22/08/2006
Raccolta spontanea
Montecreto
Giuseppe Fontana
Agricoltore
Agricoltura di montagna
Le medde – Le patate Razze, usi e alimentazione delle vacche
PARTE 4
Lei stava là finché non si seccavano le castagne?
Giuseppe: venti giorni, finito di raccogliere le castagne, poi ci voleva un tot
di giorni perché le castagne quando erano ben asciugate si diceva: le
voltiamo, bisognava fare il trasloco, quelle che erano state sul traliccio
fare il giro, mettere sotto quelle di sopra e di giorno la polenta la facevo
poi da solo, avevo otto anni. La scuola l’aveva giù a due chilometri
ma questa strada qui l’ho fatta io quando ero consigliere comunale negli
anni ’60, ma la scuola era laggiù a casa Gigli, in fondo, che
Castellino era rinomato come casa Gigli perché Gigli è stato
un grande scrittore, erano tutti personaggi impegnati in prefettura, notai
che dopo poi si sono estinti, uno è vissuto 105 anni, un altro 102 poi
c’è stato dei giovani che sono morti di 20-22 anni. Adesso in
questa casa Gigli c’è dei tedeschi, una Vicini di Pieve che erano
proprietari lì, sposò un militare tedesco gli ultimi giorni di
guerra, lei andò in Germania, il marito dopo pochi anni morì,
si è risposata e ha un mucchio di nipoti e l’altra sera, otto
giorni fa, hanno voluto fare la festa dei villeggianti di Castellino e ci hanno
invitato anche noi. Io ho portato questi documenti da dare anche loro, loro
sono venuti qui, hanno rimodernato un po’, aggiustato il tetto perché c’è una
casa del 1460 eh… Davanti a casa Gigli c’è una fontana
d’arco che è stata fatta dai Gigli, avrà cinquecento anni,
a Castellino siamo massimo 14- 15 persone ma è stato rimodernato tutto,
tutte le case, gente che è venuta da fuori. Uno che abitava giù di
lì da Sassoguidano era alcuni anni che frequentava qui e dice “vorrei
comprare casa Ori”, era un podere che era dei Vicini di Pieve ma poi
vendettero a una agenzia di Modena, a un certo Martinelli, e da quel momento
ha comprato. Ah ma è tre, quattro anni che lavorano lì, pare
che abbiano speso di vecchie lire 3-4 miliardi. Lì sotto al campanile
c’è un fabbricato fatto in sasso, l’ho fatto io e mio figlio
dall’81 all’84. Tempo di guerra si fermano qui i tedeschi ma oramai
non ci davamo neanche peso, c’era Banaglia di Montecenere il vecchio,
lo zoppo, allora quei maiali dal muso corto che rimanevano corti facevano tanto
lardo. Lo comprai in faccia ai tedeschi ma sarà stato 12 chili, pensai “mah,
tenerlo qua un giorno o l’altro quando è un po’ ingrassato
me lo fregano”allora pensai di portarlo giù in basso. Presi una
scorciatoia a delle mie parenti, loro non l’avevano il maiale e lo misero
dove di solito ci tenevano il loro, ma anche lì orami i tedeschi incominciavano
a girare i paesi intorno. Pensai di fargli un capanno vicino a un acero giù nel
bosco perché ho un pezzo di terra laggiù sotto il cimitero nuovo.
Sembrava questo maialino che avesse l’intelligenza di star zitto, stava
lì seduto in uno spazio come questo tavolo, ci nevicava intorno ma stava
lì. Venne verso Natale, ammazzarlo laggiù nel bosco non si sapeva
come fare, riuscii a farlo ammazzare laggiù da un macellaio che era
un certo Zanotti. Dopo queste due miei parenti avevano paura “ma se fai
i salami, la salsiccia, i prosciutti se arrivano qui i tedeschi non vorremmo
essere responsabili che ce li hanno portati via”. Pensai così di
portarlo sù, ma un mezzo maiale a portarlo in spalla si porta bene come
da qui a quella casa lì, un chilometro su un sentiero a gradini, perché è molleggiato
in spalla, non è come portare un legno o anche un sasso o un sacco… va
bene che avevo 19 anni.
E dopo è riuscito a fare i salami?
Giuseppe: sì, poi demolii un pavimento, al forno e poi anche quelle anfore
di terracotta con lo strutto, feci uno scavo, gli misi sopra le lastre e poi
appena finita al guerra lo tirammo fuori. Che i tedeschi si sganciavano dall’Abetone
io lo sapevo, ero a dormire giù da queste mie parenti, si chiamava Carolina
la figlia e Luigia la madre. A mezzanotte arrivano i partigiani, eravamo appena
andati a letto, avevano come operaio un ragazzo che aveva un anno in meno di
me, si chiamava Eugenio Zanotti. Era due-tre anni che l’avevano lì come
servitore, faceva di tutto, falciava il grano, mungeva le vacche, le governava.
I partigiani arrivarono, ci alzammo da letto, eravamo andati a letto da poco
perché era mezzanotte, la sera del 18 aprile. Aprimmo, vennero in casa,
erano in tre o in quattro, c’erano le sedie ma si misero tutti seduti sul
tavolo dove si mangiava, “eh – dice - vorremmo una vacca perché siamo
senza carne”. La padrona disse al ragazzo, a Eugenio, che le avevano poi
qua sù sulla Vandelli perché il foraggio giù l’aveva
esaurito. “Dagli quella là in fondo che non si munge, non è gravida” allora
questo ragazzo dice “vieni anche tu con me”, “sì, sì,
vengo”. Un partigiano venne con noi, era un ragazzo di Vitriola di Montefiorino,
era carico di pidocchi, saltava dai pidocchi che aveva addosso.
Arrivammo sul posto lassù nella stalla, io avevo due buoi che allora
due buoi di tre anni facevano comodo per fare i lavori agricoli, li tenevo lassù.
Restammo qui fino alle 4; a un certo momento qui sopra si sentirono delle vacche,
allora questo ragazzo disse “i miei colleghi sono là”: ne
avevano rastrellate una ventina ma c’era uno della zona che conosceva il
posto, d’accordo con i partigiani gli disse “andate a prenderne una
là, due laggiù e via..”. Eravamo distanti dalla Vandelli
come da qui al caseificio; portammo quella vacca già destinata ad essere
portato via, arrivò una di quelle altre e uno dei capi ci disse a me e
a Eugenio Zanotti: “voi che siete pratici del posto ci accompagnate un
po’ verso Cento Croci?”, allora la Vandelli c’era ma andando
giù verso Boccassuolo la strada non c’era mica, c’erano delle
mulattiere, passavano quelli che andavano a prendere la legna con i buoi o che,
quando arrivammo lì in cima a un poggetto chiamato Monte dell’Albero,
sentiamo “altolà chi va là?”. Io ero davanti
a tutti, Zanotti era di dietro, dopo un pochino uno disse “ma va là sema
nuetar”… per poco non ci sparano! Una sera, era buio, io e
miei amici eravamo qua in cima perché aspettavamo che i tedeschi, l’ultime
carovane ormai avevano dei cavalli, pochi mezzi meccanici, noi eravamo in grado
di vedere fino là al poggio là in fondo e qui tutto quello che
era possibile. I tedeschi si ritirarono, i partigiani non spararono nessun colpo,
un sergente tedesco che era incaricato di far saltare tutti i ponti li da Pieve
poi anche questo qui di Serpiano, quello di Serpiano l’avevano fatto già saltare
in parte i partigiani l’anno prima ma l’avevano rimesso in funzione.
Si mise d’accordo con Don Galli, il prete di Pieve: lui era l’ultimo
a passare i ponti e poi a farli saltare, non ne fece saltare uno. Dopo poi è venuto
a Pieve finché non è morto, gli avevano dato la cittadinanza di
Pieve a questo sergente e io poi ho letto sul giornale che era morto e non tornava
più a Pieve naturalmente. Dopo non sapevano a chi darlo in consegna perché se
lo davano in consegna a certi partigiani lo ammazzavano subito. Un certo Corrado
di Boccassuolo, un galantuomo e giusto partigiano, lo consegnò agli americani:
fece qualche mese di prigionia come prigioniero di guerra e poi tornò a
casa sua.