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01/08/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Castelvetro
Vittorio Graziano
Vignaiolo  
Lambrusco fermentato in bottiglia
Il trebbiano “murato”  

PARTE 5

Nella vigna

Vittorio: questo è un grappolo di grasparossa piuttosto tipico perché non è molto compatto, è come dovrebbe essere in realtà, quindi è molto significativo; questi sono grappoli più robusti ma io preferisco quell’altro. Questa è un’uva molto particolare anche questa era in estinzione, diciamo volgarmente viene chiamato tarmareina però tarmareina non è il nome del vitigno ma il nome del fenomeno della acinellatura, è sinonimo di tarmareina in dialetto. Questa è una uva che fa solo chicchi piccoli, ovviamente veniva considerata un’uva non redditizia perché qui del peso se ne fa poco, però è un’uva interessante anche questa perché ovviamente diventa molto dolce, ricca di zuccheri e quindi molto interessante da taglio, perché vinificare solo con questa as fa poc. Questi sono i grappoli di grasparossa: questo è più tipico perché ha l’ala diciamo, questo grappolo secondario viene chiamato alo, questo è un clone spargo, l’altezza da terra sono circa 70 centimetri, l’espansione della pianta altrettanto, quindi è obbligata a produrre al di sotto di una certa quantità, diciamo che è predisposta già in partenza a produrre moderatamente. Ecco un’altra tarmareina, questa già comincia a maturare.
 Tu non innaffi mai?
Vittorio: no, ma qui la siccità la sentono le viti giovani, queste sono già viti di 15 anni, hanno già radici profonde.
 Prendono l’acqua giù?
Vittorio: qui ho utilizzato porto innesti come dicevo prima con questa tendenza a spiovente, a radice, la radice ha questa tendenza ad andare giù direttamente quindi l’umidità se la va a cercare…chiaro che annate estreme…. Qui c’è un inerbimento spontaneo; a volte ci metto qualche radicchio così a fine inverno li mangio e sono buonissimi, oppure semino delle leguminose ogni tanto, per l’apporto di azoto, perché le leguminose hanno la proprietà di prendere l’azoto nell’aria e di fissarlo alle radici, per cui faccio questo inerbimento. Non uso concimi chimici, non uso chimica di sintesi, di concimazione, nemmeno negli antiparassitari e in cantina uso solforosa molto limitatamente.
 La solforosa è sempre stata fondamentale?
Vittorio: in una forma o l’altra lo zolfo comunque è di uso.
 Poi c’è nell’uva?
Vittorio: sì, però anche quando bruciavano lo zolfo nelle botti di legno, il legno si impregnava di gas di anidride solforosa, per cui un piccolo apporto c’è sempre stato. Chiaro che è importante l’uso oculato di queste cose, più basso si può stare meglio è, però l’uso della solforosa non è da criminalizzare; se è contenuta, altrimenti si beve meno vino.
 L’apporto delle conoscenze moderne all’enologia ha una qualche sua utilità o potremmo anche farne a meno?
Vittorio: mah, teniamo presente che l’enologia sarebbe una scienza…
O una tecnica quanto meno?
Vittorio: no, non bisogna confondere la scienza con la manipolazione tecnica. Quando l’enologia da scienza diventa eccessiva manipolazione tecnica, non è più una scienza ma è manipolazione tecnica.
 Allora è una questione di scelte anche, c’è chi adotta tecniche esasperate, è una scelta, io sono per la manipolazione limitata del prodotto. Ovviamente lo posso fare se ho un uva buona, se ho l’annata giusta eccetera …Qualcuno confonde l’enologia con tecnica enologica, però è bene precisare ogni tanto…
C’è qualcuno che come te sta facendo questa scelta?
Vittorio: qualcosa comincia a muoversi, ma non è molto diffusa ancora, qualcosa comincia a muovesi ma soprattutto in altre zone, qui da noi siamo ancora in una fase di omologazione, molti piccoli viticoltori si stanno facendo esperienze con le tecniche quelle oramai considerate standard tipo l’industria. Io spero che a un certo punto ci sia un ritorno, un recupero. Oggi siamo in una fase un po’ strana, d’altronde molti piccoli viticoltori hanno avuto un certo successo negli anni scorsi, quindi è difficile che si muovano in altro senso. Però io sono convinto che ci sarà un recupero della tradizione, non tanto per essere tradizionalisti fini a se stessi, quanto perché ogni vigna e ogni viticoltore può dare una personalità particolare al proprio prodotto, questa è la ricchezza che io reputo interessante.
 Quindi tu non usi lieviti selezionati?
Vittorio: no, no, la prima volta che li ho usati devo dire che ho avuto un certo insuccesso, per cui ho smesso subito. Mi ricordo un anno che appunto ho provato questi lieviti selezionati, credo che il mio vino non avesse la stessa personalità, però ho provato, è giusto provare, non è che io sia chiuso a cose..
 E l’idea di selezionare i tuoi lieviti?
Vittorio: ecco, l’idea di selezionare i miei lieviti io non lo posso fare e non intendo farlo a livello scientifico, intendo farlo semplicemente con delle piccole quantità di uva che magari vinifico molto rigorosamente e in cui posso verifi- care o stimare, cercare di comprendere l’andamento dell’annata che stiamo per affrontare. Allora cosa succede, facendo delle piccole vinificazioni io scopro se tutto va bene e utilizzo poi queste piccole parti per fare avviare tutto il resto...è poi anche un test per capire bene se ci sono problemi.
 Questa secondo te era una tecnica anche dei tempi antichi?
Vittorio: mah, io non so se facevano così anche una volta, il problema forse non si pone. Siccome facevano comunque delle piccole vinificazioni, evidentemente scoprivano la botte migliore e la botte meno buona, nella vinificazione contadina non c’erano dei grandi contenitori, tutti tini piccoli, 4-5-10 quintali