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18/07/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Montagnana, Frazione di Serramazzoni  
Maria Giovannini
Luciano Muzzarelli
e il figlio Giorgio
Ristoratori  Hotel Valverde
Ricette e alimentazione di una volta
Le forme di formaggio – Pane e lievito  

PARTE 2

Giorgio: quando bollivate le castagne ci mettevate dentro le pere?
Maria: quelle lì erano i balù con i pir a val.
Giorgio: come erano fatti i pir a val?
Maria: erano rotondi, metà gialli metà verdi, buonissimi anche da mangiare così, allora tutta la frutta veniva mangiata come secondo, ad esempio dopo la minestra si mangiavano fichi col pane.
 Che fichi c’erano?
Maria: uno piccolino, grosso così, bianco che si mangiava tutto intero, si mangiava con la pelle perché era fine fine, poi c’era quello nero, che anche quello lì di una bontà straordinaria e poi c’era quell’altro fico bianco con la pelle sottile che diventa dolce. C’è anche quell’altro bianco che ha la pelle più grossa che vuole presa via, poi ce n’è anche uno rosa che diventava più lungo, con una pelle sostenuta bene, e dentro diventava rosa. Quando ero a Levara erano tutti attaccati al muro quando si andava alla dottrina, allora ce n’era tanta di frutta e quando si mangiava, si mangiava solo quello lì. I radicchi per esempio a primavera si andava nelle stradine di campagna, c’erano tutti quelli con le quattro foglioline.
 Si trovano ancora?
Maria: sì, basta sapere i posti.
 E come si mangiano questi radicchi?
Maria: si mangiavano così perché erano poi pochi, poi venivano conditi speciali con la pancetta, si brustolivano un po’ nel tegamino, senza olio, senza niente, solo quella lì si lasciava rosolare appena un pochino poi si condivano i radicchi, ci mettevano poi un po’ di olio e l’aceto che poi i miei lo fanno anche adesso. Una volta l’olio era molto scarso, non avevano i soldi per comperarlo, allora in casa la pancetta l’avevano perché uccidevano il maiale, ne approfittavano per fare quello lì.
Luciano: tanto vero che del maiale quello che costava di più era il lardo che adesso non costa quasi niente.
 Maria: perché era il condimento di tutti.
 Giorgio: poi essendo molto ricco di grassi dava energia per il lavoro ed era una cosa molto importante.
 A livello di bere, il vino per esempio c’era sulla tavola tutti i giorni?
Maria: facevano il vino tre volte con un’uva, allora facevano il primo che era quello più buono, poi facevano quello che chiamavano il ven sutil e puntalon che era l’ultimo, pensa le graspe come le lavavano bene…
Giorgio: il ven sutil era acqua che era in mezzo al vino.
 Maria: sì però quello era molto buono, lo bevevano d’estate quando andavano in campagna e tenevano anche quell’altro perché d’estate bevevano molto, allora l’acqua era anche scarsa, non c’era i rubinetti in casa, si andava fuori che c’erano le fontanelle lungo una strada o un pozzo.
 Lei però si è dedicata alla sartoria, andava a scuola da una sarta?
Luciano: sì, ha fatto la magliaia.
 Maria: però ho lavorato anche un po’ da sarta.
 Ha lavorato comunque anche in campagna?
Maria: eh ci lavoravo perché andavo con le mie amiche, i figli dei contadini di mio padre, io ci andavo perché mi piaceva, invidiavo loro, raccoglievamo l’uva tutti quanti ma ero bravissima, io se vado in campagna a fare certe cose sono più brava dei contadini… mi davo da fare, mi piaceva da morire raccogliere le ciliegie, le amarene, l’uva, tutto.
 Giorgio: mio padre come dicevamo ha fatto diversi anni di lavoro in caseificio ed era in società con nonno Dario, dal caseificio ha avuto una grande esperienza di manipolazione di alimenti, in particolare il latte, e qualcosa lo ricordiamo anche noi perché quello che rimaneva della lavorazione del latte era il siero poi dato ai maiale. Però dentro questo siero spesso andavamo a fare il bagno noi quattro fratelli: era tiepido, era molto divertente perché era in una vasca grande, dicono che facesse anche molto bene ma noi ci andavamo per divertirci più che altro, tu babbo quando hai aperto l’attività da casaro?
Luciano: dunque mio padre ci teneva molto a noi sei figli, a darci una posizione, e io ho sempre manifestato il desiderio di fare il casaro, allora a un certo momento, dopo la guerra, perché facevamo il lavoro del ristorante prima, della Noce, allora ha preso un caseificio in affitto. Al principio abbiamo preso un casaro per insegnare a me, due o tre anni, poi sono andato per mio conto; questo è stato nel 1948.
 Giorgio: quel caseificio andava a legna?
Luciano: andava a legna.
 Giorgio: quindi facevi la forma con la legna.
 Maria: con le fascine.
 Luciano: andava molto bene la faggia a fare il formaggio, è una cosa di velocità. A un certo momento, quando è pronto, in 10, 20 minuti al massimo bisogna che si cuocia, una caldaia di 10, 15 quintali di latte, farlo partire da 28 gradi a portarlo a 44 gradi perché non è mica che si cuocia, è chiamata cotura ma è una scaldata, a 44 gradi deve andare velocemente, superati i 44 gradi non sta più insieme.
 Giorgio:ci voleva del legno buono, l’acero anche?
Luciano: allora si andava con della miseria, allora la gente bruciava al rasi, al videibi, tutte le spuntature delle vigne, si adoperava tutto come anche il forno del pane si scaldava con quella roba lì, perché se c’era della roba buona tante volte si vendeva per comperare le scarpe o altra roba che ci voleva per la famiglia. Quella lì era roba che faceva fuoco in modo molto veloce, se mette dentro il legno di quercia sotto la caldaia ci vuole mezz’ora prima che cominci a fare la fiamma.
 Il latte che si utilizzava per fare le forme di che mucche era?
Luciano: noi avevamo la bruna alpina e la nostra montanara, una vacca molto buona che faceva poco latte, si adoperava anche da tiro, per arare. Si adoperavano le mucche, i buoi solo i pochi che li avevano, allora come latte faceva 7-8-10 kg la nostra montanara, poca roba. Era grigia, era una vacchetta non grossa. Il latte delle montanara nostra rendeva quasi il doppio di un’altra, poco latte ma molto sapore e molto grasso, del formaggio ci veniva di più, il formaggio come resa ogni quintale di latte faceva circa 9 kg e due di roba tra formaggio e burro, poi facevano fatica a fare l’8 %, 8 kg di roba tra formaggio e burro sono quintali di latte. Adesso è cambiato perché le mucche fatto molto latte ma anche molto consistente, perché noi se si dava un kg di farina a una mucca già andava bene, molti non davano neanche quella lì.
 Il formaggio veniva sempre buono?
Luciano: poi l’abbiamo capito dopo, ma anche qui succedeva che cadevano le mele, le prendevano sù e le davano alla mucca; la mela ha un mucchio di fermenti dentro e dandola alla mucca metteva il latte in fermento e rovinava tutto il formaggio; anche gli scarti di bietola li hanno dovuti eliminare, guai: è proibito. Da carne va benissimo ma da latte fa marcire tutte le forme… i ballon.