19/07/2006
Agricoltura
Marzaglia
Giovanni e Adalgisa Sghedoni
Agricoltori
Varietà di frumento – La farina – Vite, vino e aceto – Razze
animali – Vite maritata all’olmo – Canti contadini – Ricette
PARTE 1
Giovanni, da quanti anni fa l’agricoltore?
Giovanni: direi da prima di nascere… siamo sempre andati in campagna,
abbiamo iniziato a undici anni.
Adalgisa: lui è venuto a casa dalla quinta elementare con la zappa in
mano.
Giovanni: a undici anni abbiamo iniziato e sono 64-65 anni perché io ho
compiuto gli 80.
Adalgisa: lui è del 1927.
Quanti eravate in famiglia?
Giovanni: oh… il papà aveva sei fratelli… quando io avevo
11 anni, il papà aveva sei fratelli, con due o tre figli l’uno,
fai presto… eravamo poi in due case, comunque la famiglia era una sola.
Ci parla delle colture di una volta?
Giovanni: le colture di una volta erano di tre tipi: latte, uva e grano. Non è mica
come oggi, che invece di fare tre di latte, tre di uva e due di grano, adesso
fanno mille di una qualità sola, e se va male un mercato sei rovinato.
Invece allora dicevano che per vivere bene ci volevano tre tipi di raccolto perché uno
va sempre male e con gli altri recuperi.
Si ricorda che tipi di grano si seminavano?
Giovanni: il tipo di grano unico era il mentana, e c’era il taiulon
nel granon.
Adalgisa: nel granoturco.
Giovanni: i tipi di grano erano quelli lì. Dopo, poi, venne che si doveva
tagliare il grano senza la falce, allora mettevano dei frumenti più corti.
Quali erano?
Giovanni: allora venne fuori anche il Tevere, ch’era alto anche
lui, allora dopo siamo andati con degli altri tipi di frumento, ma i nomi non
me li ricordo adesso.
Quand’è che si passa da un tipo di frumento all’altro?
Adalgisa: dopo gli anni ’50-’60 si è cominciato con le altre
varietà.
Oltre al grano, anche il mais si metteva?
Giovanni: sì, era meno che dalle vostre parti, il mais, andava di più a
Cremona che qui da noi perché qui da noi andava più l’uva
e il latte e il frumento.
Cosa altro si seminava?
Adalgisa: c’era frutta; noi poca ma in quell’azienda lì invece
c’erano mele, pere, ciliegie…
Giovanni: ma noi qui non ne abbiamo mai avuto.
Adalgisa: solo per il bisogno della famiglia.
E che frutta si trovava allora?
Adalgisa: le mele renette, la mela di San Giovanni che era molto grossa, rossa
molto dolce e saporita.
Giovanni: al pom fer.
Adalgisa: la mela ferro e una mela d’inverno mentre la mela di San Giovanni
era una mela d’estate.
Giovanni: qui c’era un terreno, di 70-80 biolche tutto a frutta.
Adalgisa: lì dalla Norma c’erano i ciliegi, la vignolese, quella
ciliegia nera, le marasche, le visciole, le amarene, c’erano i pir
garofan par esempi, il pir di San Giovanni.
Giovanni: c’erano tutti altri tipi di pera, adesso si vuole una
pera grossa invece allora erano tutte perettine grandi poco più di un
pomodoro, c’erano i pir ad San Svan che erano piccoli.
Com’erano quelli?
Adalgisa: erano piccoli, lunghi, gialli e rosa. Erano maturi adesso.
Quelli si mangiavano così o si cuocevano pure?
Adalgisa: si mangiavano così, oppure si facevano le marmellate.
Giovanni: ah ma si vendeva tutto allora, veniva la gente per una pianta o due.
Adalgisa: allora c’erano i commercianti che venivano in campagna, raccoglievano
la frutta loro.
Giovanni: anche per una pianta venivano.
Adalgisa: e poi la andavano a vendere. Mio padre, per esempio, noi facevamo gli
ortolani, andava a Scandiano a vendere le verze d’autunno, i pomodori di
questi giorni. Si faceva così allora, col cavallo.
Ritornando al grano, una volta raccolto cosa si faceva?
Giovanni: ah, beh, quello andava poi al mulino, si teneva quel tanto per fare
la nostra farina, as mandeva do volte a l’an. Si macinava appena
prima di mietere e, per Natale, si macinava poi si metteva in un cassone, perché questa
farina stava bene anche due o tre mesi macinata. Se tu mettevi questa farina,
la stringevi con le mani un pochino, potevi fare anche da frigo perché il
formaggio, le uova si mettevano dentro nella farina. Rimaneva fresca, era come
un sottovuoto questa farina.
Adalgisa: nella sua famiglia c’era un cassone lungo due metri largo un
metro.
Giovanni: eh si!
Adalgisa: allora macinavamo due volte all’anno la farina integrale, ben
pressata. Lì dentro mio suocero comprava una forma di formaggio, ci faceva
quattro parti, una la teneva fuori da usare, quelle altre pressate sotto la farina
rimanevano come sotto vuoto.
Così quindi si conservava il formaggio?
Adalgisa: sì, fin che durava. Dopo si comprava una altra forma, si faceva
sempre così, non c’erano i frigo, non c’era il sottovuoto,
non c’erano tutte queste cose.
I salami, invece, come si conservavano?
Giovanni: i salam? in centra, sotto la cenere!
Adalgisa: avvolti in una carta gialla sotto la cenere.
Dove si mettevano?
Giovanni: dentro a una cassa.
Quindi non venivano appesi?
Giovanni: appesi fino a che non sudassero, quando stavano per sudare volevano
tolti.
Quindi, fino a quando restavano appesi?
Giovanni: beh, fino verso Pasqua, prima che venisse il caldo.
Si ricorda quando ha cominciato a usare la chimica in agricoltura?
Giovanni: la chimica noi non la usiamo neanche…
Adalgisa: noi ricordiamo quando si dava solo il verde rame e la calce naturale,
che aiutava il verde rame ad attaccarsi alle foglie.
Giovanni: non ci ricordiamo, so che c’era un confinante che dava l’acqua
due o tre volte, ne dava poca però anche salvandola l’uva era brutta.
Adalgisa: c’è anche da dire che noi siamo in una zona molto nebbiosa.
Io vengo dal Reggiano, ai piedi della montagna c’è meno nebbia.
Allora la roba si salvava molto meglio. Dopo sono venute su le fabbriche e tutti
questi fumi, allora è diventato impegnativo molto anche là. Questa è una
zona nebbiosa, per questo se non sono protette le foglie si ammalano.
Nella stalla che tipi d’animali c’erano?
Giovanni: allora c’era una base di una quarantina di capi.
Adalgisa: abbiamo avuto anc sedas vac da munsar eh…
Giovanni: beh na quarantina.
Che vacche c’erano?
Giovanni: io ricordo ancora la modenese, la bianca. Poi, dopo, avevamo fatto
un incrocio che erano tutte bastarde col maschio olandese e la nostra modenese.
Siamo partiti con questi incroci perché la modenese aveva più salute
però rendeva meno.
Quanto rendeva?
Giovanni: alora na vaca ad quindas sedas chilo l’era an tesor.
Adalgisa: adesso invece bisogna andare dai 25 in su.
Giovanni: quella bestia là era più proporzionata al momento, al
momento perché ci voleva anche il tiro, lavoravano anche le mucche… areven,
bghevem, semnevan col vac.
Quindi non c’era distinzione tra vacche da latte e vacche da
traino?
Giovanni: ah si capisce, questa che l’è roba da alevament…
Adalgisa: no, c’era chi faceva quei sedici, diciassette litri ma era più debole.
Non si poteva usare a tirare. Invece quelle che usavamo da tiro, quando aveva
fatto una base di dieci litri …
Giovanni: oh… l’era bela.
Adalgisa: però lavorava la terra e faceva dieci litri di latte al giorno.
Fino a che anni si sono allevate le bianche modenesi?
Giovanni: del ’40 abbiamo incominciato a mischiare il sangue. Paola: la
resa così è aumentata.
Giovanni: sì, la resa è aumentata, però se dovessi fare
quello che avevamo bisogno di fare quando avevamo la modenese non avresti rimediato…
Adalgisa: perché sono più deboli. Noi, del ’53, abbiamo preso
il primo trattorin, allora usavamo quel trattorino piccolo lì che
andeva ben, anche trainare a casa il fieno…
Giovanni: andavamo a dar l’acqua, stavamo in campagna una giornata cun
sti poveri besti…
Adalgisa: tutti questi pizzicotti… allora ci voleva uno a darci via le
mosche.
Giovanni: oh pureine i gh’evan da lavurar, siamo andati fino a
90 mattine a fare l’aratura.
Adalgisa: perché si alzavano alle quattro del mattino.
Giovanni: il babbo ci alzava alle quattro, alle cinque e qualche cosa erum
bela là in campagna.
Adalgisa: ci davano qualcosa da mangiare prima.