11/09/2006
Cucina
Pievepelago
Nella Ricci
Rezdora
Preparazione del coniglio all’aceto balsamico e dei borlenghi
Trota con le bietole, ciacci e necci
PARTE 3
Qui sopra la tavola abbiamo anche altre cose, il pesto…
Nella: questo è il tipico pesto che si usa per le crescentine fatte con
le tigelle montanare, tra l’altro mi dispiace sempre citare Acquaria visto
che siamo a Pievepelago però Acquaria è il posto dove le fanno
proprio, c’è una località chiamata Terra Rossa dove c’è un
casolare chiamato Pradigò dove una volta c’era un uomo che proprio
le faceva lui con la fornace. Quelle si chiamano tigelle e il prodotto crescentina,
poi nell’uso comune del linguaggio si dice tigella per indicare il prodotto
e viene usato questo pesto con del formaggio grattugiato, si usa anche per fare
i borlenghi montanari. Queste sono le tipiche cotte per fare i borlenghi montanari,
credo che queste cotte abbiano cento anni, ormai sono vecchie e corrose dal fuoco,
i miei le hanno comprate nuove ma io continuo a usare queste vecchie. Il borlengo
di cui parlo non è quello di Zocca, quello è diverso: questo è il
borlengo della povera gente, ecco, viene fatto con una colla di acqua, farina
e un po’ di sale.
Però abbastanza densa lei la fa?
Nella: uno sceglie, se vuole ci può mettere anche un pizzico di latte,
a volte si fa densa a volte anche meno densa, però densa dà più la
sicurezza del risultato.
Perché non è facilissimo farli?
Nella: no, non è facilissimo.
Questi sono i borlenghi del Frignano?
Nella: a Montecreto li chiamano i ciac unt qui li chiamano borlenghi
e con lo stesso sistema si fanno i necci che sono fatti con la farina di castagne;
mi ricordo che le mie zie qui d’estate facevano questi necci e ci mettevano
dentro della ricotta, c’è chi ci mette dentro della panna ma loro
ci mettevano la ricotta. Poi ci sono i menni, che è una polentina di castagne
morbida dentro la quale si rovesciava un bicchiere di panna. Era un’usanza
molto consolidata, adesso purtroppo non riusciamo più a digerirla la farina
di castagne.
Come si fa a capire quando le cotte sono pronte?
Nella: col dito, quello è il fumo delle cotenne passate, di solito si
dice sempre che il primo borlengo va gettato via. Si prende la cotenna del prosciutto,
si sfrega bene in modo da ungere; è molto faticoso per chi sta hai fornelli,
pensi che una volta i montanari si riunivano intorno al camino poi c’era
la donna che faceva il borlengo. Ho anche il mio sasso, bisogna essere veloci…
Schiacciarli un po’ è meglio?
Nella: sì, ecco vede, siamo stati fortunati, è venuto abbastanza
bene.
Sa di che materiale sono le cotte?
Nella: di ferro… ecco qua, si prende, questo è venuto un po’ morbido,
ci si mette il pesto il formaggio grattugiato, si piega e si mangia. Questo è il
borlengo montanaro del Frignano.
Cos’è questo?
Nella: questo è latte di gallina, ce l’ha regalato una nostra amica.
A Pievepelago lo fanno, è un liquore a bassa gradazione alcolica ed è molto
gradevole, assomiglia al vov. Sono ottime le marmellate che vengono fatte con
le more, con i frutti locali. Questo libricino è stato stampato diversi
anni fa ed è stato promosso dal gruppo naturalistico modenese, contiene
tante ricette di liquori, di pietanze, un libricino simile a quello è stato
anche pubblicato dalla signora Scaglioni, la presidentessa del gruppo delle Fornelle:
si tratta di un gruppo di signore molto esperte in cucina che si riuniscono ogni
tanto.
Qual è il loro scopo? Conservare la cucina modenese?
Nella:amano la gastronomia, lo scopo è questo.
Quali sono secondo lei le differenze tra la cucina modenese e quella
di Pievepelago?
Nella:delle differenze ce ne sono, la cucina modenese è una cucina prettamente
emiliana, grassa, saporita, buona, squisita. Qua diciamo che è nata con
l’utilizzo di prodotti del luogo, la cucina montanara è un pochino
più aromatica, mi ricordo che mia suocera faceva un minestrone particolare
molto buono, adesso non me lo ricordo bene, dovrei andare a vedere sul mio libro
di ricetta che ho a Modena, però era diverso da quello modenese; anche
i tortelloni di ricotta mi ricordo che lei li faceva in un modo che avevano un
profumo che li differenziava da quelli della bassa.
C’è anche qualcuno che a Modena ha cercato di riscoprire
la cucina estense?
Nella: so che è stato fatto, io stessa ho fatto una ricerca a Ferrara
sull’antica gastronomia estense, sui prodotti che venivano usati. Non tutti
provengono dagli Estensi, per esempio quando si parla del panpepato ferrarese
non c’era al tempo degli Estensi, è stato scoperto dopo. Ho fatto
questa ricerca e l’ho mandata a questi miei cugini della Garfagnana che
hanno organizzato i primi di luglio una festa per ricordare una Rocca costruita
dagli Estensi nella località dove vivono, una piccola frazione che si
chiama Ceserana.
Qua a Pievepelago c’erano dei cibi particolari che si facevano
per certe ricorrenze?
Nella: cibi particolari no ma c’è una leggenda che riguarda in qualche
modo la gastronomia, il vino, ed è la leggenda di un uccello fantastico
che chiamano Foionco. Sembra che molti l’abbiano visto però nessuno è riuscito
a descriverlo bene e tutti gli anni qui a Pievepelago fanno una festa nella piazza
per conservare questa tradizione del foionco, questo grande uccello che molti
hanno definito un rapace. Ha questa caratteristica, ha tre zampe, poi mangerebbe
mi sembra una gallina al mese o una gallina ogni due giorni, non so, e gli piace
molto il vino. Pensi che ancora adesso ci sono alcuni contadini burloni che portano
nel bosco una damigiana di vino proprio perché sanno che al foiunco piace,
così si dice quassù. E staziona proprio in questa zona, nella zona
che va da Sant’Anna, Piandelagotti, pare che viva lì ecco.