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11/09/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Boccassuolo, Frazione di Palagano
Domenico Bertogli
Agricoltore
Agricoltura, emigrazione, commercio.
La guerra e la Resistenza

PARTE 1

Domenico: partiva lo sposo con un gruppo di invitati uomini e andavano dalla sposa, poi partivano dalla abitazione della sposa e andavano alla Chiesa.  Adesso si sposano anche senza la Chiesa ma prima invece… oh Dio, prima prima andavano in Comune, poi l’ultima cerimonia alla Chiesa.  Poi facevano il pranzo nuziale, era tutto mangiare fatto in casa da quelle donne che sapevano lavorare in cucina, davano una mano a preparare i tortellini, poi avevano ammazzato due o tre polli, era tutta roba dei proprietari.
 Questo pranzo avveniva a casa dello sposo o della sposa?
Domenico: dello sposo qualche d’uno lo faceva anche in questi locali, le trattorie del paese, dei gran ristoranti, dei gran locali non c’erano mica a quell’epoca.  Poi c’erano quelli che suonavano, cominciavano a ballare e finivano la cerimonia.  Qualcuno faceva anche il giro di nozze, chi andava a Firenze, chi andava a Roma, qualche d’uno andava anche in Francia perché su di qui sono sempre stati emigranti, andavano prima nelle nazioni più vicine, poi hanno cominciato ad andare in America, gente di Boccassuolo in America ci sarà stato l’80%, andavano a lavorare nelle miniere e dopo tanti venivano a casa malati di fegato. Anche il nonno Raffaele, anche lui stette tanti anni in Francia, sempre nelle miniere, poi andò in America e ci stette dieci anni, poi venne a casa e fece la casa perché noi l’avevamo più in su di 400 metri, la frana del ’39 portò via tutto.  Questa l’ho fatta io, non me la lasciarono fare in muratura, dovetti farla mezza in legno.
 Lei è emigrato o è sempre stato qua?
Domenico: io sono stato un po’ in Belgio ma poi ho detto “non è la mia strada questa”, nelle miniere poi anche in Belgio. Poi andai a Firenze, lavoravo a Prato in una cooperativa di autotrasporti, d’inverno sto ancora a Firenze; primavera, estate, autunno sto qui.
 È vero che partivano da qua e portavano i vitelli, le trippe a Firenze?
Domenico: più che altro venivano i mercanti di bestiame, venivano da Pievepelago, i Galli si chiamavano, allora trasferivano i vitelli e qualche bestia adulta ai macelli di Rifredi, andava tutto là.
 Come mai andava tutto là?
Domenico: ah non c’era mica altre strade, erano le strade più pratiche.
 Perché andavano là e non a Modena?
Domenico: Pievepelago si è sempre riversata verso la Toscana, non so poi il perché ma è sempre stato così. Eppure da Pievepelago c’è la Giardini che ormai sono secoli che c’è, eppure andavano a Rifredi a Firenze, Rifredi sarebbe la zona dove c’è i macelli pubblici.
 Voi quando eravate qui facevate gli agricoltori?
Domenico: eravamo tutti agricoltori qui, non grandi agricoltori, tutti avevano la stalla, il bestiame.
 Agricoltori proprietari?
Domenico: sì, eravamo tutti i proprietari, anche noi si aveva la stalla accanto alla casa, tutta roba nostra, sù di qui erano tutti piccoli proprietari.
 Che appezzamenti avevate?
Domenico: noi si andava a biolche ma adesso non so neanche, si teneva 4 bestie.
 Quattro mucche?
Domenico: sì, quattro mucche, io parlo in gergo fiorentino i disan mia mucche là, perché le mucche in Toscana sono quelle da lavoro. Ce n’è di due tipi: quelle da latte sono le vacche, ma sono poi sempre le stesse eh. Poi c’era un po’ di terreno per il grano, per gli ortaggi eccetera; granturco qua sù non veniva perché era troppo alto.
 E il grano che si seminava quale era?
Domenico: il grano veniva, più che altro si seminava anche in marzo, si chiamava il marzuolo perché quello che si seminava in ottobre dopo con le nevi buona parte moriva, nasceva per bene, poi quando era primavera non c’era più niente, allora si riseminava un tipo di grano che si chiamava marzuolo.
 Che rese dava?
Domenico: io non so neanche rispondere precisamente, ma insomma era il grano per tutta la famiglia, la famiglia poi quando arriva ottobre si divideva: chi andava in Francia, chi andava in Africa, nell’Africa francese, Algeria, Tunisia.
 In quanti eravate in famiglia?
Domenico: io parlo del nonno Raffaele, lui ha avuto quattro figli, due figlie, mio padre e l’ultimo studiò da prete, lo zio don Virgilio è stato tanti anni dai sordomuti a Saliceta come istruttore religioso poi andò a Soliera cappellano e poi a Selva di Serramazzoni.  Lasciò il testamento di essere seppellito a Selva.  Anche il babbo è emigrato di qua e di là, mutilato di guerra a Firenze ottenne il posto da portalettere a San Domenico di Fiesole, la mamma poi c’era già andata come donna di servizio… era poi la situazione dei paesi.
 La mamma che era andata a servizio cucinava anche per queste famiglie?
Domenico: facevano un po’ di tutto.
 E i toscani si adattavano alla cucina che faceva sua mamma?
Domenico: accidenti! Gli piaceva.
 Cosa faceva sua mamma come piatti, si ricorda lei?
Domenico: mah, a quei tempi si faceva le tagliatelle fatte in casa con la sfoglia, asciutte col sugo, poi facevano anche la polenta di castagne e di granturco, con la sfoglia facevano anche le tagliatelle fini, le stringhe, i quadrettini, poi le torte si faceva quella di riso.  Eravamo due fratelli, mio fratello è morto giovane, si laureò in giurisprudenza, andò là a Firenze col babbo e la mamma, io invece stetti qui coi nonni.  Poi noi si chiuse qui, il nonno era già morto, c’eravamo rimasti io e la nonna, la mamma del babbo, allora lo zio dice “ormai si chiude”.
 Cosa faceva là?
Domenico: allora ero ancora un ragazzo, lavoravo un po’ fuori e un po’ in casa.