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05/09/2006

Caseificio


Documento senza titolo

Savignano sul Panaro 
Enzo Gavioli 
Battitore di forme di Parmigiano Reggiano    

PARTE 2

Ci vuole spiegare quali sono queste cose che danno valore in più al prodotto?  
Enzo: quello di sapere latte buono e prendere delle mucche valide, del terreno valido, mica comprar quei foraggi che vengono in mezzo ai frutteti, lì non va bene, ci sono dei parassiti e “a un bèil mumèint” la mucca li mangia e il latte non è più a posto.
  Secondo lei a cosa è imputabile la crisi del parmigiano reggiano?  
Enzo: a fare questo prodotto bisogna essere leali, non è un prodotto solo di capriccio, è un prodotto che continua a vivere centinaia di famiglie e solo noi possiamo farlo, non c’è l’America, non c’è la Russia, niente da fare: a tavola ci vuole un prodotto leale che sia capace di costruire il fisico...  me a m’al costruéss mè, al dutòr a-m manda a ciamèr e al dis “pèr dedlè?”… “pèr dedlè a fagh quàll ca pos” lò al fa meno che mè, al gh ha ‘na panza cl’è acsè.
 ” A un certo punto poi con gli anni sono nati i caseifici sociali, quando sono nati?  
Enzo: dal ’23-’24 quand a gh éra Mussolini, allora lui cedeva non lo dico per politica e via di seguito, ma ha avuto dei punti: per me è stato costruito il lavoro, premiava, dovevo partecipare a Roma nel 1941 con una forma di 80 chili, è venuto per fino il casaro del Conte di Carobbio di San Felice… 
Con l’espansione dei caseifici sociali cosa è cambiato?  
Enzo: è cambiato molto… bisogna coltivare come as dèv i lavór…; il formaggio vuol fatto cantare éd Pavarotti a gh n’è sól un… Noi abbiamo fatto dei passi indietro e mi dispiace per chi rimane… è un cambiamento che non dà vita e come se adesso dovessi portare un quintale: a vagh pèr tèra… è questo il ragionamento, non è un ragionamento progressivo per la manodopera e via di seguito.
  Lei ha consigliato il parmigiano per scopi curativi?  
Enzo: le racconto un particolare: a vagh in cal cafè lè, a gh éra in tre-quàter surèli menga gnanch brótti a dir la veritê ah...  la dis “Gavioli a gh avrévv éd bisàgn, am vól un piasér, le bimbe non stanno bene con l’intestino a sî furtunèda cla gh ho me, però nuèter a fàm un cambio merce …ah.. ah” a gh ho dê al furmài e le bambine dopo otto giorni i én stèdi bèin, in gh han piò gnint, adèsa i èn bèli e grandi e bonanòt sunadór … 
Ho sentito dire che un tempo le forme si stagionavano per molto tempo, non solo per 24-36 mesi ma anche diversi anni di stagionatura.
Enzo: beh, diversi anni ci vuole un formaggio lavorato dolce e anche l’ambiente adatto, io lo posso fare a tre anni; l’ha fatto anche un mio amico ma non ha scelto bene perché il formaggio è un corpo vivo, non è un formaggio che tótt i én bòun éd fèrel, si impasta e l’è bele finìda… no! A gh vin di balòun che a-n s’magna gnanch e l’è bele finida, alóra questo corpo bisogna mantenerlo dei limiti dovuti.
  Ho sentito dire di forme che si stagionano cinque anni, anche dieci anni.
Enzo: no, no, non più di tre anni, può andare a vivere nell’ambiente giusto sotterraneo che ha una temperatura più dolce e meno sfruttamento, quando c’è meno sfruttamento lavora ma rimane attuale, bianco, di colore o paglierino, per vivere a gh vól l’ambiente adatto e non con delle caratteristiche per dire “sól c’al sia scèlt al furmài, al vól menga sól scelt, al vól” buono da mangiare.