31/08/2006
Cantore
Riolunato
Nicolino e don Ezio Nicioli,
Emilio Rocchiccioli e Livio
Cantori del Maggio
Il maggio delle anime e delle ragazze
Giochi di un tempo
PARTE 3
Volevo proporvi una riflessione generale sul rapporto tra la musica
e il lavoro nei campi: qui ci sono altre musiche tradizionali legate, non
so, alla vendemmia?
Don Ezio: alla vendemmia no perché qui l’uva non c’è.
Ma a Riolunato c’erano delle piccole vigne?
Don Ezio: sì, in questa zona qua, mio zio aveva la vigna.
Sono scomparse con la fillossera, eh?
Don Ezio: sì.
Sono scomparse con la fillossera ma ci sono ancora i nomi...
Don Ezio: sì, la vigna di San Antonio era qui sopra la strada là,
veniva un vino brusco…
Nicolino: di sei, sette gradi.
Cosa era uva tosca?
Don Ezio:era un misto di vitigni.
Nicolino: era uva Toscana.
Moscatello, ciliegiolo?
Don Ezio:nell’orto di casa mia c’era la vite, avevamo il moscato.
Un tempo si lavorava anche la canapa qui.
Livio: sia la coltivazione della canapa che quella della vite era contenuta nei
vecchi statuti, l’autonomia comunale era molto remota per l’alta
montagna modenese, nel senso che l’alta montagna, a differenza di una altra
fetta della montagna modenese, ha conosciuto la fine del feudalesimo in tempi
molto remoti, con la ribellione di Obizzo da Montegarullo alla fine del Trecento,
inizi Quattrocento ribellioni dei feudatari nei confronti del marchese d’Este.
Il marchese si rese conto che era particolarmente diffi- cile governare queste
terre di confine, allora riformulò la propria amministrazione e creò la
cosiddetta provincia di Sestola che divise in due: Provincia Immediata e Provincia
Mediata. Quella Immediata la sottopose a un governatore che aveva sede presso
la rocca di Sestola; Sestola è un castello ma una Rocca con potere amministrativo
e tutte le comunità che erano sottoposte alla Provincia Immediata e quindi
a un governatore erano tutti i Comuni dell’Alta montagna modenese da Fanano
fino a Fiumalbo. Quindi quella non era più terra infeudata ma diretta
e sottoposta al governo estense, governata attraverso delle autonomie locali
che si reggevano su uomini eletti che basavano tutta la loro amministrazione
su statuti. I primi di Riolunato sono del 1492, mentre il basso Frignano erano
ancora terre che venivano date in feudo; questo giustifica perché nel
territorio della montagna modenese c’è una maggiore concentrazione
di castelli nel basso frignano che non nell’alto, perché finendo
il feudalesimo non c’era più la necessità di rimanere asserragliati
dentro un castello. Infatti da noi le presenze di castelli ancora oggi esistenti
non sono tante. Nei nostri statuti, sia quello del 1492 che quelli successivi, è dettagliatamente
speci- ficato sia la coltivazione della canapa sia la coltivazione della vite
perché c’erano delle pene anche molto severe per il pascolo e così via.
C’era un pascolo comune?
Livio: c’erano dei pascoli comuni ma non erano gravati da usi civici i
nostri, c’erano le bandite così dette comunali, disciplinate molto
dettagliatamente dagli statuti.
Qui poi l’agricoltura su cosa si reggeva?
Livio: c’era della grande pastorizia e del castagno.
Pastorizia e quindi transumanza, forse questo è di collegamento
al maggio.
Don Ezio: del canto sardo.
Livio: nel ‘600-‘700 abbiamo una transumanza non verso la pianura
ferrarese, che è avvenuta dopo, ma verso la Maremma e addirittura l’Agropontino.
Nei registri parrocchiani sono tantissime le annotazioni di decessi avvenuti
nelle maremme, così come con le maremme ci sono grandi scambi nel senso
che mogli di pastori provenivano da quei luoghi o nostri pastori si trasferirono
ad abitare laggiù. Quello che diceva prima Nicolino di quel gruppo di
maggiaioli di Grosseto di una frazione che si chiama Braccanni, loro cantano
un maggio che è diverso dal nostro: il nostro è il maggio delle
ragazze, il loro sono prevalentemente stornelli, però se andiamo a fare
un’analisi della composizione dei nomi di quelle borgate vediamo che ci
sono tanti nomi nostri. Per esempio io mi ricordo che uno di quelli che faceva
parte del gruppo si chiamava Contri, un cognome detenuto dal 60% della popolazione
di Riolunato o comunque dal 90% della frazione di Castello, quindi c’erano
forti scambi; poi se siamo stati noi ad importare e loro a copiare è tutto
da dimostrare.
Qui avete tenuto la tradizione del maggi: ma quali altre tradizioni
sono rimaste? Perché questo è stato un secolo che ha spazzato via,
dal dopoguerra in avanti…
Don Ezio: è già molto che continui nei giovani questo maggio delle
ragazze. Ogni tre anni e fin che ci sono loro quelli delle anime, perché i
giovani quelli delle anime non lo conoscono.
Quali sono le tradizioni di quando eravate ragazzi che sono andate
un po’ perdute o che sono a rischio di perdersi?
Don Ezio: le tradizioni che sono andate perse causa il traf- fico - invece hanno
fatto dei campi apposta - era il lancio della ruzzola lungo le strade… addirittura
con la forma di formaggi, vinceva chi la mandava più lontano, adesso hanno
fatto i treppi lì a Lama.
Questo segnala che c’era un formaggio diverso?
Don Ezio: un formaggio duro, secco, pecorino.
Di pecora, piccolino simile alla ruzzola?
Don Ezio: quando ero piccolino l’ho tirata tante volte.
Nicolino: non vedevamo l’ora che si spaccasse la forma per mangiarlo.
Don Ezio:un’altra tradizione che è sparita era la corsa del gallo,
per il patrono e per le altre feste grosse. Dopo il vespro c’era in palio
un gallo, i giovani che volevano si iscrivevano e partivano su un campo in salita
di corsa… e c’era una lotta tra i migliori.
Nicolino: anche mio papà era un gran corridore da gallo, scalzi con le
calze di lana… non c’erano mica le scarpette da corsa... senza allenamento
era uno spettacolo di fine festa.
Questo passaggio della transumanza dalla maremma a quella nel ferrarese
come mai avvenne? Un problema di bonifica?
Livio: anche ma credo che sia semplicemente dovuto a una serie di dazi, bisogna
tenere conto che fino al 1860 il ferrarese era dello Stato della Chiesa, la Maremma
invece era uno Stato del Gran Ducato di Toscana. Forse c’erano dei rapporti
con i due Stati diversi. La grossa preponderanza della transumanza verso il ferrarese
e il Veneto è avvenuto dopo l’unità d’Italia.
Invece dei bovini ce n’erano?
Emilio: eh sì.
Don Ezio: a Castello erano tutte stalle, adesso di caseifici non c’è più.
Ogni famiglia faceva il formaggio in casa e poi lo andava a vendere al mercato…
I vostri genitori cosa facevano?
Don Ezio: mio padre era guardia comunale, faceva il vigile… suo padre è emigrato
tanti anni.
Emilio: è andato in America, in Sardegna.
Faceva lo scalpellino?
Emilio: il muratore, ma una volta facevano scalpellino e muratore insieme.
Livio: oltre alla ruzzola a cosa si giocava?
Don Ezio: a zacagne.
Com’è questo gioco?
Emilio: c’è un tappo, sopra si mettono dei soldi, poi si va ad una
certa distanza e con una piastrella si tira. Chi li tirava giù vinceva
i soldi, ma ci abbiamo giocato fino all’anno scorso.