HOME PAGE
\ Interviste \ Mestieri \ Vignaiolo\ Graziano Vittorio \ leggi testo

08/09/2006

Acetaia


Documento senza titolo

Clotilde Vandelli
Museo della Civiltà Contadina
Antiche ricette: frittelle di sangue
Pesche sciroppate  

PARTE 6

Questo è il nostro aceto, sai come faccio coi bambini a riconoscere i 12 anni e i 25? dico a loro di stare bene attenti, di guardare il colore nel collo della bottiglia e loro indovinano subito. La densità è diversa. Una curiosità, mia madre un giorno mi telefonò e mi disse: “Tilde viene a vedere che in solaio ho trovato qualcosa” allora sono andata là, c’era questa scatola chiusa, l’ho aperta ed era una bottiglia da regalare, solo che non è stata regalata perché perdeva la ceralacca. Sai dove le mandavano a prendere? A Murano i miei vecchi…
Questi cucchiaini sono interessanti.
Clotilde: hai visto, sono fatti con due legni.
C’era qualche specialità di Sassuolo?
Clotilde: te lo dico subito l’abbiamo qua vicino, c’era la ceramica Rubiania che è stata la prima venuta a Sassuolo, questo qua è il piatto del nonno che ci faceva la barba. È rotto apposta questo piatto, perché quando faceva la barba davanti a questo specchio lo teneva piatto vicino.
Le chiedevo anche qualche specialità gastronomica di Sassuolo?
Clotilde: noi non è che fossimo al corrente di quello che succedeva in paese perché la nostra vita era tutta in campagna; tortelloni verdi, lo zampone e poi non saprei, le lasagne.
Questo è il torchio?
Clotilde: questo è l’albero genealogico, questi qua sono i Bucciarelli con le foto originali, questi invece i Vandelli.
Qui c’è una piccola sezione dedicata ai merletti.
Clotilde: sì, ai merletti della mia nonna, siccome le ore di sera d’inverno erano lunghe allora queste ragazze cosa facevano? Questi si chiamano imparaticci, erano i campioni che si passavano. Questo è il trespolo per il lavoro a tombolo. Qua il ventaglio della nonna, le sue borsette, qua i suoi pettorini d’estate, questi invece sono quelli d’inverno. Questa qui sono io a 3 anni, mi ricordo il giochino che avevo in mano e il cappottino me lo fece la zia Elena a punto pelliccia, che si poteva fare all’uncinetto o ai ferri, si poteva fare alle due maniere. Questa qui era la mia famiglia, io, mia sorella, Venerio e Giacomo; Giacomo ha indosso il mio cappottino. Questa è la sezione che abbiamo fatto l’anno scorso, le due guerre mondiali. Questo è quel mio zio che ho ancora l’epigrafe, ho poi la patente di mio padre, quello è un tabernacolo da campo, che il sacerdote portava sui campi di combattimento. Qua c’è un casco, qua un altro. Sia mio marito che io abbiamo la nostra croce al merito, io come partigiano e mio marito come comandante delle brigate Italia pianura perché Paganelli e Gorrieri avevano la brigata Italia montagna e mio marito doveva pensare a mandare sù in montagna armi, vettovaglie e vestiti perché erano alle spalle dei montanari. Questi i nostri giochi, qui tutta la storia del caffé… non esisteva mica il caffé quando ero piccola, era orzo questo qua.
Questi sono tutti gli strumenti del caseificio?
Clotilde: sì, sono tutti gli strumenti che ho trovato a casa. Si chiama piana, con questa si pulivano le forme del formaggio per il tosone, questo per rompere la cagliata che chiamava spino perché anticamente usavano un ramo di biancospino, col tempo hanno fatto questa e si continua a chiamare spino. Qua gli arnesi del falegname.
Qua c’è una distesa di padelle!
Clotilde: qua delle macchine fotografiche del nonno Franco, qua un telefono… Questo è il mio grammofono.
Quindi c’era la passione per l’opera allora…
Clotilde: è stata una passione viscerale per i miei genitori e i miei nonni; qua abbiamo dei dischi “la voce del padrone” e tanti altri. Quella è una custodia di un violoncello, perché uno zio di mia madre era maestro di violino ed è stato il primo violino del maestro Toscanini. Questa qua è una tela, pezze usate dal casaro per tirare su la forma, queste qua sono vecchie tele, questa qua è nuova invece.
Questa fermentiera invece a cosa serviva?
Clotilde: mettevano a fermentare il siero, per dire che il contadino usava tutto, con questo faceva la forma, l’indomani era come l’innesto. Con queste pezze usate mia madre mi ha insegnato a usare l’ago e ho fatto questa tovaglietta, per dirti che non si buttava via niente, “fatto dalla nonna Tilde a 10 anni su tela vecchia da casaro punto madama o Caterina de Medici”. Questi erano i libretti quando i contadini veniva a portare il latte, perché poi compravano anche del burro e del formaggio.