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04/08/2006

Aceto Balsamico Tradizionale di Modena


Documento senza titolo

Spilamberto
Francesco Saccani
Già Gran Maestro della Consorteria
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena  

PARTE 1

Siamo qui con Francesco Saccani che è stato per anni il gran maestro della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena a fare due chiacchiere su questo prodotto in uno dei luoghi credo a lui più cari, è vero?
Saccani: la Consorteria e l’Acetaia della Consorteria, costruita in quarant’anni di attività in gran parte per donazione di bottai oppure di soci particolarmente attenti all’attività che la Consorteria svolge.
Qua dietro cosa abbiamo?
Saccani: questa è una botte madre. Ne abbiamo quattro per alimentare tutte le batterie che abbiamo qui. Nella botte madre si verificano le prime trasformazioni del mosto cotto, cioè la prima fase fermentativa: dimora il mosto cotto di annata in queste botti madri per un anno intero e l’anno successivo viene immesso nella filiera normale della batteria e nel corso del tempo segue il suo sviluppo naturale.
Penso che sia un dato importante focalizzare bene questo prodotto, l’aceto balsamico tradizionale di Modena, quali sono le sue caratteristiche?
Saccani: la risposta può essere affrontata in vario modo sia dal punto di vista tecnico, che è indispensabile, ma anche da altri punti di vista. Immediatamente a questa domanda alla maggior parte dei cultori di balsamico rispondo in questo modo: che cos’è l’aceto balsamico tradizionale? È un miracolo della natura. Perché è un miracolo della natura? Perché, per esempio, quando si pronuncia la parola aceto si pensa immediatamente a un sottoprodotto del frutto della vite, a una trasformazione del vino, mentre il balsamico della tradizione è al pari del vino un prodotto primario del frutto della vite perché, come il vino, segue un percorso che non ha bisogno di fasi successive per portare a un altro tipo di prodotto. È un miracolo della natura perché l’uomo può intervenire nella produzione del balsamico entro certi limiti, interviene dal punto di vista operativo ma le fasi fondamentali della fermentazione, della maturazione e dell’invecchiamento sono assegnate alle leggi della natura, al clima in cui si verificano queste trasformazioni, al tempo che non viene vissuto nella banale attesa che si verifichino determinati eventi, ma viene vissuto in sinergia con colui che conduce la batteria di vaselli e non concede più di tanto alla scansione, non dico degli anni ma, diciamo, dei lustri. Perché dico questo: è un frutto primario della vite, perché partendo da una realtà molto diversa da quella che produce il vino, partendo dal mosto cotto, durante la cottura questo mosto d’uva subisce due trasformazioni fondamentali: quella della concentrazione, visto che viene cotto a cielo aperto e a fuoco diretto, ma fondamentali risultano le trasformazione di tipo qualitativo che il mosto subisce perché per effetto della temperatura, che ovviamente varia dal modo di procedere di ognuno di coloro che produce il balsamico. La temperatura di cottura incentiva una serie di trasformazioni di carattere chimico, una serie di polarizzazioni delle molecole che poi saranno le responsabili di determinati eventi che si verificano nelle fasi successive a partire dalla maturazione, per fare comparire profumi e sapori che sono assolutamente particolari e unici per il balsamico. La cottura sterilizza assolutamente la massa, e questo tutto sommato è un fatto positivo anche perché in questo modo il mosto cotto si presenta nelle migliori condizioni per essere attaccato dai lieviti e dagli aceto batteri che sono stati selezionati all’interno dell’acetaia , per cui quel tipo di lieviti, che possono essere saccaromiceti o zigosaccaromiceti e quel tipo di aceto batteri che possono essere l’aceto bacter acetum o l’aceto bacter zilinum, ma tanti altri…bene, sono quelli che poi hanno la possibilità di lavorare su un terreno assolutamente fertile per riprodurre gli effetti…La “madre” eventualmente può intervenire nella seconda fase, la fermentazione acetica, se la prima fase la fermentazione alcolica non è in grado di trasformarsi in virtù degli aceto batteri esistenti in acido acetico ma non solo…
Ci sono quindi dei lieviti che trasformano inizialmente lo zucchero in alcool, come per il vino…
Saccani: e successivamente gli aceto batteri che trasformano questo alcool in acido acetico ma non solo perché, dal punto di vista quantitativo, sono almeno tredici le trasformazioni che avvengono durante la modificazione dell’alcool etilico in prodotto acetico. Volevo tornare sulla prima parte, sul fatto che la fermentazione alcolica in funzione dei lieviti parte spontaneamente: perché? Perché qui dentro, in questa Acetaia, ci sono milioni di lieviti che si sono formati e selezionati nel corso del tempo, questa è un’altra delle ragioni per le quali il territorio di Modena ma anche quello di Reggio è vocato, è di pertinenza, diciamo è autoctono per l’aceto balsamico tradizionale, perché qui c’è una condensazione di lieviti e di aceto batteri per cui il mosto cotto non ha bisogno di nessun intervento invasivo da parte dei lieviti, basta che ci sia una temperatura attorno ai 16-18° che automaticamente questo mosto cotto comincia a fermentare e … fin quando fermenta? Fermenta finchè la concentrazione zuccherina lo consente, ma finchè i lieviti hanno possibilità di lavoro, non capita mai che anche se ci sono milioni di lieviti in questa acetaia riescano a trasformare tutto lo zucchero in etanolo e questa è una delle ragioni per le quali poi il balsamico ha l’aspetto dolce.
Anzi, parte dal dolce.
Saccani: parte dal dolce ma conserva l’aspetto dolce e anche qui ci si può collegare con quanto dicevo prima, “il balsamico è un miracolo della natura”. Poi, nel corso del tempo, dentro le botticelle si trovano elementi, detta così alla grande, in assoluta contrapposizione tra loro che sono l’insieme degli acidi, perché come dicevo prima non c’è solo l’acido acetico, e l’insieme degli zuccheri; ora queste due componenti che sono fra loro in assoluta opposizione come il giorno-la notte, l’odio-l’amore e così via, cosa fanno nel corso degli anni, non dei mesi; dei lustri, non degli anni; dei secoli non dei lustri? Per opera della natura, perché qui non interviene l’uomo, si integrano fra di loro: come? Non lo so, non lo sa nessuno. Resta il fatto che il prodotto di una batteria condotta in maniera adeguata nel corso di 30-40-50 anni ti consente, quando tu assaggi quel balsamico, non di percepire, dal punto di vista organolettico come sarebbe naturale fosse, prima il dolce poi l’acido. No: li percepisci all’unisono, insieme, e questo è effettivamente un miracolo della natura.
Una volta che parte la prima fermentazione inizia un viaggio molto lungo nel quale ha un ruolo sicuramente anche la batteria: questa tecnica, la batteria, che non è sconosciuta in realtà anche in altri aceti - i famosi aceti di Orléans erano anche loro aceti di vino che venivano prodotti con la tecnica del rincalzo. Qual è il ruolo della batteria e dei rincalzi?
Saccani: questo processo si sviluppa mediamente in questi tempi. La prima fase fermentativa, intendendo per prima fase fermentativa alcolica ed acetica, durerà all’interno di una batteria 3-4 anni, a volte anche 5, ma insomma in trequattro anni questa fase si conclude. A questa fa seguito la maturazione: chi è che provoca la maturazione? Quando la fase fermentativa è terminata, lieviti e aceto batteri muoiono: se non morissero continuerebbero la loro vita, muoiono e nel corso della conduzione della batteria, cioè nei travasi, quando la natura vuole e non l’uomo, la loro cellula si apre e immette nelle botticelle una serie molto numerosa di enzimi, ne sono stati contati anche 120 in una cellula e ogni enzima sappiamo che è responsabile di una e una sola trasformazione, ha la stessa funzione della chiave che apre una porta, apre quella e solo quella, ed è chiamata, questa fase di maturazione, viene chiamata enzimatica perché gli enzimi occupano un ruolo determinante per produrre i profumi particolari del balsamico e il presupposto per ottenere quell’armonia di cui dicevo prima. Questa fase di maturazione quanto dura? 10-12- 15 anni, dipende, dipende da come è messa l’acetaia, da come è posta, dalla temperatura, dal modo di condurla, di cui parleremo sicuramente, però nel giro di questi anni anche quella fase termina . Dopo di che nelle botticelle a valle, nelle più piccole, comincia la terza, si potrebbe dire ultima ma è ultima che si prolunga all’infinito, fase che si chiama dell’invecchiamento. Nell’invecchiamento ci sono anche lì reazioni di tipo ossidativo, le trasformazioni bio-chimiche continuano sempre nella botticella e ve ne sono alcune per le quali il loro sviluppo può attestarsi intorno a cinquant’anni. Però, nella fase dell’invecchiamento, c’è un assestamento di tutto quello che è accaduto nella batteria dal momento in cui è stato introdotto il mosto cotto fino a quando tu vai a prelevare nelle botticelle piccole. Tutto questo avviene in funzione di una tecnica operativa che si chiama quella dei travasi e del rabbocco nella batteria più grande, fase operativa estremamente delicata, perché è provato per esempio che un rabbocco o un travaso sbagliato può compromettere la qualità o il proseguo.