HOME PAGE
\ Interviste \ Più viste \ Rossi Dina\ Rossi Dina \ leggi testo

23/08/2006

Castagna


Documento senza titolo

Borgo Lezza, Frazione di Riolunato  
Pierluigi e Ivo Migliori
e Antonio Rocchi
Agricoltori  
L’abbandono dei borghi di montagna
Racconti di vita agricola  

PARTE 1

Dove ci troviamo?
Pierluigi:siamo al Mulino lungo il Rio Lezza, un torrente che nasce sul Cimone e passa vicino alle Polle scende giù e va nello Scoltenna, a metà strada tra Riolunato e Montecreto sfocia nello Scoltenna.
 Lungo questo torrente non c’era solo questo mulino ma ce n’erano due o tre.
 Questo mulino sapete più o meno quanti anni ha?
Pierluigi: lì c’è una data.
 Antonio: 1567.
 Ci dicevate che dai documenti che sono stati ritrovati si parla di 1700.
Pierluigi: su c’è la borgata che è tutta crollata, ora c’è un cumulo di macerie e basta.
 Che borgata è?
Pierluigi: la Lezza.
 Voi siete di quella borgata?
Pierluigi: siamo di quella borgata, invece la borgata qua vicino si chiama Ronca e faceva parte sempre di questa vallata.
 Ivo: su quel ponte passavano i birocci, era la vecchia strada provinciale che collegava Montecreto, Riolunato…
Nella borgata di Lezza con le vostre famiglie cosa facevate?
Pierluigi: intanto erano famiglie tutt’altro che ricche, il problema allora era sopravvivere e quindi c’era la famiglia che aveva quattro o cinque mucche, la famiglia di un contadino che ne aveva due, tre poi c’erano le pecore e i pastori che facevano la transumanza d’inverno, andavano nel ferrarese a piedi.
 Quante famiglie c’erano nella borgata?
Pierluigi: 6-7 solo in quella della Lezza ma in tutta la vallata erano parecchie.
 Ivo: eravamo sulle 70 persone, poi c’è la Lezza di sotto a venire in giù.
 Pierluigi: la popolazione di Riolunato nel 1902 mi sembra faceva 2000 abitanti; dall’ultimo censimento sono 700 e rotti, c’erano queste famiglie agricole.
 Erano proprietari?
Pierluigi: la maggior parte erano proprietari ma la terra non era sufficiente, quindi andavano anche a lavorare, a fare i boscaioli, i carbonai e tanti emigravano. Durante l’inverno andavano in Maremma, in Sardegna, in Algeria.
 Cosa facevano in questi posti?
Pierluigi: il carbone, facevano i boscaioli.
 In genere quando si partiva?
Pierluigi: c’è una festa a Castello che chiamano la festa dei sardi, quelli che andavano in Sardegna alla fine di ottobre e stavano via 4-5 mesi dell’inverno.
 Andavano anche in Algeria?
Pierluigi: sì, poi ce n’è qualcuno che è rimasto là.
 Come facevano a raggiungere questi posti così lontani?
Pierluigi: si imbarcavano, mentre per andare in Maremma c’erano già le corriere. Sto parlando degli anni 20 - 30 perché prima c’è stata anche una forte emigrazione all’estero.
 Quindi prima degli anni ’20 molti hanno lasciato questa borgata, e sono andati dove?
Pierluigi: un po’ dappertutto: Francia, Stati Uniti prevalentemente.
 Ivo: in Belgio.
 Pierluigi: in Belgio dopo la seconda guerra mondiale, mio padre per esempio è andato in miniera in Belgio, prima andava in Africa.
 Poi suo padre è ritornato?
Pierluigi: io, mia madre e mia sorella eravamo rimasti qua, tenevamo dietro a quel poco di terra che avevamo.
 Cosa si coltivava?
Pierluigi: frumento, un po’ di orzo, per il resto…
Ivo: bisognava anche tener dietro alle castagne, l’alimentazione principale che c’era qua erano le castagne, ce n’erano tanti di castagneti tenuti bene.
 Erano qua vicino alla vostra borgata?
Ivo: ce n’era dappertutto fino a Montecreto.
 Erano di vostra proprietà?
Ivo: sì.
 Quindi ci tenevate dietro voi?
Ivo: sì.
 Pierluigi: consisteva nella potatura in primavera, e poco prima che fossero mature le castagne andava pulito sotto bene. La raccolta, poi venivano essiccate nei famosi essiccatoi, anche lì dentro c’era un essiccatoio.
 Qui nel mulino?
Pierluigi: sì, in quella stanza lì.
 Ivo: sì, era della mia famiglia perché io ero di questa famiglia, che aveva le sue castagne e le seccava, le puliva. Sopra avevamo un tavolo, c’era un camino e accendevamo il fuoco in autunno perché era freddo a pulire le castagne…
Quindi la sua famiglia era proprietaria di questo mulino?
Ivo: sì.
 Pierluigi: solo che macinava le castagne anche per tutti gli altri.
 Ivo: noi le nostre le essiccavamo qua e gli altri venivano con le castagne già secche perché tutti avevano dei seccatoi.
 Antonio: noi avevamo il seccatoio a Magrignana poi si portavano qua, si pulivano e si macinavano.
 Quanti anni avete tenuto questo mulino?
Ivo: è stato dei Migliori sempre.
 Era suo padre che si occupava del mulino?
Ivo: no, avevo uno zio, un fratello di mio papà, che si occupava del mulino, io sono uno delle ultime persone che ha macinato qua.
 Quindi si coltivava il grano?
Pierluigi: si coltivava il grano. I campi erano poi fatti un po’ alla meglio perché venivano arati con delle profondità cortissima e c’erano tanti sassi, si arava con le mucche poi queste mucche dovevano fare del latte, del burro, del formaggio e tutto quanto… dovevano fare dei bei vitelli e farli crescere, però le facevano lavorare, gli davano dei foraggi mescolati alla paglia quindi la resa, poveracci, era quella che era. Di grano in un ettaro di terreno qui ne facevano 6-7 quintali, 10 quando proprio andava bene.
 Ivo: noi il più che abbiamo fatto era 18 quintali.
 Pierluigi: facevano delle semine di grano in autunno poi c’era un tipo di grano che era chiamato marzuolo che si seminava in marzo, era un po’ più pregiato vero? Antonio e
Ivo: sì, era più tenero il pane.
 Pierluigi: poi la frutta era curatissima perché era pane anche quello.
 Che frutta avevate qua?
Pierluigi: mele, pere.
 Che varietà?
Pierluigi: le mele si chiamavano le durelle, le dolcine, la rosa romana che c’è li, le musone assomigliava un po’ alla golden molto più piccola.
 Era gialla?
Ivo: era lunga fatta un po’ a melone.
 Era buona, era dolce?
Ivo: sì, era buona.
 Pierluigi: poi c’era la durella che era dura però durava tutto l’inverno.
 Ivo: andava a primavera sicuro .
 Pierluigi: si mangiava il pane con la mela; poi c’erano delle pere che anche quelle si conservavano, si cuocevano e facevano una specie di succo dolce.
 Aggiungevano lo zucchero?
Pierluigi: no, erano già dolci di per sé.
 Come le conservavano allora?
Pierluigi: le cuocevano e le mangiavano, le conservavano nella paglia in un luogo fresco… poi c’erano tante more.
 Ivo: delle noci ce n’erano tante, le nocciole…
Con le noci facevate il nocino?
Pierluigi: no, a quei tempi là non usava, si faceva il gheriglio delle noci e il frutto del faggio, la faggiola, macinato per fare l’olio, l’olio sia delle noci che con la faggiola e le noci.
 Ivo: lo facevano prima di noi questo olio con la faggiola, l’olio di faggiola e di noci lo facevano nel mulino dei Rocchi che è 200 metri più su.
 Antonio: il frantoio c’è ancora.
 Che cosa si faceva con questo olio? Si usava in cucina?
Antonio: si usava in cucina e poi anche per l’illuminazione, per fare luce.
 Quindi tutte le famiglie usavano questo olio, ma era buono?
Ivo: non l’abbiamo mica conosciuto, siamo troppo giovani.
 Pierluigi: andiamo dal Novecento indietro.
 Antonio: c’erano anche le api qui per il miele.
 Ivo: suo papà era uno specialista.
 Antonio: abbiamo avuto fino ad una quarantina di arnie, al tempo di guerra significava avere tanto zucchero a disposizione.
 Come erano queste arnie?
Antonio: tradizionali, con la cassettina.
 A noi hanno raccontato anche che si potevano mettere nei tronchi…
Antonio: sì, nei bugni ma da noi non si usavano perché bisognava uccidere le api per prendere il miele.
 Si vendeva questo miele?
Antonio: a volte, ma si consumava principalmente in famiglia, per mangiare col pane ed addolcire il caffè.