HOME PAGE
\ Interviste \ Più viste \ Serafini Germano, Battilani Elisabetta \ Serafini Germano, Battilani Elisabetta \ leggi testo

28/08/2006

Conserve di Verdura/Ortaggi


Documento senza titolo

Montalto, Frazione di Montese 
Dina Rossi 
Rezdora 
Ricette di collina    

PARTE 3

E con il pane che era avanzato si faceva anche la paneda?  
Dina: il pan cotto lo chiamavamo, che poi è quello lì, e il pan cotto lo facevano poi in tanti modi, chi con un po’ di olio, chi con la panna, si faceva un po’ cuocere con acqua e sale e così diventava tenero. 
Le patate poi venivano cucinate in altri modi oltre che nella zuppa?  
Dina: sì, le patate le facevamo lessate, in insalata, magari si metteva un po’ l’odore dell’aglio, però l’insalata di patate si mangiava come secondo; oppure fritte, secche nella padella con lo strutto, o in umido: prima si facevano saltare un po’ nella padella perché prendevano quella crosticina, nella padella si metteva poco poco strutto, a parte si preparava un po’di sughino se c’era un po’ di salsiccia allora diventavano squisite perché si mettevano dentro le patate con questo sughino di salsiccia, allora erano speciali, si mangiavano con le crescenti o anche col pane. Facevano anche le polpette di patate, io però non le ho mai fatte. Al tempo di guerra le patate le mettevamo in mezzo alla farina per fare il pane, per due anni abbiamo fatto questo pane, perché c’era la tessera e ci lasciavano quel poco di grano che spettava ad ogni persona, ma non di più, e allora facevamo un bel tegame di patate lessate e le schiacciavamo in mezzo al pane e si cuoceva nel forno, era un pochino meno buono del pane senza le patate. 
E gli gnocchi di patate?  
Dina: anche, dimenticavo gli gnocchi che sono i più buoni per me e a mio marito non piacciono, mio figlio invece ha preso da me, è così anche mio nipote, quando siamo solo noi tre allora gnocchi a non finire. Si cuociono un chilo di patate … 
Quali sono le patate ideali per fare gli gnocchi?  
Dina: noi abbiamo le patate buone, devono essere di pasta bianca, sono più dure, ci mettono un po’ più di tempo a cuocere ma per il resto, quando le schiaccio sono farinose, sono buonissime, quando le lascio cuocere un bel po’ nella pentola a pressione, adesso si usa, allora non c’era, usavamo la caldarina …Faccio cuocere un chilo di patate e poi ci metto 350 grammi di farina di grano tenero, un uovo, una mezza bustina, questo me lo hanno insegnato ultimamente, e un pizzico di sale. Schiaccio le patate col schiacciapatate, le stempero bene con un cucchiaio che non restino grumi, perché sono bollenti quando sono da pelare, e poi metto l’uovo e comincio a impastare le patate, poi faccio dei rotolini e li taglio tutti a tocchetti, poi dopo li vuoto con le dita, adesso la grattugia è vecchia che non va più bene, ma li facevo così sulla grattugia perché ci vengono i ricamini e mi prendono meglio il sugo. Anche questi qua noi li condivamo sempre con il soffritto, con la pancetta e tutto quanto; da ragazza io non ho mai saputo cosa fosse il sugo di pomodoro, solo perché non lo facevamo: adesso li faccio con il sugo di pomodoro e basta, pomodoro, olio o burro, dipende da uno cosa è abituato a mettere e una grattugiata di parmigiano, allora ci mettevamo il formaggio che chiamavamo secco, quello da grattugiare. 
Quindi voi facevate le conserve?  
Dina: sì, perché allora avevamo molte cose nell’orto, e allora facevamo la conserva con i pomodori. La facevamo un po’ liquidina, adesso la faccio più dura, mia mamma li imbottigliava e prima di metterle nelle bottiglie lei ci metteva un pochino di acido salicilico, alcuni grammi che anche allora ce li dava la bottegaia per tanti chili di conserva, “basta metterci il composto” diceva la mamma e la conserva dura e non farla mai a luna nuova perché dopo spumeggia e ti butta sù i tappi, allora si faceva quando la luna era calante. 
Si passava anche a bagno maria?  
Dina: allora no perché passandola così non c’era bisogno di bagno maria, perché la bottiglia si tappava con l’acido salicilico.
Purché fosse calda?  
Dina: no, anche fredda, purché ci fosse dentro questo composto si conservava. 
Nell’orto oltre ai pomodori cosa altro c’era?  
Dina: avevamo di tutto: aglio, cipolla, sedano, carote, tutto quanto, si facevano poi tante salse con le verdure, i peperoni sotto aceto, la cipolla sotto aceto, quanta ne ho mangiata da bambina… 
Che salse facevate?  
Dina: si faceva la salsa con le cipolle, sedano, carote, anche pomodori acerbi, erano un po’ durettine da digerire però buonissime, si facevano in tanti modi.
L’uovo ce lo metteva?  
Dina: no, non l’ho mai messo, però ho visto qualcuno metterci il chiaro dell’uovo, cotto e tagliato tutto a pezzettini, aggiungerlo alla salsa quando era già fatta. Con l’aceto si faceva bollire un po’, metà vino, metà acqua, un po’ di aceto, in tanti modi. 
E l’olio?  
Dina: l’olio alla fine si metteva, l’olio crudo quando si toglieva che era cotta si metteva l’olio, si mescolava e si metteva via nei vasetti per conservarla. 
Solitamente queste salse si consumavano con la carne, con il lesso?  
Dina: sì, con la carne quando ce n’era, perché ce n’era poca. 
E le marmellate?  
Dina: anche le marmellate facevamo, allora era una cosa che facevano in tutte le case e poi dopo si è persa l’usanza, in dialetto lo chiamavamo il savor che era il sapore. Veniva un uomo con un affare per grattare le mele, noi lo chiamavamo il graton, con una manovella girava, ma quintali di mele perché ce n’erano tante, poi dopo con un paiolo grande così si metteva sul fuoco, ci si metteva dentro questo sugo di mele con un po’ di pere, che erano quelle più adatte.. 
Quali erano queste pere?  
Dina: ma sa, io con i nomi… c’era al per buter che lo chiamavamo noi in dialetto e si mettevano un po’ con il sugo delle mele e al per ursel, ne facevamo dei pezzettini e li mettevamo dentro quando mancava poco per essere fatto, perché doveva bollire un giorno e una notte intera per calare questa roba. La mamma aveva dei pentoloni di terracotta dove ci metteva questa roba, era buono però alla fine bruciava allo stomaco, però in tutte le famiglie facevamo questa roba per utilizzare le mele, c’era anche chi faceva il vino con le mele, che però non era come quello di uva, però lo facevano. 
Qua ce n’erano tante di mele, che mele avevate?  
Dina: ce n’erano tante, c’erano le mele romane, le romane più piccoline che erano più brusche, poi c’erano le romane gentili che erano verdi con un pochino di rossino quando erano mature e quelle erano più dolci, più grosse. Con le mele e le pere facevamo questa cosa qua, invece le marmellate, quelle che poi abbiamo continuato a fare, le facciamo più dure e poi le mettiamo via dentro ai vasetti sotto vuoto o a bagno maria. Io faccio il sottovuoto perché faccio prima, le invaso fin che sono bollenti che mi bruciano le mani, e poi il vasetto lo chiudo, lo metto voltato in giù cinque minuti perché così mi sterilizza il coperchio la marmellata bollente, poi lo torno a raddrizzare, lo metto sotto un panno grosso che tenga molto il caldo, li lascio lì una nottata intera fin che non si raffredda piano piano, poi vedo se c’è qualche vaso che non è chiuso bene, quando provo e si apre allora o la mangi subito la marmellata o torni a fare la stessa procedura di prima. Mi piaceva tanto il savor, lo mangiavo col pane, la sera andavamo con la mia mamma a veglia nella stalla dal contadino del prete che aveva una stalla grande grande, allora nella stalla non c’era quell’odore che c’è adesso negli stalloni, facevano il letto alle mucche con il fogliame che veniva spazzato perché i castagneti andavano tenuti puliti e allora questo fogliame, le felci, l’erica, tutte le cose che tagliavano da sotto gli alberi, poi i contadini li conservano in portici che erano attaccati alla stalla, più grandi della stalla stessa, quando in autunno cominciava un po’ di vento la notte che cadevano le foglie, cosa si faceva? La mattina si andava subito nel castagneto con la mucca e il baroccio a caricare tutte queste cose che si spazzavano e si conservavano in questo che noi chiamavamo il fuier oppure la fuiera e nella stalla dopo non c’era odore sgradevole, perché le mucche venivano tenute con tutto questo letto sotto pulito. Allora quando con la mia mamma andavamo a veglia a giocare a briscola, a scopa o quel che facevamo, e prima di andare a letto dicevamo “mamma ci dai il pane col savor?”, poi col tempo… era una cosa che bruciava lo stomaco perché secondo me così bollita e strabollita non era molto digeribile. Nella colomba che facevamo ci mettevamo in mezzo questo savor. E poi facevano sempre a proposito di marmellate, la marmellata di sambuco, io non sapevo farla ma la mia nonna mi diceva che la mettevano in forno, dopo che l’avevano fatta con la procedura che si fanno le altre marmellate, per farla divenire più dura e la tagliavano a dadini per mangiarla.