28/08/2006
Agricoltura
Montalto, Frazione di Montese
Roberto Marchetti e la moglie Dina
Agricoltore
Varietà e tecniche di coltura
PARTE 2
Questa zona, la zona di Montese è famosa per la patata,
ma è famosa anche per un altro prodotto: la castagna.
Roberto: ci sono molti castagneti a Montese.
Che qualità di castagne ci sono qua?
Roberto: nei tempi indietro c’era la pastonese che era una castagna buona,
dolce, e c’erano i marroni, ce n’era poi qualcuno; adesso le pastonesi
non le innestano più perché ci sono tutti castagni vecchi, forse
non lo so, triboleranno anche a fare gli innesti; anche per i marroni c’è anche
delle gente che ne ha messi molti, quel tipo cinese, diventa un alberino piccolo,
ma allora c’era solo la pastonese, il selvatico che chiamavamo i selv.
Sono meno buone però quelle lì, hanno la sansa sempre attaccata,
invece le pastonesi quando erano seccate diventavano bianche, come sansa non
ci rimaneva niente attaccata, ce ne sono ancora qualcuno però con la guerra è venuta
quella malattia lì e allora molti castagni si sono seccati.
Che malattia?
Roberto: una malattia del ceppo, ad esempio il castagnolo lo chiamavamo noi,
che viene su.
Dina: il germoglio.
Roberto: viene sù il germoglio dal ceppo, allora quando è grosso
così comincia a seccarsi la corteccia, è quella malattia che non
lascia più fare le castagne che loro chiamano il cancro.
Anche voi avevate castagneti?
Roberto: sì, anche noi avevamo castagneti e poi allora il castagno voleva
pulito e potato un anno sì e un anno no, ma anche tutti gli anni lo pulivano,
avevano degli attrezzi, delle scale, poi con la rampina con un manico lungo 7-8
metri andavano sù in cima al castagno con la scala, e li potavano tutti,
conoscevano il ramo che faceva le castagne e quello che non le faceva, il potatore
lo riconosceva e tagliava il ramo che non faceva le castagne.
Poi bisognava tenere curato il terreno…
Roberto: del ceppo levavano sù quello che volevano innestare ma gli altri
li tagliavano tutti, c’era pulito.
Dina: altrimenti avrebbe perso la forza il castagno.
La raccolta delle castagne da chi veniva fatta?
Roberto: le castagne venivano giù da sole quando erano mature, si raccoglievano
e le portavamo a casa.
Dina: chi le raccoglieva?
Roberto: l’agricoltore.
Dina: e anche la moglie.
Roberto: forse lei ne ha raccolte di più di me, anche i bambini
piccoli, a 5-6 anni incominciavano.
Dina: e chi non ne aveva in proprietà andava a raccoglierle nei
castagneti degli altri.
Roberto: appena li vedevano brontolavano e li mandavano via.
Quanti quintali si raccoglieva?
Roberto: dicevano che un bravo raccoglitore ne raccoglieva un quintel che
era poi nel pulito, perché se le dovesse raccogliere adesso… c’è uno
sporco che ci vuole tanto tempo, poi allora quelli che avevano molto castagneto
prendevano delle donne a raccogliere delle castagne, c’era la fiera di
San Michele a Montese a settembre; allora le ragazze andavano lì perché cercavano
queste donne per andare a raccogliere le castagne. Poi le castagne si portavano
a casa e quando avevano quasi finito si mettevano sul seccatoio.
Come si portavano a casa queste castagne?
Roberto: allora ci andavano col biroccio quelle che ne avevano tante, o le portavano
a casa con dei sacchi in spalla, poi si mettevano sul seccatoio.
Dove si trovavano questi seccatoi?
Roberto: erano per lo più attaccati molto alle case, c’era un ambiente
dove le mettevano a una distanza che non passasse una castagna da un bastone
all’altro, poi accendevano il fuoco con dei ciocchi grossi così nell’ambiente
sotto.
Dina: l’ambiente sotto si chiamava il metato e quello sopra il gradez.
Roberto: facevano fuoco per 25 giorni, giorno e notte, bisognava che il fuoco
fosse sempre acceso.
Dina: e sempre circa uguale.
Ci doveva essere la fiamma?
Roberto: sì, ma bassa, poca fiamma perché se no diventavano rosse,
bisognava che ci fosse il calore con della brace, allora le castagne rimanevano
bianche, se c’era o fumo o fiamma non andava bene, perché col fumo
diventavano scure e la fiamma le seccava troppo in una volta e non erano belle,
quindi bisognava controllare sempre il fuoco che fosse giusto, poi dopo una quindicina
di giorni li vultevli.
Che legna si usava?
Roberto: legno di castagno, buttavano giù un castagno vecchio che non
rendeva più, portavano a casa la legna e con quella lì facevano
il fuoco per seccare la legna; ci mettevano due o tre pezzi ma grossi.
Per mantenere questo fuoco costante come si faceva?
Roberto: bisogna alzarsi la notte e andare a controllare il fuoco, tanto che
rimanesse sempre il calore, dopo 10- 15 giorni le giravano, perché sotto
erano quasi secche e quelle di sotto le mettevano sopra; poi quando erano secche
prendevano la pila, c’era una stanga con tutti dei ramponi di ferro, era
fatta come una vanga con la manetta, allora andavano in cima a ‘sta pila,
ci mettevano una asse larga così, un piede lo tenevano sull’asse
in cima alla pila, e con quell’altro sù e giù sempre così,
finché non venivano pulite le castagne. C’era anche un altro attrezzo
che chiamavamo la vassura; le castagne venivano saltate così andava
via la buccia, poi venivano messe sul tavola e quelle belle bianche le vendevano
anche senza macinarle, quelle marce le scartavano addirittura e con le altre
facevano la farina.
Nell’essiccatoio quante castagne c’erano?
Roberto: ma secondo l’ambiente quanto era grande, in ogni caso si arrivava
sui 50 centimetri, c’erano poi dei seccatoi dove ce ne stavano dentro anche
30 quintali verdi.
Dina: poi qualcuno esagerava e cadevano giù.
Roberto: poi facevano così da quintali verdi a quintali secche,
ci volevano tre quintali di castagne verdi per farne uno di secche, il terzo
lo chiamano, delle volte se era un anno buono, non con tanta acqua, rendevano
un po’ di più, erano capaci di fare il 7, l’8 % in più e
quando invece era piovuto molto rendevano meno.
Per essiccare le castagne si doveva avere un minimo di altezza
o le castagne essiccavano comunque?
Roberto: era meglio poche che tante castagne, ma quelli che ne avevano tante
dovevano per forza farli più alti, perché le castagne se non si
mettono sù nel seccatoio, a tenere in terra marciscono.
Poi si macinavano e si faceva la farina?
Roberto: sì, poi la farina si metteva dentro al cassone, poi si stringeva,
si pressava e si tagliava con un coltello, ci venivano anche dei pezzi grossi
così poi la rompevano e la mettevano sul setaccio e poi c’era la
farina pronta per fare la polenta. Durava cinque, sei mesi o anche settembre.