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25/08/2006

Torchio


Documento senza titolo

Pavullo nel Frignano
Luisa e Maria Ghibellini
Proprietarie terriere  
La famiglia aristocratica di montagna: modo di vivere e educazione
Racconti e descrizione dell’alimentazione di una volta  

PARTE 1

Luisa e Maria, ci volete raccontare la storia della vostra famiglia qui a Pavullo?
Maria: si fa presto. Noi siamo nate qui, cresciute qui con i genitori.
Luisa: lei dice degli antenati?
Anche di loro se sapete ritornare indietro nella storia della vostra famiglia.
Luisa: io torno indietro ai tempi del nonno. Il nonno era avvocato e si era sposato nel 1880, aveva avuto due figli, il babbo e lo zio nostro; lo zio non si era sposato il babbo invece si era sposato con Erminia Messerotti e dal loro matrimonio sono nati sei figli, lei (Maria) con Carlo suo gemello, poi mia sorella Teresina, io, Gianni e Beppe che è morto in tempo di guerra. Noi siamo sempre vissuti qua, il babbo era podestà e aveva la politica per la testa. Qui c’era sempre lo zio, noi siamo cresciute come se lo zio fosse il nostro babbo, volevamo bene al babbo, però quello che ci era più vicino era lo zio Cecco.
 Era impegnato in politica ma con che partito?
Maria: di destra.
Luisa: si può dire?
Maria: lo diciamo e buonanotte, non ci vergogniamo mica a essere di destra. Siamo nati nella destra e viviamo nella destra, siamo nati al tempo del fascismo… anche senza capirci niente seguitiamo lì.
 La vostra famiglia di che cosa si occupava? Avevate dei terreni?
Luisa: allora avevamo i nostri fondi, lo zio Cecco teneva dietro alla campagna, il babbo invece era occupato nella politica quindi andava via spesso.
 E in queste campagne c’erano i contadini?
Luisa: allora c’erano i contadini, è tutto un mondo diverso.
 Erano mezzadri?
Maria: sì, che per Natale portavano le onoranze così chiamate, arrivavano tutti con due capponi legati alle gambe, queste povere bestie che si dimenavano, li mettevano in cucina e noi davamo da bere e da mangiare, e poi andavano via. La donna prendeva questi poveri animali e li metteva nella capponaia.
 La capponaia era sempre qua?
Maria: sempre qua, c’era un fondo che chiamavano la legnaia. Ci stava la legna, la capponaia per i capponi e una volta il cane entrò dentro alla capponaia e fece strage di capponi.
 E dove passavate le vostre vacanze?
Maria: al Sasso, c’era un fondo, noi ci divertivamo un mondo, eravamo libere di andare in giro, qua in Paese ci tenevano più strette.
 Luisa: noi in vacanza andavamo in campagna, e per noi andare al Sasso era la scoperta del mondo perché c’erano dei boschi, tante cose che in paese non si vedevano. Avevamo tanta libertà, andavamo fuori quando volevamo, da sole, con il grembiule senza etichetta, erano due mesi di libertà e anche di gioia, vivevamo a contatto con la natura.
 Maria: un giorno scoprivamo un fosso, un giorno un sasso, era una gioia “e guarda che bel sasso che ho trovato”, era poi un sasso normalissimo.
 Sasso è ancora un bel posto.
Luisa: beh, magari non come una volta, allora faceva parte a sé, era completamente isolato, non c’erano automobili, mi ricordo che la sera all’ora del tramonto ci mettevamo sul terrazzo e c’era tutto un panorama di una meraviglia, un silenzio, poi cominciavano le cicale, gli uccellini: quello era già un concerto. La sera dopo cena specialmente quando facevano la mietitura i contadini si raccoglievano ognuno a casa sua, su un monte, e cantavano dei cori e si rispondevano, quelli che stavano al Poggio rispondevano a quelli che stavano al Sasso, era come un colloquio di cori. Anche quando spannocchiavano - che allora c’era il frumentone - si radunavano tutti quanti, perché ci voleva molta gente e facevano delle lunghe ghirlande che attaccavano alle cannelle della stalla, anche lì facevano dei cori ma cantavano bene, così, di natura, non è che fossero andati a scuola.
 Parlavate della cena, cosa mangiavate?
Luisa: pensare adesso non mi sembra neanche di esserci vissuta, sono cose così lontano oramai, lontane non solo nel tempo ma soprattutto negli usi nei costumi in tutto; era una vita molto più semplice e molto più tranquilla, adesso bisogna andare sempre di corsa e non c’è mai tempo per niente, una volta invece era tutta un’altra cosa.
Maria:le famiglie poi erano molto più numerose, c’era il babbo, la mamma, la zia, tutti lì quindi si aiutavano.
 Cosa mangiavate in queste cene che facevate in campagna?
Maria: le patate fritte, la minestra di fagioli, a noi ragazzi poi bastava poco, un po’ di pane con il formaggio…
Luisa: facevano anche le crescentine, allora c’erano i camini, accendevano il fuoco nei camini e ci mettevano le tigelle, intanto un’altra impastava, faceva dei pezzettini di pasta, gliele arrotondava e faceva delle crescenti così… Poi ci mettevano una tigella calda, una foglia di castagno, una crescentina, e via via così, le impilavano vicino al camino fino a che non sentivano l’odore. Quando cominciavano a sentirlo era segno che erano cotte, allora le tiravano via, le mettevano sotto la cenere tanto che si finissero di cuocere, poi le tiravano via, le spolveravano e le portavano in tavola. Si mangiavano condite con il lardo, l’aglio e il rosmarino; si potevano mangiare anche quando si faceva il pranzo, allora si mangiavano con il pollo alla cacciatora.
 Nella vostra famiglia chi cucinava?
Maria: c’era la cuoca e la cameriera, la mamma che dirigeva, c’erano anche due uomini: Arturo che badava ai cavalli, allora c’erano le stalle e i cavalli, e l’uomo di fatica che era quello che faceva i lavori grossi.
 D’inverno voi cosa mangiavate? Si mangiava tutti i giorni seduti a tavola sia a mezzogiorno che alla sera?
Maria: noi sì, primo, secondo, il terzo, la frutta. Di frutta ne avevamo fin che volevamo perché veniva dalla campagna.
 Se doveste ricordare alcuni piatti che faceva la vostra cuoca?
Luisa: dei piatti… c’erano i tortellini che si mangiavano per Natale, per Pasqua e nelle solennità.
 E la pasta di tutti i giorni invece cos’era?
Maria: era il maccherone soprattutto.
 Luisa: le tagliatelle… c’erano i torchi, io mi ricordo che avevamo in campagna un torchio a muro, come fosse non so, ci mettevano la pasta poi giravano così e veniva giù tutta la pasta, gli spaghetti e i maccheroni, poi li lasciavano asciugare su dei taglieri, quando erano secchi li mettevano in tanti barattoli, quelli servivano anche per l’inverno. Tenevano anche le uova e per conservarle c’erano dei cassoni grandi pieni di frumento perché il frumento lo conservavano lì, e le uova per conservarle lì dentro.
 Maria: c’era poi la torta di castagne secche, quella era una specialità.
 Luisa: la chiamavano la patona.
Maria: era farina di castagno stemperata con del latte con dentro noci, nocciole, uva secca e si impastava però con il sapore; il sapore era una marmellata locale, quando c’era la vendemmia tenevano un po’ di mosto e ci cuocevano dentro mele e pere. Questa marmellata ce la davano anche per merenda ma era brusca e a noi non piaceva.