11/08/2006
Cucina
Fanano
Margherita Darù
(Suor Rosangela)
Il croccante del monastero delle suore cappuccine di Fanano
PARTE 2
Quando si usava preparare il croccante? Ci diceva in occasione
dei matrimoni… c’era un periodo particolare?
Suor Rosangela: noi d’estate si sospende perché d’estate è impossibile
lavorare il croccante.
Allora si accettavano le ordinazioni però da settembre. Si lavorava,
alle volte tre mattine alla settimana a seconda del tempo che avevamo e delle
ordinazioni che c’erano. Questo croccante nostro viene confezionato chiuso
in un sacco di nailon perché l’umidità lo rende molliccio,
attaccaticcio, se viene conservato chiuso bene nel sacco di nailon in un luogo
asciutto può essere utilizzato anche dopo un mese, un mese e mezzo, ha
una grossa durata. Logico che la fragranza è migliore se mangiato entro
15 giorni, senza aspettare mesi. Da fine giugno, se avevamo delle ordinazioni
per agosto, alcuni cercavamo di lavorarli in anticipo e nel giro di un mese venivano
smerciate, poi i lavori si ricominciavano a settembre, proprio perché è veramente
duro stare sopra al fuoco. Questo croccante poi viene tutto lavorato a mano,
viene schiacciato con questi sassi, gli stampi tenuti con le mani, qualcuna non
ci riesce. Per esempio io dico: sto alla padella perché non sono capace
di sopportare il caldo, qualche volta ti cade una goccia di zucchero addosso
e ti viene il buco, io ci metto un mese prima di guarire. Ho ancora dei segni
! Abbiamo stampi per fare questi torri, che qui non ci sono tutti.
Questa per esempio diventa una palla, a un certo punto se poi voi vedete
le foto e poi questi vengono capovolti… io adesso non so comporre. Anche
questo ha un nome particolare ma non ve lo so dire; vengono capovolti, questo
solo resta dritto poi sopra si costruisce ancora, si fonde dello zucchero a parte
e si incollano tutti questi stampi. Poi si fanno dei fiori fatti a mano con quattro,
cinque petali, dipende dalla abilità di qualcuna, si fanno dei riccioli
o delle “esse” e questa torre viene adornata, si appoggiano poi confetti
in mezzo al fiore, dipende sempre dalla abilità decoratrice della sorella
che fa questo servizio. Qui abbiamo stampi per la Pasqua, stampi per il Natale,
questi sono stampi più moderni logicamente. Abbiamo stampi per fare gli
scarponi, ne abbiamo di tre misure fatti da un artigiano qui, sono latte vere
e proprie. Poi si fanno le bomboniere. Basta, i nostri modelli sono tutti qua.
Questi stampi sono gli originali del ‘700?
Suor Rosangela:sì, ‘700 verso l’800 poi non so quando hanno
incrementato molto, direi che il primo lavoro di mantenimento è stato
il ricamo perché essendo sul con- fine con la Toscana c’era Firenze
che chiedeva molto. Anche la mia fondatrice, che è riminese, e ha fondato
la nostra congregazione nel 1885, anche lei ricamava per delle ordinazioni di
una ditta di Firenze. I ricami di questa nostra madre e delle nostre prime sorelle
andavano là e penso che più o meno erano così indirizzati,
poi molti ricami sono rimasti in casa: erano indirizzati per i paramenti della
Chiesa, certi tipi di ricamo noi riconosciamo subito da dove provengono perché hanno
uno stile particolare. Quando ho conosciuto queste monache nel 1969 facevano
unicamente croccante per mantenersi a quell’epoca, e avevano parecchie
bambine, poi affittavano la casa alla Diocesi di Modena per la colonia estiva.
La vostra ricetta è segreta?
Suor Rosangela: non è così segreta, si tratta di indovinare una
proporzione corretta tra mandorle e zucchero. Questa noi non la diciamo. Uno
va a naso e se ha un senso profondo penso che le scopre però io non mi
sento di dirla perché queste sorelle quando io sono venuta qua, la mia
congregazione si è unita a queste sorelle monache di Fanano. Loro non
volevano dire. Noi abbiamo imparato guardando e lavorando con loro, non hanno
mai voluto dire le proporzioni, il tipo di zucchero che loro sceglievano, un
modo di lavorare le mandorle. Perché adesso al supermercato le trovi
pronte se vuoi, però noi le lavoriamo e abbiamo un modo di lavorarle,
poi abbiamo la macchina per lamellare quindi è un lavoro che facciamo
tutto in casa. Le mandorle vengono bagnate, inumidite, poi dopo vengono lamellate,
poi vengono essiccate. Noi le mettiamo ad essiccare nei padelloni, stese bene
bene, nella parte del bruciatore dove c’è molto caldo. Non le mettiamo
nel forno ad esempio perché potrebbero avere una tostatura che non va
bene, perché prendono già una tostatura dentro allo zucchero fuso.
Le essicchiamo non a temperatura ambiente ma a temperatura abbastanza alta perché soprattutto
quando è inverno è l’unico posto dove tu puoi essiccare la
mandorla lamellata perché è molto umida quando viene lamellata.
Questo è il nostro modo di procedere, dopo c’è un tot di
zucchero e un tot di mandorle però lo zucchero viene fuso prima, c’è un
punto che la suora che tiene la padella deve riconoscere, perché se aspetta
un attimo in più e lo zucchero bolle di più viene fuori subito
scuro. Ora che hanno finito di lavorarlo - perché se si è in poche
non riesci a darlo tutto in una volta - quello che resta viene riscaldato; se
tu lo annerisci subito, dopo diventa amaro lo zucchero caramellato. Come devo
dire, c’è un segreto che ognuno deve anche scoprire da solo, non
si può dire: devi arrivare fin lì devi arrivare fin là,
uno impara guardando la sorella che ha già fatto, riesce a capire la velocità che
ha una, il modo di dare fuoco, di togliere fuoco… è un traffico,
direi che il croccante è una cosa guadagnata col sudore e con la scottatura.
Voi avete sempre fatto il croccante sulla stufa a legna?
Suor Rosangela:sì, la stufa a legna, una vecchissima stufa che è di
là e la lasciamo lì unicamente per il croccante.
Perché usate ancora questa stufa a legna?
Suor Rosangela: perché nella stufa a legna, intanto metti un calore diretto
sotto la padella, poi copri con i cerchi per diminuire il calore, poi rimangono
le braci che danno un mantenimento, poi metti su uno stecco piccolo. Col fornello
non puoi dosare il calore e rischi o che ti si indurisce, o che brucia… insomma
il traffico con la padella non è molto facile, è legato alla capacità della
persona che sta lì nel dare fuoco e togliere fuoco, perché se dà troppo
fuoco e comincia a bollire di nuovo lo zucchero delle mandorle impastate… qualche
volta può succedere ma quello zucchero lì lo devi tirare via per
non far diventare nere le mandorle, l’impasto… insomma, come posso
dire, è una pratica non si può dire in una ricetta tutti questi
accorgimenti, uno impara poi ha il suo modo di vedere. Io sono stata alla padella
nel ’98 tutto l’anno, era mio quel lavoro lì. Suor Raffaella,
che è la capa e in questo momento non sta bene per il lutto del fratello
prete della settimana scorsa Don Adriano Zannini, lei mi diceva: “tu sei
la suora che tiene la padella meglio di tutte” ma non so… era anche
vero… anche altre hanno tenuto bene la padella.