25/08/2006
Veterinario
Prignano
Franco Ternelli e Maria Casini
Veterinario e negoziante
La castrazione dei tori – Riproduzione, gravidanza e parto delle
mucche
L’alimentazione degli animali
La vacca bianca modenese
Caseificio e parmigiano
PARTE 2
Io ricordo che c’era un problema quando le mucche mangiavano
la medica che si gonfiavano…
Franco: al tempo dell’autunno succedeva. C’era il coltello per sgonfiare
direttamente la pancia, un coltello con la custodia che rimaneva dentro e faceva
uscire il gas che si era formato. Era una operazione mezza cruenta, ma le mucche
non sentivano niente perché gonfie come erano non riuscivano a respirare.
Delle volte non sempre si arrivava in tempo e si dovevano macellare e vendere
la carne al prezzo di bassa macelleria, si diffondeva la voce e tutti accorrevano,
in quattro e quattr’otto si smaltiva tutto. La macellazione avveniva sul
luogo, allora si usavano mezzi primitivi.
Maria: il contadino uccideva il maiale tutti gli anni, lui ha castrato molti
maiali, cosa che adesso non si fa più, con l’Università e
l’esperienza col padre…
Franco: ho fatto due anni a Pisa, poi c’è stato il fronte di mezzo,
la linea gotica. Io ero di sotto, ho dovuto seguitare a Napoli però per
avere di documenti sono dovuto andare a Pisa con i mezzi di fortuna, son partito
il mercoledì e sono arrivato la domenica, sopra i carri merci pieni di
ghiaia.
Maria: la vita del contadino qui era molto grama. Questa era la strada che portava
su Monte e Montechiaratore, venivano con il latte in spalla, col bastone e due
secchi, e la borsina delle uova. Io che avevo il negozio mi lasciavano
le uova e facevano quel pochino di spesa che non fosse superiore all’importo
delle uova. Il latte lo dovevano portare entro un tal orario, altrimenti si guastava,
lo portavano ai caseifici.
Franco: c’erano 23 caseifici, adesso ce ne sono 3!
Maria: solo qui in paese c’erano 3 caseifici: il caseificio dei Siori,
vicino all’ex farmacia, ce n’era un altro qui nella nostra zona dove
c’è il fabbro, poi uno giù a casa Gherardi che c’era
Caretti a quei tempi. Lì c’era una buona stalla, i Fantini venivano
da lì. Poi c’era Moncerato, 2 a Pescarola, 3 a Montebaranzone, la
frazione più grossa di Prignano. I contadini quando avevano molto avevano
10 bestie, la più grossa era la signora che ci ha venduto il terreno che
ne aveva 20, come anche il signor Silvio: ne avevano 20 nella stalla, tenute
bene, tutte vacche bianche, ma loro avevano il toro per conto suo, erano indipendenti.
Erano mezzadri tutti e due.
Tutti questi caseifici facevano il parmigiano?
Maria: il parmigiano ed era ottimo, qui nella zona di Prignano noi abbiamo il
sole dal mattino alla sera, queste montagne che riparano dalle correnti d’aria.
Fatto sta che una persona anziana come anche i bambini te le mandavano a Prignano
perché se avevano dei problemi… qui a Prignano si trovava bene
e il parmigiano di Prignano e Sassomorello che è un po’ più in
alto prendeva ancora di più perché contava il foraggio delle bestie,
era un foraggio sano.
Mi incuriosiva questo discorso sull’alimentazione degli animali…
Maria: conta molto perché ai maiali i contadini davano la roba loro, granoturco,
orzo… e in autunno davano la ghianda. I bambini, dopo la scuola, andavano
a raccogliere le ghiande e gliele davano intere. La carne con questa alimentazione
era più saporita, come la mucca, dopo che hanno messo sù le pezzate
che facevano molto latte. Ma un contadino abbastanza sveglio mi disse: “dovrebbero
pagare alla resa”, quanto grasso ti dà, come la bianca che ha un
latte più grasso e ti dà una resa maggiore, le pezzate erano più soggette
alla tubercolosi. Lui ne ha avuto la prova quando è stato fatto il risanamento,
nella bianche e nelle montanare non ne trovavano una. La bianca e la montanara
erano buone anche da lavoro, e i contadini che non potevano comprarsi i buoi,
usavano “la vachina muntanera”.
Franco: era podolico, il ceppo originario, si riconosceva perché era più piccola
con il manto grigio, le corna abbastanza sviluppate, più piccola ma resistente,
questo ceppo veniva dal nord.
Non ce ne sono più?
Franco: no, c’è rimasto un po’ della modenese, qui avevamo
una buona zona di bianche, poi è stata abbandonata perché c’era
più la resa che la quantità e si è passati alla olandese.
Le bianche qui a Prignano fino a quando sono sopravvissute?
Maria: fino a vent’anni fa, poi qui Bioli Giovanni li deve avere ancora.
Avrà 100 bestie, lui è '75no dei grossi che è rimasto, come
Macchioni sù al monte, sono stalloni grossi. Come cavalli qui a Prignano
ce ne sono sempre stati pochi, c’era qualche somaro che si utilizzava per
portare il latte al caseificio, diversamente si portava in spalla.
Una volta il veterinario ogni quanto passava a visitare le mucche?
Maria: non passava, lo dovevano chiamare, e poi non c’era il telefono.
I baristi una volta erano quelli che avevano il telefono. Il contadino andava
e diceva: “mi chiami il veterinario?”. Ero io quella che ricevevo
le chiamate, se passava per Pigneto che è molto lontano, dicevo “se
c’è una urgenza mettete un asciugamano alla finestra, se mio marito è in
zona si ferma”. A Moncerato, una borgata di Prignano, anche lì avevo
detto: “mettete una asciugamano”, lì dove c’è il
casaro… allora mio marito si fermava. Lo stipendio nel ’64 era 123
mila lire per un uomo che aveva già 18 anni di servizio e con quattro
figli, se gli si risparmiava 10 chilometri… oltre i soldi di benzina c’era
anche il viaggio da fare.
E una volta il veterinario si spostava a cavallo?
Maria: qui a Prignano c’era il Dottore Berti che andava a cavallo, però facendo
queste strade in salita il cavallo faceva troppa fatica, allora c’era il
cavallo davanti e il dottore di dietro a piedi con il libro in mano. Era uno
studioso. Invece quando è entrato il Dottore Giacobazzi nello stesso periodo
di mio marito loro avevano la moto, la Guzzi tutti e due, e con la Guzzi si andava
un po’ da per tutto.