08/09/2006
Cucina
Clotilde Vandelli
Museo della Civiltà Contadina
Antiche ricette: frittelle di sangue
Pesche sciroppate
PARTE 3
Il parmigiano lo facevano tutto con le vacche bianche, ma il parmigiano
aveva un sapore diverso? Clodilde: uguale, adesso… io
me lo ricordo buono sempre a quella maniera, io sono sempre stata abbastanza
robusta anche da ragazza.
Grazie al parmigiano?
Clotilde: proprio, la panna che si mangiava, il burro, tutte cose che avevamo
lì.
Perché olio non ce n’era?
Clotilde: poco, c’era lo strutto, il burro. Questa è la gramola
per impastare il pane.
Il pane lo facevate in casa?
Clotilde: una volta alla settimana, poi si metteva in un cassone e stava lì tutta
una settimana, più stava lì più diventava buono.
Usavate la madre per farlo?
Clotilde: il lievito lo chiamavamo, il lievito che la sera facevamo il pane,
si conservava e l’indomani facevamo il pane e un pezzo da solo che chiamavamo
il lievito.
Che fine ha fatto il vostro lievito?
Clotilde: ha fatto che io adesso uso il lievito di birra.
Chissà da quanto si portava avanti?
Clotilde: dai tempi della manna.
Lei è andata indietro, è riuscita a ricostruire la
genealogia della famiglia?
Clotilde: sì, fino al 1700.
E sempre hanno fatto il lievito in quel modo?
Clotilde: proprio sempre quel lievito.
Pensi, una cosa che durava da centinaia di anni e adesso è sparita.
Clotilde: io ho sempre pensato di tornarlo a fare, ci voglio riuscire. Siccome
lo facevo anch’io il pane al mattino, ci alzavamo un po’ prima di
andare a scuola per fare il pane, e addirittura io mi divertivo a fare il pane
con due mani, come fanno i fornai, tanto la pratica che avevo assunto e facevo
dei panini con dei crostini che erano qualcosa di buono. Più che altro
erano tutti pani quelli che facevamo.
Quando facevate il gnocco fritto? E come era l’impasto?
Clotilde: il gnocco fritto lo facevamo tutte le mattine, all’impasto del
pane fatto con farina acqua sale ci aggiungevamo un po’ di olio, e si friggeva
nello strutto.
Facevate il gnocco grande?
Clotilde: no, facevamo i pezzi. Vedi, questa è una padella per friggere
il gnocco, facevamo una gran pastella poi si tagliava con la ruzzola e si friggeva
così.
Invece le crescentine sono arrivate dopo?
Clotilde: ah sì, io ero già sposata, mi sono sposata nel ’49.
Era una tradizione della montagna che poi è arrivata in pianura.
E la stria si faceva?
Clotilde: facevamo un’altra specie di gnocco al forno e ci mettevamo dentro
farina, poco sale, del lardo tagliato fine ma non troppo.
Gnocco ingrassato lo chiamano.
Clotilde: ecco, gnocco ingrassato. Facevamo queste padelle rotonde e si metteva
poi nel forno.
C’era qualche contadino che veniva a chiedere di usare il vostro
forno?
Clotilde: no, tante volte noi andavamo a chiedere agli altri, perché per
esempio anche le mele, noi avevamo tanta frutta, quando erano piccoline o bacate
non le comperava quello che le portava al mercato, allora si tagliavano a spicchi
e si facevano le schiappate le chiamavano noi. Le schiappate si
mettevano in grandi padelle e si mettevano nel forno, veniva via l’acqua
ed erano buonissime da mangiare.
E duravano?
Clotilde: eh tutto l’inverno.
Che mele erano?
Clotilde: avevamo le mele renette, le campanine piccoline, buonissime, avevamo
tante qualità di mele.
Ma a parte le schiappate, queste mele si usavano anche per fare dell’altro,
le marmellate per esempio?
Clotilde: sì, le marmellate e soprattutto quando filavano - questo qua è il
fuso e questa qua è la rocca - allora le sere in campagna erano molto
lunghe perché andavano col sole, quando il sole tramontava loro andavano
in casa e l’estate che tramontava tardi lavoravano fino a tardi. Allora
prendevano la loro lana, poi dopo l’avvolgevano a questo fuso e poi intingevano
il dito in bocca e bagnavano la lana per farla arrotolare meglio e queste nonne
che filavano avevano sempre in bocca una schiappata perché la schiappata faceva
saliva.
Avevate anche le pecore?
Clotilde: anche le pecore avevamo e i miei materassi quando mi sono sposata sono
stati fatti con la lana di pecora.
Erano col manto bianco?
Clotilde: sì, col manto bianco e la nostra dote era fatta con cose che
avevamo in casa.
Le pecore si tenevano per la lana e per il latte?
Clotilde: da latte, sì, poi facevano gli agnellini. Quindi anche da carne.
Clotilde: ma si vendevano poi.
La carne di pecora non l’avete mai mangiata?
Clotilde: poca.
Lì a Sassuolo c’è un po’ l’abitudine
della carne salata di pecora.
Clotilde: chissà… non è mai stata macellata da noi.
Con tutti questi animali c’era un gran da fare…
Clotilde: altrochè, ci dava da fare soprattutto il maiale che mettevamo
all’ingrasso, da mangiare noi.
Uno solo?
Clotilde: uno solo ma era immenso, era grasso.
Ma quanto?
Clotilde: mah… allora alla sera dovevamo portare l’ultimo pasto
al maiale. Dovevamo ingrassarlo non troppo però, perché il grasso
va a discapito della carne rossa.
Qui siamo nella zona della cucina, negli anni ’30 c’era
già la stufa ?
Clotilde: in poco tempo è arrivata la luce, l’acqua ma io ero già grandina
perché studiavo, avrò avuto quindici, sedici anni e mi ricordo
che quando arrivò la luce elettrica, perché ci si illuminava con
queste lucerne, mio padre al tempo della vendemmia visto che lui era un tipo
volitivo in tutte le sue cose realizzava tutto quello che pensava, allora ha
fatto un impianto volante in tutto il cortile. La sgualcidora che non è altro
che la pigiatrice dell’uva – prima si pigiava coi piedi poi è subentrata
questa macchina pigiatrice che andava con una manovella e l’uva si tritava – con
l’avvento della luce elettrica mio padre l’aveva fatta con un motorino
elettrico, allora c’era risparmio di manodopera perché ci volevano
sempre due persone. Mi ricordo che io ero alla finestra e guardavo, mi sembrava
di essere in paradiso. Per una settimana portavano a casa tante cassette d’uva
dal nostro terreno…
C’erano i filari d’uva?
Clotilde: sì, erano i filari.
Erano maritati a qualche albero?
Clotilde: sì, c’era l’albero di foglia, non so se fossero
olmi.
Si chiamavano alberi di foglia perché si andava a fare la
foglia su questi alberi, ci si arrampicava con le scale.
Clotilde: sì, proprio.
Quindi avevate tutte queste cassette d’uva per molti giorni…
Clotilde: al sabato per esempio la pigiavano, si andava avanti fino a mezzanotte,
la mamma preparava la cena per questi operai, saranno stati una decina gli operai
che avevamo per lavorare il podere. Noi bambini eravamo già a letto e
durava fino a tardi questa cosa.
Qui ci sono tante cose da cucina che erano da appendere.
Clotilde: questi qua sono scaldini, si mettevano dentro le braci e quando si
doveva andare nella stalla che era un po’ lontana, la nonna prendeva uno
scaldino, ci metteva dentro le braci, lo prendeva con sè per non prendere
del freddo; oppure anche quando doveva andare a letto, per quanto ci fosse il “prete” da
andare a letto, serviva anche questo scaldino per scaldare il letto. Anche questo
era uno scaldaletto, si riempiva di braci e poi dopo si passava tra i due lenzuoli.