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21/07/2006

Bar/Osteria


Documento senza titolo

Ubersetto, Frazione di Formigine  
Ermanna Corbelli
Rezdora  
L’osteria di una volta – Gli strichetti  

PARTE 2

Ha dei ricordi particolari legati all’Osteria, chi veniva a mangiare da voi? Quali erano i vostri clienti?
Ermanna: veniva tanta gente da Modena perché era come una passeggiata in bicicletta allora. Magari arrivavano fino alla prime colline di Maranello, quando ritornavano molta gente si fermava lì a mangiare anche al pomeriggio, due-tre pezzettini di gnocco con qualche fetta di salame che faceva mio papà in casa. Anche il prosciutto e la coppa, la pancetta.
 Anche i ciccioli?
Ermanna: anche i ciccioli e come erano buoni, quelli pressati, quando uccidevamo il maiale il macellaio condiva i ciccioli dentro un telo non fitto perché doveva scendere lo strutto. Lo mescolavano in due e io andavo a prenderne, c’erano sempre dei cosini tutti riccioloni caldi. Poi lo mettevano dentro al coso apposta per la forma, il torchio, e schiacciavano fin che scendeva giù e sotto con un bel vasone grande raccoglievamo lo strutto. Quando era pieno si versava in un altro recipiente. Quando Ferrari iniziò la fabbrica a Maranello, nel ’43 mi pare che fosse, quando passava una volta si fermò a mangiare e mangiò del pollo alla cacciatora; era molto buono, lo faceva mia madre. Da allora tutte le volte che passava, quando aveva specialmente dei corridori - i primi tempi c’era Cortesi, il primo collaudatore che poi passò anche a corridore - quando passava suonava il clacson, mi pare che avesse una Ardea, la prima macchina. Mia sorella, che aveva diciotto anni più di me, andava di là dalla strada e diceva: “cosa vuole signor commendatore?”. “Oggi ho della gente in ditta vorrei che tua madre mi facesse un pollo o due - a seconda di quello che serviva – ma dì ben che lo faccia la tua mamma”. “Sì signor commendatore”. Si facevano le tagliatelle e il pollo alla cacciatora. Venne anche Ascari, Nuvolari, che raccontava tanti aneddoti, Farina; anche il collaudatore Navone, che abitava a Torino e viveva a Maranello, poi gli impiegati e gli operai della Ferrari venivano tutti i giorni a mezzogiorno ma mangiavano quello che c’era, roba sempre casalinga, molti maccheroni perché sa, la gioventù… venivano in bicicletta, da Modena a Maranello, venivano a lavorare tutti in bicicletta gli operai.
 I maccheroni li facevano i suoi fratelli nel pastificio?
Ermanna: sì, i miei fratelli nel pastificio.
 Che pasta tiravano?
Ermanna: tutta pasta comune, non all’uovo.
 Dove comperavano il grano?
Ermanna: andavamo a prenderlo dal mugnaio. Noi prendevamo la farina 0 non doppio 0, di grano tenero; c’erano dei contadini che facevano fare la pasta con la loro farina; avevano il grano, lo facevano macinare. Avevano un torchio che conteneva 18 kg di farina, il contadino portava 18 kg di farina e prendeva la pasta. C’erano due, tre tipi di pasta: maccheroni, maccheroncini da mangiare con la pasta e fagioli, spaghetti.
 Senza l’uovo?
Ermanna: senza l’uovo però certi contadini volevano metterci l’uovo e portavano anche l’uovo, si poteva fare anche con l’uovo, però stavano lì a guardare che mettessimo tutte le uova. Mio fratello invece dell’acqua ci metteva le uova che portavano loro.
 Il mulino dove era?
Ermanna: dei mulini ce n’erano da per tutto, dove andavamo noi era a Maranello, in tutti i paesi c’era il mugnaio perché erano tutti contadini che avevano il grano da macinare. Portavano la farina e prendevano la pasta, avevamo anche della farina in più; anche nel negozio si vendeva tutta roba sfusa: zucchero, riso, pasta, olio, sigarette in pacchetto ma anche sfuse, due o tre alla volta si vendevano.
 Venivano col sacchetto della farina, noi vuotavamo la farina dentro un bel bidone e poi scuotevamo tanto farina e prendevano la pasta che volevano, pagavano un po’ per la fattura della pasta o lasciavano giù un po’ di farina. Si faceva molto spesso la minestra con i fagioli perché i fagioli erano la carne del poveretto una volta, si faceva una buona minestra con dentro fagioli, due o tre patate, si faceva bollire un bel po’ poi si preparava da parte del ragù con del lardo, carote cipolla pomodoro e sedano se c’era, quando erano cotti i fagioli - adesso io li passo - si metteva tutto dentro la pentola, si faceva bollire un po’ poi si cuoceva la pasta che uno desiderava, delle volte si facevano i maltagliati con la sfoglia, molte volte erano i maccheroncini, i maccheroni corti.
 Che fagioli erano?
Ermanna: i denti di vecchia, li chiamavano una volta, perché li avevano tutti i contadini.
 I vostri fornitori quindi chi erano?
Ermanna: molta roba la prendevamo dai contadini ma per esempio il tabacco dovevamo andarlo a prendere noi in bicicletta fino a Sassuolo nel monopolio, perché noi eravamo sotto il Comune di Sassuolo, non di Modena. Andavo io in bicicletta e mi dicevano: “povera bambina”, con tutta questa roba. Io poi prendevo quello che riuscivo a portare a casa, un mezzo quintale di sale, 50 kg sopra il manubrio della bicicletta, poi mi davano la spinta e io arrivavo fino a casa, dovevo fare sette km.
 Andava chi era casa, ma tutti i giorni mio padre andava a Sassuolo o a Modena in bicicletta per prendere quello che serviva per il negozio, non è che prendessimo dei quintali di roba ma quel pochino che ci serviva. Le uniche cose che portavano a casa erano i biscotti, per le caramelle veniva un fornitore con un furgoncino, le bibite: poi si andava in cantina a mettere a posto tutte le boccettine perché allora non c’erano quelle usa e getta, davamo in cambio i vuoti. Ero la più piccola e toccava sempre a me andare a sistemare le bottiglie. Vendevamo molte bibite come la gazzosa, il sinalco si apriva con la macchinetta, invece la gazzosa aveva la pallina che si spingeva giù, una pallina di vetro che poi rimaneva dentro la bottiglia, si vede che con il gas quando la gasavano la pallina tornava sù e chiudeva il buco, non so se fosse abbastanza pulita perché ci rimaneva un po’ di vuoto senza niente, la pallina si fermava perché c’era un incastro. C’era il sinalco, la birra, non mi ricordo se c’era l’aranciata; la gazzosa era come la limonata, non era dolce, era secca; vendevamo poi molto vino.
 Che vino?
Ermanna:lambrusco preso dai contadini che imbottigliavano. Noi andavamo prendere delle damigiane di vino dai contadini, poi le portavamo a casa, lavavamo le bottiglie, sempre la sottoscritta quando ero capace di fare quei lavoro lì. Prima magari li facevano i miei fratelli più grandi, poi imbottigliavamo: avevamo un signore che ci aiutava a fare quel lavoro.

Ermanna tira la sfoglia

Ermanna: io sto tirando la pastella per fare gli strichetti che vanno bolliti nell’acqua e poi si condiscono con un buon ragù di carne.
 Come lo fa il ragù?
Ermanna: per il ragù si prende un po’ di burro, un po’ di olio, io ci metto la salsiccia di maiale, della carne di maiale macinata. Prima faccio soffriggere cipolla con olio e burro e poi metto la carne quando la cipolla è bella rosolata, faccio bollire un bel pochino con la salsiccia e la carne poi ci metto il pomodoro, specialmente la conserva fatta in casa, che preparo in luglio-agosto. Per fare gli strichetti si taglia la sfoglia con la rotellina e questi qua sono gli strichetti, sono grandi o piccoli tanto vanno bene lo stesso. Con la pasta si possono fare anche le tagliatelle, i tagliolini da brodo, i quadrettini, e i tortellini.
 Ci fa vedere anche le altre paste che ci ha detto?
Ermanna: la sfoglia va fatta asciugare un po’ altrimenti si appiccicano. I contadini operai che venivano giù dalla montagna magari perché loro il grano l’avevano più tardi perché maturava dopo, venivano giù in bicicletta con una falce sopra il manubrio, facevano vedere che erano contadini che potevano raccogliere il grano a mano, allora. Le famiglie poi si aiutavano l’una con l’altra, venivano a fare la spesa da noi, a comperare la roba: prendevano il fegato, i maccheroni. Il fegato si faceva con la cipolla o con la rete del maiale perché era più buono, davano da mangiare a questi operai che erano molti amici. D’inverno poi che c’era anche il polmone del maiale, quando si vendemmiava venivano a prendere il polmone da fare con la polenta o la saracca io non so cosa mangiavano, era secca… non lo so io non l’ho mai mangiata, la vendevamo.