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28/08/2006

Menfet di Castagna


Documento senza titolo

Montalto, Frazione di Montese 
Dina Rossi 
Rezdora 
Ricette di collina    

PARTE 2

Parlavamo prima del fatto che questa è una zona di castagne, voi utilizzavate anche in cucina la farina di castagne?  
Dina: sempre, tutti i giorni, anche due volte al giorno, la mattina si faceva a colazione la polenta di castagno che era buona con qualsiasi companatico, si poteva mangiare con la salsiccia, con i funghi, con la panna, la ricotta, il formaggio. 
Con la panna fresca?  
Dina: sì, però si bolliva si metteva un po’di sale e si condiva la polenta, a mio papà piaceva la polenta con il condimento che si mette nelle crescenti cioè aglio, rosmarino e pancetta. 
E la panna fritta che diceva Roberto?  
Dina: con un pochino di sale si faceva bollire in un tegame un po’ di panna, che a quell’epoca la panna era dura, non era come la panna di adesso che è liquida; io penso che fosse per la questione delle mucche, avevamo delle mucche nostrane, il latte più fitto, insomma la panna di allora era più densa, e allora poco fritta. 
Dove si prendeva la panna?  
Dina: sopra il latte, si metteva il latte in teglie di terracotta possibilmente e poi si lasciava al fresco, con la finestra aperta; allora durante la notte il latte fresco faceva venire in superficie la panna, poi si scottava anche, appena un po’ si scaldava questo latte e appena scaldato la panna diventava sempre più grossa, poi con il mestolo forato si tirava via la panna. Quando cominciò a venire un po’ più di progresso si cominciò a portare il latte della nostra mucca al casaro, veniva un uomo con un mulo, due bidoni sul dorso, raccoglieva il latte delle nostre mucche e per misurarlo ci avevamo tutti un secchio fatto apposta con tanti buchini. Allora mezzo litro, un litro, un litro e mezzo, due, non erano proprio buchini ma segni e allora lui misurava; noi avevamo un libretto, il libretto del casaro, una cosa preziosa perché poi a fine anno i nostri capi famiglia andavano a riscuotere un po’ di soldini, In casa quindi c’era un po’meno ricchezza di latte, perché gli uomini erano gelosi di questo latte, quando vedevano tirare indietro molto latte, lo volevano portare al casaro. 
In che anni ha cominciato a venire il casaro a raccogliere il latte?  
Dina: allora io ero ragazza, parlo anche di un po’prima della guerra, però era lontano chilometri da noi il casaro; si faceva la forma, però ci volevano questi raccoglitori con i muli, pensi un po’ povero latte, si squassava, però dovevano far così per portarlo al casaro. 
Parlavamo di polenta di castagne che si usava preparare a colazione?  
Dina: la polenta di castagne tutte le donne la sapevano fare, perché la prima cosa allora anche per poter sposarsi bisognava saper cucinare la sfoglia. Tutte le montanare sapevano fare la sfoglia con il mattarello, io a 12 anni la sapevo fare e la polenta la stessa cosa. Allora due litri d’acqua, però non si pesava niente, si faceva tutto a occhio, abbondanti perché a mio padre piaceva tenera, e un chilo di farina; poi bisognava stemprare altrimenti ci venivano i grumi, perché è più difficile da fare di quella di mais, però eravamo esperte tutte quante in polenta. 
Con le castagne poi cosa si faceva?  
Dina: facevamo le frittelle alla sera da cena, per le frittelle si impasta quella lì piuttosto tenerina, la farina cruda senza sale, solo acqua e farina; sul fuoco mettevamo la padella perché non c’erano le stufe, allora avevamo la fiamma e avevamo quelle padelle di rame stagnate al di dentro con il manico che le attaccavamo alla catena. Nella padella mettevamo lo strutto perché si friggeva meglio con lo strutto e poi l’olio non c’era allora, costava dei soldi, ma lo strutto era buono perché lo facevamo con i nostri maiali. Mettevamo delle cucchiaiate di frittelle dentro questo strutto che bolliva, chi le voleva un po’ più tenere chi un po’ più dure, comunque frittelle erano. Si prendevano su, si mettevano in tavola e questa era tante volte la cena. 
I ciacci qua si facevano?  
Dina: i ciacci normalmente sono quelli che si fanno col grano, con la farina di frumento, quelli con la farina di castagne erano i castagnacci, li facevamo in mezzo alle tigelle come le crescente. Le mistocche invece andavano impastate sul tagliere e messe in forno, facevamo dei rotoli, si tagliavano un po’ lunghine così e si facevano anche queste senza sale solo acqua e farina.
Si mangiavano con qualcosa le mistocche?  
Dina: si mangiavano con qualcosa ma anche senza niente perché erano dolci, di solito le mangiavamo così. 
Da queste parti si facevano i menfet?  
Dina: sì, a lui non piacevano. Era polenta tenera tenera di castagne che si prendeva sù col mestolo dalla calderina, la pentola di rame stagnata, in quella calderina facevamo tutto, facevamo la pasta e ciocevamo tutto… si prendevano sù con il mestolo, si mettevano in piatti pari e rimanevano sottilini poco più di un dito, si mettevano su un tavolo a raffreddare e poi si metteva sù la ricotta oppure la panna, piaceva molto a mio padre. 
Si aggiungeva anche il latte?  
Dina: no, ho sentito dire però da mio padre che il latte con la polenta lo facevano in Veneto, qui da noi no. 
Lei Dina ha imparato a fare la sfoglia a 12 anni e chi le ha insegnato?  
Dina: la mia mamma, le prime volte quando io provavo non mi veniva mai rotonda, da una parte era più tenera, allora lei veniva e me la tornava a mischiare e mi diceva “non vedi che è troppo tenera?”, allora si metteva poi le uova ma non tante, anche acqua, adesso la sfoglia si fa solo con le uova ma allora ce n’erano poche di uova. Poi noi le uova le dovevamo tenere perché andavamo alla bottega, a questa bottegaia che ci dava di tutto noi portavamo un cesto di uova. Avevamo un pollaio sempre abbastanza rifornito e poi lei ci diceva quanto costavano le uova e ci dava in cambio della roba e dei soldi se ne portavamo di più. Allora la sfoglia si faceva e si metteva anche un po’ di acqua, era quindi un po’ più difficile da tirare così e le prime volte si tribula.
Quante volte si faceva in una settimana la sfoglia?  
Dina: quasi tutti i giorni, molto spesso perché facevamo i quadrettini per la pasta e fagioli, i quadrettini per la pasta e patate, le tagliatelle, facevamo un’altra cosa che faceva inorridire mio marito, allora le chiamavamo lasagne ma sa come le facevamo? Mettevamo sù la calderina, quando c’era l’acqua che bolliva prendevamo il mattarello con la sfoglia arrotolata, intorno al camino c’era un ferro, lo appoggiavamo lì e si buttavano dentro le lasagne nell’acqua salata; a parte però c’era il soffritto, il ragù di adesso fatto con pancetta magra, con roba di maiale, un po’ di panna mischiata. Il manzo allora non andavamo a comperarlo, però queste lasagne avevano il difetto secondo mio marito che quando tu le prendevi su dal piatto, perché poi le prendevi via appena cotte, le mettevi nel piatto e le condivi, quelle asciutte beh insomma un po’ di sugo lo prendevano, ma si facevano anche con un po’ di brodo di cottura che non era il brodo di gallina ma il brodo d’acqua dove c’era cotta la pasta. Io non ci lasciavo tanto brodo, però un po’ c’era; poi ci mettevamo sù il formaggio di misto pecorino, fra mucca e pecora, perché avevamo anche le pecore, a me piacevano ma lui diceva “la lasagna la prendi sù con la forchetta che ti viene sù e non c’è mai attaccato niente”, proprio sfoglia lavata e non le voleva. Dopo ho smesso di farle, ma facevamo anche queste lasagne che non sono certamente le lasagne di adesso. Si facevano con la sfoglia, quasi tutti i giorni, dei giorni si facevano anche le crescenti con l’umido di patate e di salsiccia oppure si facevano col pollo, quando c’era, erano rare le volte, perché si vendevano i polli, si dovevano prendere i soldi per comprare le scarpe o per comprare le cose, ma di solito facevamo la sfoglia. 
Faceva anche delle paste ripiene?  
Dina: sì i tortelloni, quelli si facevano abbastanza spesso perché c’era la ricotta, però in primavera presto, quando la verdure scarseggiava, la mia nonna mi raccontava, io non li ho mai mangiati, mi raccontava che mandava i suoi figli a raccogliere le foglie delle primule, che sono le prime che nascono nei castagneti, perché a lei piacevano tanto i tortelloni che diceva “andatemi a raccogliere un po’ di foglie di cucca” che allora lei li chiamava i cucchi le primule, “le foie ad coc”. 
E poi come li condiva questi tortelloni?  
Dina: normalmente allora i tortelloni li condivano col soffritto, col ragù con la pancetta, col ragù di adesso che noi chiamavamo soffritto.
Con un po’di carne di maiale?  
Dina: sì, magari poi anche quel pochino di panna che li ammorbidiva, era buonissimo quel soffritto, un po’ pesantino se dovessi mangiarlo ora, però buonissimo. 
Ci ha parlato prima di quadrettini con le patate?  
Dina: sì, la pasta e fagioli. Si faceva bollire i fagioli pian pianino perché non si rompesse la buccia e poi si faceva il soffritto e dentro si metteva questo soffritto e i quadrettini fatti con la sfoglia; nello stesso identico modo si faceva con le patate. 
Quindi si usavano le patate al posto dei fagioli?  
Dina: sì, oppure si poteva anche mettere una patata in mezzo ai fagioli che era buona, oppure siccome allora c’era il forno in tutte le case, quando dovevamo fare una fornata di pane, perché facevamo più pagnotte, allora il pane doveva durare anche una settimana, a seconda delle volte, le ultime pagnotte erano dure. Allora per consumarle si faceva anche la zuppa di fagioli; si faceva questo brodino di fagioli, così poi tagliavamo questo pane secco, raffermo, e lo mettevamo in una teglia e lo mettevamo sopra il brodo, quante volte che l’ha fatto la mia mamma, sempre per utilizzare il pane che era avanzato.