01/08/2006
Agricoltura
Castelvetro
Vittorio Graziano
Vignaiolo
Lambrusco fermentato in bottiglia
Il trebbiano “murato”
PARTE 2
Anche questa veniva utilizzata nel taglio?
Vittorio: esattamente, queste erano varietà pregiate, poi c’erano
delle varietà meno importanti tipo il fortana o l’uva d’oro
che quelle erano più quantitative perché sono dei vitigni che rendono
molto ma che non hanno dei gran pregi. In più partecipava una piccola
percentuale il trebbiano modenese montanaro, la varietà locale. Ecco come
era il taglio.
Che successe, come andò a finire la storia della fillossera?
Vittorio: la fillossera ovviamente ha fatto dei danni anche qua, si è salvato
qualcosa, ci sono rarissime piante su piede franco; io ne ho trovata una di lambrusco
grasparossa di cui ho riprodotto poi le piante ovviamente su porto innesto, perché è vietato
piantare su piede franco.
Perché è vietato?
Vittorio: per via della fillossera, per il timore che possa ritornare.
In realtà però il fatto di dover utilizzare un
porto innesto comporta il fatto che si è dovuta ambientare in un territorio
in cui non esisteva una pianta che è nata altrove; questo probabilmente
ha cambiato molto anche nella qualità dell’uva.
Vittorio: indubbiamente un po’ influisce perché c’è poco
da fare, l’apparato radicale non è della stessa pianta ma è di
un’altra, però anche su questo piano c’è differenza
tra un porto innesto e l’altro, uno dei porto innesti storici di questa
zona ha la sigla 420a che non è molto vigoroso e ha la proprietà di
avere radici fitonate che proprio a spiovente, vanno molto in profondità,
quindi hanno un vantaggio anche di subire per esempio la siccità nei periodi
estivi.
Che tipo di terreno abbiamo sotto, una roccia calcarea?
Vittorio: no, questo qui non è un terreno calcare, è un terreno
argilloso misto, ci sono anche delle aree con del ciottolo, ciottolo costituito
da un sasso friabile ricco di minerali ferrosi, detto volgarmente qui da noi
sasso morto perché è un sasso molto fragile che si sbriciola facilmente,
insieme a sabbia; questi terreni misti fanno anche il patrimonio della zona,
avendo questi diversi terreni noi abbiamo dei risultati complementari.
Queste mineralità possono passare sul vino?
Vittorio: qualcosa, è considerato un pregio avere questi terreni misti,
dal terreno argilloso si ottiene corpo, colore ecc., dai terreni ghiaiosi si
ottiene profuma, fragranza ecc, quindi c’è questo insieme di fattori
che noi ci troviamo poi nel taglio.
Un tempo anche le pratiche di campo erano molto rispettose
della pianta?
Vittorio: da un lato si concimava praticamente solo con del letame proprio, perché qui
essendo zona da parmigiano il letame era disponibile in azienda, perciò veniva
usato per concimare, naturalmente concimazioni limitate e soprattutto non si
faceva irrigazioni, quindi alla fine si aveva una ottima concentrazione, le viti
era poco produttive, ogni piede produceva poco, si andava sul chilo e mezzo-due
al massimo, questo per quel che riguarda le poche vite specializzate che c’erano.
Sui filari evidentemente le rese cambiavano perché potevano esserci anche
rese più alte. Un’altra caratteristica, anche quella scomparsa,
era anziché il filare con la vite maritata c’era la cosiddetta binata,
la fila binata: erano due file parallele che venivano coltivate invece del filare,
praticamente due filari abbastanza vicini circa a un metro, poi venivano leggermente
aperte per favorire l’irradiazione dei raggi; questo sempre a livello di
viticoltura promiscua, non specializzata.
Quant’è la distanza che hai adottato da un filare
all’altro?
Vittorio: io ho adottato una distanza, diciamo il minimo sufficiente per passarci
con i mezzi.
Quando si è diffuso questo metodo per rendere il vigneto
più facile alla meccanizzazione?
Vittorio: bisogna fare una parentesi.
Noi siamo passati da quella viticoltura che dicevamo prima, poca ma specializzata,
dove c’erano delle densità enormi, 10.000 piedi un metro per uno
dove ovviamente si lavorava tutto a mano, siamo passati a una viticoltura molto
industrializzata, la chiamo così io, alla fine degli anni ’60: sono
stati introdotti qui dei sesti di impianto provenienti tra l’altro dalla
pianura veneta, dal Piave, con delle distanze di quattro per otto, quindi delle
densità inferiori a mille piante per ettaro. Potete immaginare passare
da 10.000 a 1000 non può che essere un trauma dal punto di vista del risultato,
tant’è che i lambruschi sono stati tutti alleggeriti, sono stati
prodotti su grandi scale con un risultato che vediamo anche oggi, un vino abbastanza
semplice, leggero, quasi banale dice qualcuno, perché si è fatto
questo salto drammatico da una viticoltura ad alta densità, quindi a bassa
produzione per ceppo, cioè buona concentrazione a bassissime densità per
ettaro con altissime produzioni per pianta. Pensate che nelle prime raggiere
a fine degli anni ’60 si produceva fino a 20 e passa kg per pianta; allora
se una pianta deve produrre 20 o 25kg non può dare la stessa concentrazione,
lo stesso equilibrio di componenti che ne dà una da 2 kg, è evidente
quindi che c’è stato questo passaggio. Io ho cercato di ritornare,
di riprendere, di cercare di comprendere e riapplicare un po’ quella che
era la viticoltura storica, quella vera, perché la tradizione bisogna
che sappiamo che la parola ha un senso. Io non riconosco nel tradizionale la
viticoltura degli anni 60-70, perché quello è stato un trauma
per noi, qui io sono ripartito dall’esperienza precedente, ovviamente cercando
di adattare le esigenze, perché non posso andare col cavallo…quantomeno è difficile
tornare proprio a questi metodi, qui la distanza è stata calcolata per
un trattore piccolo, non tanto grande, però sono sempre distanze molto
ridotte rispetto a quelle della coltivazione di cui parlavamo prima. Qui ci sono
due piedi per buca, quindi il sesto di impianto è 2,40X0,75 per una densità superiore
ai 5000 piedi, non arriviamo ai 10.000 di una volta però 5.
000 e passa è considerata una densità già tecnicamente molto
valida proprio dal punto di vista dell’equilibrio dei componenti che poi
troveremo nell’uva.
C’è qualcuno che torna adesso ai 10.000 piedi?
Vittorio: no, qui assolutamente non lo fa nessuno, io so a 5500 però oltre…si
può fare, però dopo occorrono delle macchine speciali, dei mezzi
speciali molto costosi, che una piccola azienda non si può permettere;
resta il fatto che io con queste densità qui non supero mica il chilo
e mezzo per pianta.