13/09/2006
Cucina
Riolunato
Giordana Contri e Adele Manfredini Rezdore
Piatti a base di castagne: i menni, i ciacci, le frittelle, la minestra,
la torta
L’abbandono dei borghi negli anni ‘60
PARTE 2
Ora prepariamo i ciacci. Si setaccia sempre la farina di castagne, questo
era un alimento che chi andava a pascolare le mucche lo metteva nella bisaccia
perché si poteva mangiare anche freddo.
Adele: gli ingredienti sono: farina e acqua, un uovo e un pizzico di sale.
Giordana: questo non si fa cuocere come il Menno.
Quanta farina c’è in questo impasto?
Giordana: tre etti di farina.
Tre etti di farina ogni uovo?
Giordana: un uovo è stato anche troppo per questo qui.
Quindi le dosi sono un uovo e quanta farina?
Adele: anche due kg di farina.
Man mano aggiunge acqua?
Giordana: sì, qui si fa un impasto un pochino più sostenuto del
Menno.
Bisogna mescolare bene?
Adele: certo, così non vengono i grumi.
Giordana: qui abbiamo le cotte, sono due piastre di ferro che si fanno scaldare
sul fuoco, ungiamo la cotta con olio e una patata in modo che non si attacchi.
Avete usato sempre questo sistema?
Giordana: una volta si usava la cotica, la cotenna del maiale del prosciutto
che oggi non si usa più.
Ungiamo l’altra cotta, quella che è più calda perché è rimasta
più a lungo sul fuoco, e schiacciamo un po’ sull’altra dove
abbiamo messo l’impasto e lasciamo cuocere.
I ciacci una volta quando si preparavano?
Giordana: solitamente alla mattina, prima che si partisse per portare le mucche
al pascolo, spesso questo era il pranzo del mezzogiorno con un po’ di formaggio
ma anche la frittata. Mi ricordo che quando andavo a scuola la mia nonna mi faceva
un ciaccio con dentro un pezzettino di frittata, poi si chiude in quattro e quella
era la colazione.
Voi siete originarie di Riolunato? Siete sempre vissute qui
o in qualche borgata qui vicino?
Giordana: Adele in paese, io invece in una borgata in cima in cima, ai piedi
del Cimone.
Come si chiamava?
Giordana: casa del Rosso, poi le scuole le avevamo lassù.
Chi era il rosso?
Giordana: sembra che fosse un brigante scappato da Milano, della famiglia dei
Contri che si era trasferito qua.
Il ciaccio ora lo giriamo, adesso la cotta più calda è quella
di sotto, li cuociamo un altro po’.
Li fate ancora a casa vostra i ciacci?
Giordana: sì.
Lo spessore come deve essere?
Giordana: un po’ più sottile di quello che abbiamo fatto adesso,
tipo il borlengo. Nel nostro caso non si è squagliato bene perché la
colla era un po’ troppo dura, dovrebbe un po’ correre nella cotta
quando si appoggia quella sopra. Ecco, questo è pronto.
A questo punto Adele viene messa la ricotta?
Adele: sì.
La ricotta di pecora?
Giordana: di pecora o di mucca, a seconda di quello che c’è. Una
volta c’erano le pecore, mio papà ha fatto il pastore venticinque
anni.
Adele: ora il ciaccio si arrotola e si mangia.
Giordana: facciamo un altro ciaccio e ri-ungiamo la cotta.
Quanto impasto mette per fare un ciaccio?
Giordana: un mescolino, comunque sempre tutto a occhio.
È l’unico modo che si usa quello di mangiare i
ciacci con la ricotta?
Giordana: eh sì.
Con la cunza invece?
Giordana: è per il borlengo, piatto tipico anche quello, fatto con la
farina di pane e la cunza viene fatto con lardo, rosmarino, aglio e
parmigiano.
Però i ciacci non si condiscono con la cunza?
Giordana: no.
Si girano una volta solamente i ciacci?
Giordana: dipende soprattutto dal calore della cotta …il secondo è più bello.
Quanti minuti di cottura occorrono?
Giordana: cinque ma anche meno, tre, non deve essere bruciato.
Questo è un piatto che hanno sempre preparato le donne?
Giordana: sì.
Ma le cotte sono pesanti!
Giordana: eh sì, poi dipende dalle cotte, in tutte le famiglie ne esistono
almeno un paio.
Ma c’è differenza tra una cotta e l’altra,
lei queste per esempio come le trova?
Giordana: sono abbastanza pesantine, hanno più di cent’anni quindi
sono una cosa che dura.
Si ereditavano?
Giordana: eh sì.
Giordana, il ciaccio è pronto?
Giordana: sì, adesso Adele mette la ricotta e lo chiude a spicchi.
Meglio mangiarli caldi?
Giordana: eh sì.
Ci diceva Adele che il borgo di Lezza come tanti altri è stato
abbandonato?
Adele: eh sì, di case ce ne erano diverse, è stata una desolazione
arrivare là e trovarle tutte giù.
Qua attorno quante borgate c’erano?
Adele: tante, magari un casolare solo però ogni casolare aveva un suo
nome, nella casa di mio marito erano diciotto fratelli, i genitori e i nonni,
la loro casa adesso è abbandonata.
Giordana: siamo stati anche noi in 18 in famiglia, quando andavo a scuola nella
borgata di Frassineto c’erano due maestre e si andava a scuola sia la mattina
che il pomeriggio perché c’erano le varie classe.
Adesso non c’è più nessuno, quella borgata lì dalla
Lezza, Vallorsara, Casa del Rosso, Casa Contri, Casa Grande vivono due persone.