30/08/2006
Calzagatti
Vignola
Gina Piccinini e Renato Graziosi
Cuochi
Preparazione dei calzagatti
Ricette del nocino e del limoncino
PARTE 2
Una cosa Gina, questi devono essere fatti riposare vero? Allora
li mettiamo a riposare?
Gina: sì, fuori però perché nel frigo fanno l’acqua
e io li ho fatti ieri sera proprio per quel motivo lì.
Quanto tempo li ha lasciati a riposare?
Gina: sei ore circa, adesso sono pronta per friggerli.
Cosa sta facendo Renato?
Gina: ha messo lo strutto nella padella… quando le fette sono lunghe si
tagliano così… ci vuol del tempo prima che si scaldi perché vuole
bel caldo…
Una volta Gina si faceva la polente fritta?
Gina: ah sì, però si faceva più sulle braci che fritta,
perché allora dell’unto… si ammazzava un maiale…
Ha tagliato a fette tutta la polenta condita ed è pronta per
friggere in padella?
Gina: adesso serve la carta gialla.
Ha iniziato a friggere dentro lo strutto, ma ne ha messo poco, non è che
li fa affogare nello strutto?
Gina: no, no.
Gina che differenza c’è tra i calzagatti e quelli che
chiamano i paparoci?
Gina: sono sempre quelli, li chiamano anche in un altro modo: i malfatti, i
malfet.
Renato: sì, perché messi così sembrano malfatti, alla polenta
con questo miscuglio di roba in mezzo si da un sapore che la polenta non potrebbe
avere, la polenta è solo acqua e farina di granoturco, qui invece c’è un
po’ di condimento.
Gina, la frittura nello strutto è più adotta?
Gina: perché è più saporito, l’olio di meno.
Li lascia anche più dolci?
Gina: sì, credo.
Renato: una volta poi i contadini non avevano in casa l’olio che c’è adesso,
avevano lo strutto perché uccidevano il maiale.
Gina: in un anno, quando si ammazzava il maiale, si mangiava solo di quella roba
lì, qualche pollo, qualche coniglio… però… si metteva
via la salsiccia sotto lo strutto e poi d’estate si adoperava, la salsiccia
a far da mangiare e lo strutto a friggere.
Dove si mettevano?
Gina: dentro dei vasi alti così, poi si metteva la salsiccia arrotolata,
in mezzo un cotechino, e poi si vuotava lo strutto. Quando si fa lo strutto è ancora
liquido, poi veniva duro così e restava la roba dentro.
Si conservava bene?
Gina: sì, sì, perché non c’erano i frigo allora.
Dove si mettevano questi vasi?
Gina: noi avevamo la cantina buia, fresca poi avevamo degli scaffali.
Era la vostra dispensa, aveva una chiave?
Gina: c’era sì, ma in tutti i modi non c’erano mica i ladri
che c’erano adesso.
Ma questa chiave chi la teneva?
Gina: noi in casa, la mamma praticamente, il papà, ma quando uno aveva
bisogna la prendeva, sapeva dove era… incominciano a diventare belli?
Renato: ci vuole un po’ di tempo.
Gina: mettiamo la carta gialla così va via un po’ di unto.
Quanti ne ha mangiati lei di calzagatti?
Gina: tanti che adesso non li faccio più.
Renato: una volta quando c’erano di questi se li litigavano.
Gina, sono pronti i calzagatti?
Gina: sono pronti da mangiare, si possono mangiare con la marmellata. Questa
per esempio è di prugne.
L’ha fatta lei?
Gina: sì.
Questa che ci fa vedere con la marmellata di prugne e lo zucchero è la
versione dolce dei calzagatti?
Gina: però se uno lo mangia con la marmellata non lo mangia anche con
lo zucchero, lo mangia solo con la marmellata.
Si potevano mangiare anche salati?
Gina: con della cipolla, con dell’insalata di pomodori.
Il bello di questo piatto è che uno lo può mangiare
sia dolce che salato.
Gina: sì, dipende da come piace.
Altri dolci lei li faceva?
Gina: la ciambella, ai tempi nostri si faceva la ciambella e la crostata di marmellata
di prugne o di amarene oppure di mela perché si fa anche con le mele,
si chiamava poi il sapore, al savor.
Altre marmellate che faceva?
Gina: di ciliegie, di duroni, di mele cotogne, ci volevano tanti giorni per cuocerle.
L’anno scorso, io ho una melagrana, l’ho tutta macinata col passatutto
poi con due, tre mele cotogne e questo sugo ho fatto la marmellata, buonissima.
Gina, lei sa fare anche il nocino?
Gina: sì e anche il limoncino. Dunque, per fare il nocino bisogna raccogliere
le noci per San Giovanni, si puliscono e si aprono in 4 parti e si mettono sotto
l’alcool. Ogni litro di alcool 36 noci; poi si lascia a amalgamare in un
vaso per 40 giorni. Dopo 40 giorni si fa bollire 7 hg di acqua con 9 hg di zucchero,
quando l’acqua è fredda e lo zucchero è sciolto si prendono
le noci e con un colino si cola, poi si mette quell’acqua lì, poi
si lascia ferma ancora per un bel po’.
Dove si mette questo vaso?
Gina: in cantina.
Quindi al buio...
Gina: si può mettere anche al sole, le noci quando si mettono sotto l’alcool
si possono mettere anche al sole, ma io non le ho mai messe perché lasciarle
fuori non volevo, la terrazza non ce l’ho. Poi si cola.
Dopo quanto tempo?
Gina: ci vuole ottanta giorni e più per farlo. Dopo, con un filtro si
cola, si mette dentro nelle bottiglie, si chiude bene e si dà un po’ di
cera alla bottiglia.
Quanto si conserva il nocino?
Gina: sempre.
È più buono quello vecchio?
Gina: accidenti, è più buono vecchio.
Altri liquori, signora?
Gina: il limoncino. Si prende sempre un litro di alcool, 6 limoni non trattati,
ci va solo la pellina gialla, non il bianco perché diventa amaro; poi
si mette in infusione. Quello ci va meno tempo, 14, 15 giorni sotto l’alcool.
Poi si fa lo stesso procedimento di acqua e zucchero, però acqua solo
7 etti e 8 etti di zucchero. Quando è fredda si prendono le scorze del
limone, si mette l’acqua, 6, 7 giorni quello è già pronto
da bere.
Il laurino lo faceva?
Gina: no perché non mi piaceva.
Il maraschino?
Gina: no. La crema di limone sì. Questi sono il limoncino e la crema di
limone fatti da me.
Le ciliegie si conservavano in qualche modo?
Gina: sì, sotto l’alcool però ci vuole l’alcool apposta, è un
misto. Però io non lo so perché non le ho mai messe via, come anche
le susine.
La frutta lei non la metteva via?
Gina: facevo la marmellata e la frutta sciroppata.
Cos’è che sciroppava?
Gina: le pesche.
Quali pesche?
Gina: l’ala o l’alberta, non tutte.
Poi come deve essere la pesca, matura o poco matura?
Gina: non proprio matura, però deve essere avanti, poi si taglia a fette
e si mette nel vaso. Io mettevo ogni kg di frutta 3 etti di zucchero, poi chiudevo
il vaso e si bolliva a bagno maria, così si disfava lo zucchero che diventava
sciroppo, e durava.
Lei fa le pesche e cosa altro sciroppa?
Gina: le pere.
Stesso procedimento vero, e anche lì quale era la pera più adatta?
Gina: la William precoce oppure quella gialla.
Nella sua cucina non dovevano essere mosche… non doveva volare
una mosca?
Gina: guai mosche.
Renato: … e guai a contraddirla.
Gina: quando si facevano i tortellini - ne abbiamo fatti dei quintali per le
feste dell’unità, anche 20 quintali - avevamo delle donne, circa
ottanta, e tenere dietro quelle donne lì. Se io vedevo che si mettevano
un po’ di pesto in bocca ero già un diavolo.
Perché in cucina non bisogna mai assaggiare?
Gina: non bisogna mai! Anche quelle che assaggiano il sugo e poi…
Come fa allora ha sapere se il sugo è salato al punto giusto?
Gina: c’è il cucchiaio.
Allora lo assaggia anche lei?
Gina: il pesto uno lo può assaggiare, ma quando lo ho assaggiato si va
a lavare le mani e poi fa i tortellini, non si assaggia il pesto e si mette il
dito davanti alla bocca e si va a fare i tortellini…
Ha mai avuto qualche aiutante che usava troppo le mani?
Gina: con Renato andavamo bene, anche lui mi aiutava a bisticciare quando c’era
la gente che faceva cose che non andavano fatte, perché la pulizia è l’unica
cosa che c’è in cucina, basta, il mangiare… noi facevamo
le palline, si dava il pesto dentro nel piatto e loro piegavano i tortellini,
allora io gli dicevo “volete sentire il pesto? Lo sentite e poi dopo vi
andate a lavare le mani e poi fate i tortellini”, tutto lì.