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22/08/2006

Sacerdozio


Documento senza titolo

Pievepelago
Don Antonio Galli
Sacerdote  
Il ruolo del sacerdote in montagna  

PARTE 2

Fino a quando il sacerdote ha avuto i suoi terreni e il contadino che li lavorava?
Don Antonio: quando ci sono state le riforme i mezzadri furono molto agevolati, e poi è cessato quando è subentrato l’Istituto di sostentamento del clero, allora cessò completamente. Questi terreni parte vennero venduti e parte trasformati in altre cose: per esempio la mia casa colonica lassù con la stalla adesso ne hanno fatto un fabbricato per una colonia, d’estate specialmente vengono sù da Carpi ecc… le hanno utilizzate per cose diverse dall’agricoltura, l’agricoltura è stata completamente abbandonata.
 Noi sacerdoti riceviamo adesso un assegno mensile da questo istituto, una sovvenzione per il sostentamento del clero.
 Fino a quando c’è stato il contadino quanto versava alla parrocchia?
Don Antonio: niente, mi dava la roba a metà prima, poi ci furono quelle leggi che il contadino aveva una percentuale più alta di quella del padrone.
 Secondo lei i contadini vivevano bene allora?
Don Antonio: sì, forse meglio del padrone, d’altra parte erano loro che lavoravano e io, come devo dire? sono molto comprensivo, anche se si arrangiavano un pochino lasciavo fare, comunque io non mi sono lamentato perché tutti i giorni mi portava il latte in casa, mi portava del burro e poi c’era la vendita del toro, c’era la vendita del vitello, alla fine si facevano i conti… e io sono campato abbastanza bene per tanti anni. Oggi è una cosa diversa e forse migliore, nel senso che non avendo più a che fare con un subalterno noi siamo più tranquilli e più sereni, riceviamo questo assegno mensile e siamo più intensamente occupati nel vero ministero che è il nostro, quello di carattere religioso, spirituale.
 Perché una volta il sacerdote era comunque impegnato nella conduzione del suo fondo?
Don Antonio:eh sì, bisognava tenerci dietro, e poi c’erano anche varie spese. Per esempio per innaffiare i campi feci l’impianto idrico così che se mancava la pioggia con questo modo di innaffiare artificialmente si suppliva alla mancanza dell’acqua, all’aridità e anche quello costò parecchio; poi si dovette attrezzare con tutti quei cosi moderni, il trattore, la seminatrice ecc, ecc, c’erano delle spese ma praticamente ci si entrava. Adesso il terreno è lì abbandonato: ci campavano due famiglie, adesso renderà qualcosa per l’erba che produce, ci vanno a pascolare delle pecore, prenderanno qualche cosa da quello lì. Dal punto di vista economico la Diocesi non ci ha guadagnato di sicuro, d’altra parte però vedo che i soldi vengono, in qualche modo riescono ad averli.
 Oltre a lei c’erano altri proprietari terrieri che avevano dei contadini mezzadri?
Don Antonio: pochi, in genere sono proprietari; hanno la piccola proprietà, qualche famiglia signorile, c’era due, tre, quattro che avevano i terreni con la mezzadria ma in genere erano i padroni della terra.
 Che cosa si coltivava in questa zona?
Don Antonio:più che altro il frumento e il foraggio.
 La vite qui non c’è?
Don Antonio: niente.
 Frutteti?
Don Antonio: sì, dei frutteti ma non da grandi quantità. Ecco i castagni, adesso abbandonati completamente: una volta era molto usato, al tempo dei tempi quando ero ragazzo si campava specialmente d’inverno con la farina di castagno, adesso non le vanno neanche a raccogliere le castagne e costa moltissimo la farina di castagne appunto perché c’è scarsità.
 Come frutta mele, pere ma roba non a carattere commerciale.
 Lei ricorda dei periodi di carestia di cibo in queste zone?
Don Antonio: in genere no, il tempo di guerra è stato anche un periodo di carestia vera e propria, fortunatamente io avevo il contadino anche lassù a Sant’Andrea Pelago, là il terreno era molto inferiore ma era un terreno buono e fertile, ricordo che l’anno 1944, l’anno della guerra, facemmo addirittura 30 quintali di frumento che era una produzione straordinaria, tanto che un po’ venne requisita perché quando si trebbiava il grano c’era uno inviato dall’autorità il quale sorvegliava perché parte doveva essere consegnata all’ammasso, parte del grano venne mangiato dai cavalli dei tedeschi che erano alloggiati nella stalla, ma insomma… ce la cavai a venir fuori.
 La parte di grano consegnata all’ammasso veniva pagata?
Don Antonio: no, ma bisognava consegnarla.
 L’ammasso dove si trovava?
Don Antonio: qui in paese, ogni paese aveva il suo ammasso di grano.
 Ci fu una volta che venne a mancare il grano a quelli di Fiumalbo e vennero a prenderlo all’ammasso di Pieve, che ci fu una mezza battaglia perché i pievaroli non volevano dare questo grano ai fiumalbini; ma poi ritornarono con i mitra con i tedeschi, allora bisognava cedere.
 Chi attingeva all’ammasso?
Don Antonio:c’era un incaricato, distribuivano poi alle famiglie il grano, quello che si mangiava giornalmente dovevano essere 150 gr di pane non di più, c’erano le carte annonarie. Quando si aveva bisogno di qualcosa, per esempio quelli che non producevano il grano, dimostravano che non avevano più grano con la carta annonaria e venivano riforniti in base alla consistenza famigliare.
 Cos’era questa carta annonaria?
Don Antonio: era quella che ci rendeva possibile mangiare, ci voleva quella carta per andare a prendere il grano, il formaggio, lo zucchero quando c’era, sale non c’era. Mi ricordo che avevo i tedeschi in casa, li ho avuti tre mesi e mezzo in canonica perché di fronte c’era la batteria antiaerea, eravamo al fronte della linea gotica, c’era anche qualche italiano che era passato dalla parte dei tedeschi. Quelli che erano prigionieri in Germania, molti erano entrati a fare parte delle truppe tedesche, e ce ne n’era uno di Comacchio, un certo Farinella, che andò in licenza e quando tornò mi ricordo che era il giorno della Befana del 1944, mi portò una bottiglia di sale perché là c’erano le saline. È stata la più bella Befana della mia vita perché venivano a vendere l’acqua di mare quelli della Toscana con delle damigiane, in cambio noi dovemmo dare non soldi ma grano; l’acqua veniva fatta bollire e rimaneva in fondo un rimasuglio di sale. Sembra di raccontare delle cose dell’altro mondo, adesso, ma le abbiamo vissute sulla nostra pelle. Anche le patate, mi dimenticavo, venivano coltivate: tra le patate, il frumento che produceva il mio campo e il latte ce la cavavamo.
 Le patate si vendevano?
Don Antonio: non c’era l’ammasso delle patate, si potevano vendere. Chi le produceva di suo va bene, chi non le aveva con la carta annonaria doveva andarle a comperare in negozio dove le vendevano, era tutto razionato. Lo zucchero poi, a un certo punto era di colore rosso e giallo, non raffinato penso che fosse. Fortuna che i tedeschi qualche volta ci davano del loro pane che era pane di segale, non era cattivo.