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01/08/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Vignola
Luigi Ori
Coltivatore
La ciliegia di Vignola: varietà tecniche colturali e sperimentazioni

PARTE 1

Signor Luigi, ci vuole raccontare dove siamo?
Luigi: ci troviamo nell’impresa Mancini, una zona assai vasta che fa parte della valle dei ciliegi. Ha una storia particolare perché qui, 100 anni fa, o forse anche più, è nata la coltivazione dei ciliegi. Io sono un vero vignolese e me ne vanto perché sia i miei bisnonni che i miei nonni, sia da parte di mio papà, che da parte di mia mamma, erano vignolesi e sono stati i primi a cominciare a coltivare il ciliegio in questa grande valle del ciliegio che va da Marano sino a San Cesario, di qua e di là dal fiume Panaro. Tanti anni fa prima che ci fossero i ciliegi era una zona prevalentemente a coltivazione di mais, di granoturco e di canapa. Mia mamma che viveva in una famiglia di 33 componenti diceva sempre che ad un certo punto della stagione tagliavano la canapa, la mettevano a riposo sotto l’acqua, la battevano e poi venivano i concini che facevano le funi per legare i buoi. Il filo che durante l’inverno le donne filavano e con cui ricavavano le lenzuola. Siccome erano in tanti, verso Natale facevano la pcaria, la macellazione di 5 maiali e facevano salcicce, cotechini, salami; tenevano da una parte i prosciutti le pancette e le coppe per la salatura. Era una grande festa e sull’aia facevano una grande tavolata. Il menù era: pancetta sottogola e uova fritte, vino trebbiano frizzante e gnocco fritto. Allora c’erano tanti gelsi tant’è che le donne allevavano il baco da seta.
Tornando alle coltivazioni, oltre ai gelsi cosa c’era?
Luigi: allora vicino ai gelsi c’era la vite maritata che si arrampicava, c’erano i tralci in alcune zone e vi ricavavano il vino trebbiano. Non c’erano gli olmi, erano in prevalenza gelsi perché facevano allevamento del baco da seta che vuole la foglia del gelso. In autunno quando scarseggiava il foraggio le donne andavano a pelare le cime e serviva per l’alimentazione del bestiame. Mio nonno Antonio Ori cominciò subito a coltivare ciliegi. Emigrò in America ma siccome non fece fortuna quando tornò a casa prese in affitto 8 biolche di terra dal Generale Mancini che era il proprietario di tutta questa impresa e cominciò a coltivare ciliegi.
Come mai si scelse questo tipo di coltivazione?
Luigi: i contadini si resero conto che queste coltivazioni estensive di granoturco erano coltivazioni che facevano quasi tutti, anche nella parte alta, e quindi c’era necessità di innovazione. Lui capì che c’era un tipo di frutta che era molto indicata per il tipo di terreno e che si prestava per la coltivazione di questo frutto pregiato (adesso hanno fatto una pubblicazione e l’hanno chiamato addirittura “il frutto del paradiso”). Lui cominciò a piantar ciliegi con il franco, un innesto selvatico. Questo filare di alberi lungo il fiume di mio nonno era costituito da alberi di 12 o 13 metri di altezza che entrano in produzione dopo 12 anni e pur tuttavia negli anni avevano creato la possibilità di avere un reddito che era migliore di quello che si poteva ottenere con la zootecnia.
Ci descriva il terreno?
Luigi: c’è già una diversità di colore, spessore e sapore tra i ciliegi coltivati nella valle del ciliegio e quelli coltivati sopra, nella parte alta. Questo è tutto limo, qua cento anni fa c’era il fiume che arrivava fino alla Via Frignanese. Questo è tutto terreno di riporto del fiume. Qui ad una profondità di un metro e mezzo trova la ghiaia, in tutta la zona trova la ghiaia. Il ciliegio ha bisogno di molta irrigazione e di un terreno drenato. Hanno provato a piantumare ciliegi nella zona della bassa di Modena ma muoiono perché sotto c’è l’acqua. Qua invece c’è lo scolo, il drenaggio. Quindi l’habitat, il clima, il microclima così definito, è unico della valle del ciliegio di questa zona.
Ci precisi com’è il clima?
Luigi: il clima è mite ed è adatto al ciliegio.
Lei ha qualche aneddoto particolare da raccontarci legato all’esperienza della sua famiglia?
Luigi: questi grandi alberi producevano quantità enormi di ciliegie. Io ho avuto un albero di ciliegio Mora, Moretta, dal quale ho raccolto 6 quintali di ciliegie. Un mio vicino ne ha raccolti 9 quintali. Ricordo che un anno questo albero di more era pieno zeppo. La mora è la prima ciliegia che si raccoglie ed è la più saporita pur essendo tenerina. Vignola ha acquisito il nome di paese delle ciliegie partendo da questa varietà, poi ne sono venute anche altre. Eravamo in 7 raccoglitori con scale di 12 13 metri, si cominciava alle 5 del mattino e si finiva verso sera. Alla sera avevamo raccolto 6 quintali di ciliegie. Alle 8 del mattino si faceva una sosta, una grande tavolata sotto l’albero. La mamma portava il gnocco fritto, salame, parmigiano reggiano e vino frizzante bianco. A mezzogiorno si faceva un’altra piccola sosta e si dormiva 10 minuti sotto l’albero sopra un sacco di tela. E si finiva la sera.