio e lo andavano a prendere quando era cotto.
Vi pagavano?
Marino: pagavano la cottura.
Si ricorda quanto costava la cottura?
Marino: mah... c’era i centesimi anche allora.. .ma non mi ricordo proprio bene.