02/10/2006
Mezzadro
Montale Rangone, Frazione di Castelnuovo Rangone
Zeno Vezzalini e il figlio Luigi
Agricoltori
Agricoltura: colture, cultivar, allevamento
La letamaia, la potatura
PARTE 1
Lei Zeno è sempre stato qui a Montale?
Zeno: ero di Montale ma ho vissuto a San Martino sotto il Comune di Modena, poi
nel ’68 sono venuto di nuovo a Montale.
Quanti anni ha?
Zeno: ottantasei.
Cosa ha fatto lei nella vita, qual è stato il suo mestiere?
Zeno: il contadino, in campagna, a tagliare l’erba, dalle mucche, a mietere
e tante altre cose, il lavoro bello era innaffiare coi tubi.
Eravate proprietari terrieri?
Zeno: eravamo mezzadri.
Era un fondo con tanta terra?
Zeno: era un fondo di 54 biolche, era abbastanza largo.
E chi ci lavorava su questo fondo? Lavorava lei con la sua famiglia?
Zeno: con la famiglia, coi miei fratelli, siamo stati insieme fino al ‘47-‘48,
ne è andato via uno, perché eravamo in otto fratelli, poi dopo
verso il ‘49-‘50 sono andati via altri due, poi siamo rimasti in
quattro, nel ’64 ne è andato via un altro.
Dove sono andati questi fratelli?
Zeno: due sono andati assieme in un fondo qua vicino sempre sulla terra, mezzadri,
invece quell’altro, Camillo, lo stesso in un altro podere di 10 biolche
sempre qua a Montale, Vito invece è andato custode da Giacobazzi.
Com’era Zeno una volta la vita in campagna?
Zeno: era abbastanza bella, avevamo divertimenti diversi allora, non c’era
mica il lavoro da potersi andare a divertire come fanno adesso, eravamo in otto
con due biciclette, andavo già in bicicletta anch’io che sono il
più giovane. Due biciclette, una volta sono venuti i ladri ce ne hanno
portata via una, eravamo rimasti con solo una bicicletta. Siamo andati avanti
un altro anno in tre e poi abbiamo abbandonato. Io sono andato ad abitare a Vaciglio
in un appartamento vecchio e sono stato lì 4 anni e poi nel ’68
abbiamo fatto la casa qui.
Le volevo fare qualche domanda sulle attività agricole di
una volta, anche prima della guerra: in questa zona cosa si coltivava nei campi?
Zeno: la maggior parte coltivavano foraggio perché c’era del bestiame.
La medica?
Zeno: la medica, si metteva il frumento, si coltivava il granoturco e la vite
negli alberi, allora non c’era mica le vigne, c’erano i filari con
l’olmo.
Che uva c’era?
Zeno: noi si aveva il salamino di S. Croce, il lambrusco di Grasparossa, il lambrusco
di Sorbara, l’uva comune noi la chiamavamo l’uva cóvra e
poi altre uve che non c’era proprio il nome, si diceva uva tenera, una
parte si portava alla cantina, si faceva un carico di uva tenera: erano tutte
uve che non si sapeva di preciso il nome.
Qualche bianco c’era?
Zeno: avevamo nel nostro fondo l’uva grezzana, - è un’uva
veronese (n.d.r.) - la chiamavamo la garzàna, un’uva
abbastanza buona, si faceva il vino chiamato in dialetto al vèin sopè,
avevamo due botti, ne avevamo una certa quantità di vite di quella qualità lì,
quando era poca per riempire due botti si metteva dell’acqua e diventava
più leggero, ma c’erano stati degli anni che le due botti venivano
piene con solo il vino, allora veniva schietto.
Luigi: quell’uva lì era buona anche da tavola, aveva un chicco ovale
piccolino che si conservava bene per cui lo mettevano nelle pertiche.
Zeno: si teneva per l’inverno.
Come si conservava?
Zeno: noi si metteva nei solai appiccata ai chiodi, c’era un telo cun
dû gràp, si prendevano tutti e due, si prendeva in mezzo e
si appiccava.
Si passiva?
Zeno: un po’ si passiva, ma non marciva mica.
Così si poteva mangiare l’uva anche a Natale?
Zeno: ne ho anche una qualità qua, è una vite che non gli va data
l’acqua, quella viene così, l’anno scorso ne ho conservata
fino dopo Natale anche nell’anno nuovo.
Come trattamenti all’epoca cosa gli si faceva alla vite?
Zeno: solfato di rame e la calce e poi quando si era a luglio si dava lo zolfo
coi soffietti che non prendesse la nebbia, adesso ci danno dei prodotti che non
c’è bisogno perché c’è già nel prodotto
che gli danno, invece allora era proprio il solfato di rame e la calce.
Era per proteggerla dall’umidità?
Zeno: soprattutto per le malattie e la calce per attaccarla meglio alla vite.
In questa zona, come in tante zone, la vite era innestata oppure
no?
Zeno: nelle vigne che ci sono adesso sotto è selvatica, è tutta
innestata, invece allora delle viti vecchie chissà quanti anni avevano,
allora magari c’era una pianta che era rimasta senza vite, quell’altra
invece ne aveva molto, allora si tirava giù il ramo poi dopo si scavava
e si tirava su vicino a quell’altra pianta, si metteva a posto le piante
in quel modo lì; perché tirando in terra la vite pian piano fa
le radici, faceva fare vicino alla pianta al buco se non era tanto grossa un
giro, così in quell’orlo metteva fuori le radici, se un domani veniva
tagliata la vite nel lavorare la terra aveva già le radici vicino alla
pianta.
E oltre alla vite cosa si coltivava?
Zeno: come frutta noi si coltivava dopo che i padroni avevano fatto i filari.
Che frutta c’era?
Zeno: la goccia d’oro, le susine.
Che qualità c’erano?
Zeno: come frutta vecchia avevamo delle pere, delle pesche non innestate, facevano
i frutti lo stesso, non molto grosse ma venivano migliori che le pesche innestate
per sapore.
Come si chiamavano queste pesche?
Zeno: quelle pesche non avevano un nome, la pesca innestata ci mettono la tal
pesca, c’è il pesco noce, la pesca gialla, la pesca rosa, quelle
sono venute su da la rumèla, allora non si sa che nome dargli.
Luigi: le pere però avevano un nome.
Zeno: ce n’erano quelle che noi chiamavamo in dialetto al pir éd
la féra, perché qua a Montale c’era la fiera la terza
domenica d’agosto e allora quella pera era matura in quel periodo.
Com’era quella pera, Zeno?
Zeno: era grossa così, non lunga, un po’ rotonda.
Luigi: che mi ricordo io c’erano anche le mele lavine.
Zeno: andando nei filari sopra avevamo due piante di mele renette, le campanine
anche quelle.