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22/08/2006

Commercio


Documento senza titolo

Pievepelago
Pierluigi Galli
Macellaio  

PARTE 1

Quanti anni ha?
Pierluigi: ho 79 anni.
 È sempre vissuto qui a Pieve?
Pierluigi: sì, sempre qui e ho fatto il macellaio fino a quattordici anni fa, poi sono andato in pensione.
 Ho ceduto tutto e adesso faccio il pensionato e sto dietro ai miei nipoti. Ne ho cinque, ma ce n’è uno che ha particolarmente bisogno.
 Per quanti anni ha fatto il mestiere del macellaio?
Pierluigi: sempre, lo facevo con mio papà dagli anni prima della guerra, ho cominciato, si faceva tutto noialtri. Compravamo, macellavamo, vendevamo…
Avevate anche voi qualche allevamento?
Pierluigi: no, come allevamento non avevamo niente, non lo abbiamo mai fatto. Non siamo andati mai fuori, ne avevamo abbastanza dietro quello, difatti in quel momento poi che Pieve è cresciuta c’erano gli alberghi da servire. Non c’erano tutte queste ditte che venivano a portare carne da fuori, dovevamo noi fornire gli alberghi, le colonie, tutto, quindi c’era da lavorare anche troppo e non potevamo darci all’allevamento, dovevamo comperare tutto.
 Anche suo padre quindi aveva fatto il suo mestiere?
Pierluigi: sì, anche mio nonno, mio papà l’ha fatto fino agli anni ’70 poi è andato in pensione, io e mio fratello eravamo già abbastanza grandini per portare avanti.
 E anche suo padre ha sempre comperato la carne?
Pierluigi: sempre comperato anche mio padre.
 Dove comperavate la carne?
Pierluigi: andavamo in campagna oppure al mercato a Modena, bisognava scegliere e saper scegliere perché dappertutto non c’era la roba adatta.
 La macellazione invece dove si faceva?
Pierluigi: la facevamo noi qui a Pieve, c’è stato un periodo in cui si macellavano molti capi grossi la settimana, 10 vitelli che erano piccoli, agnelli, pollame lo prendevamo già fatto ma il resto lo facevamo tutto noi altri, pastori ce n’erano, si faceva un po’ di tutto.
 La sua famiglia uccideva quindi diversi animali?
Pierluigi: bovini, suini, d’inverno si faceva un po’ di lavorazione del maiale, insomma si tirava avanti bene.
 Anche pecore?
Pierluigi: pecore no, solo agnelli piuttosto piccoli, un po’ alla romana, li chiamavano gli abbacchi a Roma, agnelli un po’ piccoli, giovani, 10-15 kg vivi.
 Che razze di bovini c’erano?
Pierluigi: qui una volta c’era la montanara. Una bestia leggera, mica tanto pesante, era una bestia non tanto in carne, ci voleva un occhio speciale dell’allevatore per allevare un vitello adatto per farla diventare una buona vacca o un buon toro. Allora facevano quello che potevano, quello che non andava bene si infilava via, la davamo ai commercianti che la portavano a Modena da scarto, se no quando si aveva proprio bisogno il lunedì mio papà andava a Modena, dopo poi ci andavo io e si comprava un capo o due secondo le necessità.
 Le prime mucche quindi sono state quelle montanare?
Pierluigi: prima era la montanara, la nostrana, una bestia sottile, poca carne, buon latte però poco, poi c’è stato un cambiamento anche negli allevamenti che hanno preso la bruna alpina.
 Questo quando?
Pierluigi: è avvenuto negli anni ’60-’70, anche lì ci volevano quelli che se ne intendevano a comprare però i vitelli che prima erano di 60-70 kg di due mesi, hanno cominciato ad essere di 100 kg, 120.
 Quindi andavamo molto meglio anche noi, poi c’era più latte e sono nati i caseifici, i contadini hanno trasformato un bel po’ il capitale. Noi ci tornava bene perché si incominciava a comperare qualcosa di più adatto, perché ci voleva quella più giovane, magari quella vacca che faceva poco latte, allora la ingrassavano e la vendevano. Delle volte si diceva la vacca, ma la vacca delle volte è meglio del maschio, il maschio andava bene quando era castrato, quando era molto giovane, di 20 mesi, invece la vacca poteva avere 5-6 anni e andava benissimo purché fosse matura, buona.
 La bianca qua l’avete trattata voi?
Pierluigi: ne abbiamo macellate tante perché ce le portavano da Modena, più che altro maschi, era una carne buona anche quella, sottile, non erano belle rotonde ma era una carne buona. Qui da poi però si allevava soltanto la bruna alpina. A causa del latte poi hanno cominciato a tenere le olandesi, quelle bianche e nere che non aveva carne addosso, era più da sfruttare per il latte. Quindi per noi bisognava orientarsi da altre parti, solitamente si andava a comperare a Modena o in giro, facevamo il mercato di Firenze perché è molto comodo per noi, quando era primavera che con poco si stava in bottega, avevamo sempre 7-8 vitelli in più tutte le settimane, li macellavamo e li portavamo a Firenze al mercato, in magazzino, morti, poi davamo via tutta la frattaglia perché qui non se ne ven- deva un granché, perché i fegati erano tanti, erano tante le teste; le trippe le portavamo a un trippaio, le budella, tutto portavamo là, a Firenze c’erano tre ditte grosse che raccoglievano quella roba lì.
 Dove era il mercato?
Pierluigi: il mercato a Firenze era a Rifredi, vicino all’ospedale di Careggi, da quelle parti, la via che va verso Prato, ci si arriva bene per noi altri.
 Ci racconta un po’ della figura del mercante?
Pierluigi: era qualcosa di bello, con una stretta di mano si combinava e non si cambiava più. Quando si diceva si doveva essere quello, anche a Firenze e anche a Modena specialmente. Noi conoscevamo qualche negoziante grosso che ci forniva, io ero ragazzo, avevo un po’ di timore andar giù, invece potevo andare come volevo perché mi diceva va da tuo padre che ci pensa lui – va bene, prendi quella lì, pesala e portala a casa”. A Firenze era più pittoresco il mercato, almeno per me, i toscani era della gente strana, buffa.
 Quindi si comperavano le bestie nel momento in cui si doveva macellare?
Pierluigi: sì, noi compravamo la bestia poi dicevamo “la veniamo a prendere martedì”, allora avevamo dei frigo piccoli, delle volte se ce n’erano due se ne macellava una un giorno e una dopo due giorni; dopo ci siamo attrezzati di più.
 Una volta come si faceva a conservare la carne?
Pierluigi: sempre in frigo, ai tempi dei tipi io mi ricordo che in cantina avevamo come un gabbione, portavamo giù e facevamo con dei teli, c’era tutta la rete che non ci andassero le mosche, era una protezione, era un pochettino più fresco lì sotto. Mi ricordo che del ’34 i muratori stavano facendo in bottega il frigo, poi dopo andavano bene però era sempre piccolo. Io sono venuto sù che c’erano già altre comodità; all’epoca di mio padre invece macellavano il venerdì, dal sabato alla domenica si vendeva tutto, lunedì era mercato, rimaneva poco in bottega.
 Come viene macellato un animale?
Pierluigi: avevamo comprato una pistola se no prima si roncava qui dietro, ci si dava un colpo.
 Con che cosa?
Pierluigi: con uno scopino lo chiamavamo, un coltello tagliente da due parti. O facevamo così oppure si dava un colpo: bisognava andare dritti se no la bestia poteva anche imbizzarrirsi, poi quando era per terra la dissanguavamo; adesso invece è tutto diverso.
 Veniva dissanguata, e poi?
Pierluigi: la pelavamo.
 Veniva appesa?
Pierluigi: la appendevamo sù, tiravamo fuori tutta la trippa, budella, tutte le cose, poi si spaccava, alla sera quando avevamo finito si portava a casa.
 Quali sono i tagli?
Pierluigi: nel mattatoio facevamo due mezzane, e anche in frigo mettevamo due mezzane, se no facevamo quattro quarti: l’anteriore e il posteriore e poi via via che ne avevamo bisogno tiravamo fuori un quarto. Si facevano i pezzi: davanti si staccava la spalla, il collo, il petto, e si vendevano in vari tagli per il brodo. Allora la gente veniva in bottega tutto il sabato perché una volta quando facevano da mangiare la gente faceva durare la cucina una mattinata intera con le stufe, le cucine economiche le accendevano al mattino. Mi ricordo anche in casa, si metteva sù il brodo che stava sù tutto il giorno e stava sù fino a mezzogiorno, oppure anche quando facevano i ragù ci volevano tre ore, sempre a fuoco lento. La vendita era più che altro il sabato, qualche volta si anticipava il venerdì perché la domenica volevano la roba in casa per fare da mangiare, perché dopo non c’era più tempo, o fare da mangiare o fare la spesa, quindi il sabato la spesa e la domenica a fare da mangiare. La carne la mangiavano una volta alla settimana o due.
 I vostri acquirenti erano quindi gente del paese?
Pierluigi: tutti, anche qualcuno dei dintorni, c’erano due macellerie qui a Pieve, ce n’erano un paio a Fiumalbo, una a Riolunato, dopo è venuta fuori a Sant’Anna, Sant’Andrea, di qua e di là, tutte hanno fatto qualcosa ma non erano alla portata nostra, adesso lavorano anche adesso hanno dovuto fare il mattatoio nuovo.
 Adesso c’è sempre qualcuno della sua famiglia?
Pierluigi: sì, io ho ceduto a mio fratello del ’92, compiuto i 65 anni sono andato in pensione; lui aveva due ragazzi che non facevano niente, il mio faceva il tipografo ed è andato a finire a Firenze, aveva la tipografia a Pieve poi si è sposato e si è trasferito. Hanno fatto il mattatoio anche loro, macellano sì con la pistola, poi l’appendono subito, ci tagliano la testa direttamente e fanno tutto d’appeso: scuoiatura, la tagliano metà, e la mettono in frigo.
 Una volta, invece?
Pierluigi: si metteva per terra con la pelle, poi si cominciava a pelare la parte che era in alto, poi si tirava sù e si finiva da pelare da appesa. Era poi una cosa abbastanza igienica e pulita, adesso poi mattonelle dappertutto, tutto in acciaio inossidabile.
 Del bovino, per esempio, cosa si buttava?
Pierluigi: niente perché tutta la trippa e le budella, adesso c’è una ditta che raccoglie il sego, la trippa, le budella, il sangue che va tenuto da solo si raccoglie, e portano via tutta quella roba lì.
 Ma allora?
Pierluigi: ci avevamo vicino un letamaio dove si buttava le trippe, quando si andava a Firenze però si portavano. Chi aveva il maiale le veniva a prendere, poi le cuoceva e le dava da mangiare al maiale, c’erano due o tre che venivano sempre.
 Voi le mangiavate le trippe?
Pierluigi: sì, quando c’era la bestia giovane che venivano bene anche come pelatura, perché andavano vuotate cercando di tenerle pulite perché se si sporcano dopo… poi con l’acqua bollente e sfreddata, tirato via il bollore, si mettevano nell’acqua fino a quando si spellavano. Venivano bianche come quella carta lì, belle pulite. Le vendevamo così crude, poi la gente le lessava, adesso invece si comprano già lessate, cotte. Ci sono i trippai che fanno tutto quel lavoro lì. Non tutte le volte, poi le pelavamo; c’era un mio zio che era bravo e lo faceva sempre, a me non piaceva mica.
 In macelleria da voi che carne si trovava?
Pierluigi: i bovini di tutti i tagli, li avevamo tutti fuori, quelli più pregiati che erano quelli che andavano via di più, poi col tempo le cosce si fa per dire, le bistecche, proprio nella fiorentina. Specialmente d’estate ce n’era una vendita, allora dovevamo rifornirci e andavamo giù.