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Gli altri primi piatti



Il ruolo del frumento tenero e quindi della pasta sfoglia è talmente importante che rischia di oscurare tutti gli altri primi piatti.

Ed in effetti l'unico altro tipo di pasta che veniva fatto in casa era ancora basato su un impasto di farina di grano tenero e uova, ma tenuto più sostenuto, più duro, ed era la pasta al torchio.

Le immagini di Marina Bellei, rezdora montanara, che aziona il torchio attaccato alla parete sono bellissime, ed i maccheroni che produce assolutamente tipici ed ancora molto diffusi, perlomeno nel Frignano, con una punta nella zona di Acquaria, dove sono stati resi famosi da Maria Beneventi nel proprio ristorante.

Altrettanto tipico ed interessante è il ragù di piccione, figlio di un'autentica passione dei modenesi per i piccioni ed i colombi, cui si è fatto cenno nell'introduzione.

Ma i torchi c'erano anche in pianura ed il taglio di pasta più diffuso era la gramigna, solitamente condita con un ragù di salsiccia.

Fin qua, le paste sono fatte di uova e farina di grano tenero, eventualmente ripiene.

Ma ci sono almeno due piatti di tradizione che fanno a meno dell'uno o dell'altro ingrediente e che a buon diritto vanno citati fra i primi piatti più importanti.

Il primo, sono i passatelli, per qualche verso un'elaborazione della cùnza, cioè di una base di uovo e Parmigiano-Reggiano, fino a renderla solida attraverso l'aggiunta di pane grattugiato (il carboidrato che sostituisce la farina, ma nella ricetta filmata Pina Bonaccini un cucchiaio raso di farina ce lo mette). Piatto di origine romagnola, secondo l'Artusi – che fornisce ricette che prevedono anche l'uso del midollo di bue, per tener tenero l'impasto –, va servito rigorosamente in brodo di carne.

Una variante interessante dei passatelli è la minestra nel sacco, fatta con ingredienti molto simili ma avvolti in un canovaccio e lasciati cuocere molto a lungo nel brodo.

Un brodo povero, con l'aggiunta di bietole, è alla base del tortello scoperto di Ercolina Croci che fa a meno della pasta sfoglia ma non si fa mancare nulla del ripieno dei tortelloni di ricotta, visto che con la ricotta, il formaggio ed il pan grattato, fa delle palline che fa cuocere nel brodo di spinaci: rispetto al passatello, la ricotta sostituisce l'uovo.

L'altro piatto sono gli gnocchi di patate, dove sono le patate schiacciate a sostituire l'uovo, anche se in una delle due ricette presentate, quella di Dina Rossi, è previsto un uovo.

Senza la pasta all'uovo, i passatelli, o gli gnocchi, ma soprattutto senza carne e senza verdure, far su un primo era molto difficile: bisognava lavorare intorno ad ingredienti davvero poveri. Ma è in quelle condizioni che si aguzza l'ingegno, come prova l'interessante sezione dedicata appunto ai primi piatti poveri, che nel filmato è rappresentata dalla minestra vedova.

Si chiamava cosí perchè era vedova, come dire, del companatico, dei fagioli, delle patate, delle altre verdure solitamente messe nelle minestre: era perciò una minestra molto povera, tant'è che ritorna anche in altre ricette col nome di minestra povera (Mazzieri). In questo senso è emblematica di un'altra serie di piatti frutto di una gastronomia che si sforzava di sopperire con la fantasia alla penuria.

Ed in effetti, pur essendo povera, la minestra vedova di gusto ne aveva: era sufficiente un brodo fatto con un po' di conserva di pomodoro ed il solito battutino di lardo e cipolla, nel quale cuocere un po' di pasta secca proposto nel filmato da Ada Menabue con una gestualità teatrale.

Varianti dello stesso piatto sono quelle di Milena Bononcini, con un soffritto più ricco, di Antonio Mazzieri, senza pomodoro, solo acqua e soffritto, di Mirella Fiandri che prevedeva di far bollire un osso nel brodo.

Quando mancava la pasta, potevano sopperire le verdure e il mais: è il caso della bazarina, un minestrone la cui particolarità consiste nel mettere insieme tutte le verdure disponibili, anche più qualità della stessa verdura, per esempio di fagioli, e di cuocerle con le cotiche, aggiungendo alla fine la farina di mais.

La cucina povera è anche la cucina degli avanzi: un piatto tipico è quello che prevede il riutilizzo del pane raffermo, bollito nell'acqua. Al pancotto, come ricorda Dina Rossi, potevano essere fatte molte aggiunte per cercare di rendere la preparazione un po' più ricca, dal Parmigiano, alla panna: in questo senso è una panata o pancotto anche la zuppa di ricotta che ricorda Piero Cantelli.

Infine, le minestre di castagne: acqua e castagne fresche o secche, bollite fino a disfarsi, cui in ultimo poteva essere aggiunto un po' di latte. Un piatto che assume le più varie denominazioni a seconda delle diverse zone dell'Appennino.

L'ultima sezione di questo capitolo non poteva non essere dedicata al riso.

Migliaia di donne della provincia di Modena hanno fatto le mondine in Piemonte e spesso venivano pagate con un po' di riso. Nelle terre a nord di Carpi, dopo le ultime bonifiche, si diffuse la coltivazione del riso, che ancor oggi permane.

Il riso nel novecento si è talmente diffuso da divenire presto tradizione.

Norma Guerzoni, che è di Carpi ed ha fatto la mondina, presenta la minestra di riso e fagioli, un'interessante variante sul tema carboidrati più fagioli perchè, rispetto alla pasta e fagioli, è una minestra asciutta e come tale viene preparata, da una parte un umido di fagioli, dall'altra il riso bollito.

Il riso ovviamente veniva utilizzato anche nelle minestre in brodo: Maria Pia Gavioli ricorda il riso nel brodo di zucca, altri ricordano che il riso poteva sostituire i quadretti o i grattini nel brodo con la cùnza.

Non poteva non diffondersi anche a Modena la tipica preparazione padana del riso, il risotto, da quelli oggi più diffusi – coi funghi, con la zucca, con la salsiccia – a quelli che vanno scomparendo come il risotto di fegato e reni o il risotto con le rane.