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25/07/2006

Agricoltura


Documento senza titolo

Nonantola
Disma Piccinini
Partecipante
La Partecipanza e la sua evoluzione storica
I colombi triganini e i colombi fattori  

PARTE 2

Una domenica si fa questo sorteggio e ad ognuno è assegnata la terra che gli tocca, ad esempio l’ultimo riparto erano 2000 metri a persona perché è data a bocche, ogni testa è una bocca, quindi tante bocche tante quote e poi ognuno prende possesso del suo appezzamento. Attualmente, ci sono coltivatori che acquistano delle quote e probabilmente all’utente non resta altro da fare che tirare quei po’ di soldi e disinteressarsi per tutto il periodo dei 18 anni. Quindi va a finire che uno non sa neanche dove gli è toccata la terra perché l’ha presa questo coltivatore. Io per esempio l’ho data a una cooperativa che si chiamava La Fertilcoop allora, adesso si chiama Granterre, una grossa realizzazione provinciale.
L’assegnazione viene fatta oggi come allora o ci sono stati dei cambiamenti?
Disma: è sempre così perché non può cambiare, è una regola fissa. Poi naturalmente ognuno si coltivava il suo pezzo, specie durante la guerra quando ci serviva proprio per mangiare.
Qual è stato il ruolo della Partecipanza al tempo della seconda guerra mondiale?
Disma: la Partecipanza al tempo della seconda guerra mondiale ci ha mantenuto, ci ha dato la possibilità di vivere. Era vita grama perché si lavorava quasi tutto il terreno a mano, e poi durante la guerra non c’erano neanche i trattori, non c’erano i combustibili, qualcosa si faceva con i buoi ma soprattutto si lavorava a vanga e a zappa. Rendeva pochissimo, però quel po’ che ti rendeva ti sfamava, io non ho mai sofferto la fame tranne il 1944, quando avevano requisito il frumento sotto la trebbia. Allora l’ultimo mese, che è stato il mese di giugno, è stata dura arrivare fino al raccolto nuovo. L’anno dopo, invece, ci siamo arrangiati, ci fregavano sotto la trebbia ma noi riuscivamo a fregare il controllore perché facevamo passare un mezzo quintale, un quintale di frumento per vie nascoste.
Cosa faceva questo controllore?
Disma: c’era un controllore mandato dai fascisti che stava lì a controllare tutto il frumento che veniva trebbiato. Si faceva un mucchio e diceva: “a te e alla tua famiglia spettano due quintali di frumento a testa, gli altri li prendiamo noi”. Dovevi anche caricarglieli e portarli dentro l’ammasso e ti rimanevano questi due quintali che non erano suf- ficienti per l’anno.
Per quanto tempo c’è stato l’ammasso?
Disma: per tutta la guerra, quindi sono stati 2-3 anni proprio tremendi, anche perché poi era difficile lavorare la terra, specie gli ultimi due anni c’erano gli aerei americani che ci mitragliavano se portavi delle bestie. Anche i carri agricoli mitragliavano; i tedeschi facendo delle manovre sparavano e rischiavamo anche la pelle prendendoci qualche fucilata. Quindi è stata dura però la Partecipanza non la vedevate come adesso. Adesso è monocoltura, vedete grandi appezzamenti a monocoltura. Allora era un mosaico, un appezzamento di grano e uno di mais dentro al mais; nell’interfila si mettevano fagioli, ceci, addirittura patate, tutto quello che serviva. Con i ceci si faceva un surrogato del caffè, si tostavano i ceci ed era un caffè per modo di dire. Comunque, non ce n’era di caffè in giro, allora al mattino per tingere un po’ la scodella di latte si mettevano questi ceci bruciati, bruciati proprio perché si usava un affare da tostare sul fuoco, erano più bruciati che altro. Però si riusciva con il mais che si produceva a mantenere un maiale e quello era slow food veramente, il maiale ci serviva tutto l’anno, diventava rancido ma si mangiava lo stesso.
L’organizzazione della Partecipanza come era?
Disma: l’organizzazione ce la tramandiamo da tanto tempo, attualmente è amministrata da un consiglio di amministrazione, da una Giunta, quindi il consiglio viene ridotto. Del Consiglio fanno parte due liste, una di maggioranza e l’altra di minoranza. La Giunta naturalmente viene fatta con gli elementi della maggioranza, c’è il Presidente che è come un sindaco di un paese. Le delibere, diciamo così, i lavori minuti li fanno loro, altrimenti si convoca l’Assemblea. Da alcuni anni è stato dato il voto anche alle donne ma prima no, non avevano il diritto di votare.
Da quanto tempo è stato dato alle donne questo diritto?
Disma: mah, saranno 10-12 anni, fin tanto che è stato deciso con norme democratiche di dare questo diritto e mica tutti erano d’accordo. Abbiamo dovuto cambiare il regolamento, prevedeva soltanto il voto degli uomini e la riunione soltanto dei capi famiglia, capi Co’ quei 25 e allora erano 50. Erano quelli che allargavano la Giunta, poi quando c’era da fare qualche cosa in più venivano convocati i capi famiglia. Adesso invece è generale, quando si devono fare delle scelte ad esempio quella che è stata fatta per rifare il bosco e la palude, ricostruire l’ambiente primigenio, è stata fatta con una maggioranza abbastanza vasta di tutti i partecipanti che hanno scelto questa cosa.
Quindi anche nell’organizzazione ci sono stati dei cambiamenti?
Disma: ma nel tempo si cambia, ad esempio chi era presidente della Partecipanza era anche sindaco del paese poi la Partecipanza si è staccata. Avevamo ancora la soggezione all’Abbazia, dovevamo pagare tutti gli anni all’Abate un censo, era una cosa solo simbolica però eri soggetto ancora all’Abbazia e dovevamo pagare dei ceri il giorno di San Silvestro, il nostro patrono. Poi nel ’52-’53 con il vescovo di allora è stato fatto un accordo di sganciare la Partecipanza, attualmente siamo legittimi proprietari, prima eravamo in enfiteusi quindi soggetti all’Abbazia.
La trasmissione del diritto della Partecipanza come avviene?
Disma: la trasmissione avviene per linea maschile, quindi ci tramandiamo di padre in figlio. Le femmine finché portano il cognome hanno diritto al terreno, quando si sposano perdevano il diritto. Dico perdevano il diritto, perché due anni fa abbiamo detto: chi nasce partecipante, partecipante rimane anche se si sposa. Io ho due sorelle che avevano perso il diritto, al prossimo riparto lo riacquisteranno anche se non lo potranno trasmettere perché lo posso trasmettere solo io. Non ho figli, quindi la mia famiglia è destinata ad estinguersi. Uno dei tanti Piccinini che si va estinguendo.
È vero che spesso i matrimoni erano combinati?
Disma: le donne specialmente cercavano di sposare un partecipante perché avevano il diritto. Perdevano il loro ma acquisivano quello del marito; io per esempio ho sposato una non partecipante, e quando mi ha sposato ha acquisito lei il diritto alla Partecipanza. Infatti noi adesso siamo titolari di due bocche, io e mia moglie.
Quali erano i piccioni che si allevavano allora?
Disma: qui nella nostra zona in provincia di Modena erano soprattutto due razze tradizionali: venivano dal tempo soprattutto i triganini, ho trovato delle pubblicazioni del Bonizi per esempio gente che li allevava anche nel 1300- 1400. Un’altra razza, soprattutto quelli che producevano carne, erano chiamati allora colombi fattori, quelli che sono diventati i sottobanca. Sono di grosse dimensioni, li chiamano sottobanca appunto perché non volavano ma facevano i nidi sotto le panche. Il triganino veniva usato soprattutto per fare il gioco di far volare il piccione e a Modena le famiglie nobili avevano tutte la piccionaia, serviva senz’altro per farli volare, per fare quella gara il giorno di San Geminiano. In piazza Grande a Modena li facevano volare con le bandiere, un sistema andato in disuso quando sui tetti hanno impiantato le antenne della televisione. Loro fanno un volo radente ai tetti, si spezzavano le ali contro le antenne, soprattutto sui tiranti. Da allora il gioco è decaduto, attorno agli anni ’50, e non si sono fatte più queste gare.
Come si catturavano questi piccioni?
Disma: allora ognuno aveva la sua colombaia e si cercava di catturare anche i colombi di un’altra colombaia; succedevano delle liti, erano feroci l’uno contro l’altro. Questi venivano sacrificati per la cucina. Sono molto produttivi, molto fertili, quindi si produceva molto di più del bisogno di fare il gioco o di portarli in mostra, anche perché quelli che nascono con penne non a posto - ci sono duecento colori del triganino - vengono uccisi per mangiarli, soprattutto il sottobanca che produceva carne era un colombo di 6-7 etti quindi un bel po’ di carne.
Com’è questa carne?
Disma: i triganini sono tre etti al massimo. È buono il petto e poco altro; il sottobanca invece ha un petto voluminoso e poteva anche sfamare due, tre persone.
Con che frequenza venivano preparati questi piatti?
Disma: allora c’erano tanti modi di usare questa carne, intanto più che altro la usavano le famiglie che avevano soldi perché molti che li allevavano prendevano qualche soldo per comprare qualcosa d’altro. Ne mangiavano pochissimo, come le galline. C’era un detto una volta che diceva: “chi uccide una gallina la uccide perché la gallina è ammalata o perché è ammalato lui” altrimenti non si poteva uccidere, si doveva tenere per le uova. Il piccione invece andava mangiato soltanto in un giorno di festa: allora facevi l’arrosto con le patate fresche oppure arrosto con l’insalata. Ma si mangiava di rado, si cercava di produrre per venderlo ai pollaioli che venivano nelle famiglie e li vendevano a chi poteva acquistarli.
Si facevano anche primi piatti col colombo?
Disma: sì certo. I primi piatti vengono fatti invece con il petto di colombo per fare il ragù per la pastasciutta ma sempre limitatamente a chi poteva. La stessa cosa si faceva per i conigli o per le galline, era cosa da mangiare alcune volte l’anno per la fiera, per Natale, per Pasqua e pochi altri giorni tanto che qualcuno diceva “ma quand a vin chi dè ch’as magna ch’as magna, dimàndi?” Era così, c’era fame…