22/08/2006
Commercio
Pievepelago
Pierluigi Galli
Macellaio
PARTE 2
Ci parla dell’uso della carne bovina in cucina, che cosa
le chiedevano le rezdore?
Pierluigi: prima della guerra, quando avevano fatto il brodo avevano fatto tutto,
primo e secondo, le bistecche, le braciole o così era vitello di latte,
quell’altra roba si faceva soltanto il bollito dello stracotto. Anche lo
spezzatino si faceva tutto col vitello, poi pian piano è cambiato tutto,
con i vari tagli si faceva roast beef e quelle cose lì, anche arrosto
con il manzo. Ma io non so, non sono mai stato un gran cuoco. Sono stato un mangiatore,
adesso non ne mangio più, non mi riesce più mangiare. È proprio
la carne che non mi va, l’avrei mangiata viva allora. Prima della guerra
la gente veniva, quando c’era una bestia che non stava bene o che moriva
perché andava nell’erba gonfiavano, le scoppiavano perché proprio
le foravano, e andavano a ruba. Non si poteva venderla in bottega, bisognava
venderla nel mattatoio o in una stanza che si allestiva un po’, la gente
prendeva due-tre kg alla volta e faceva solamente del bollito, bisognava mettere
sù un gran cartello con scritto “da consumarsi cotta”.
L’alimentazione poi è cambiata tutta, quindi vari tagli, dai
noi altri poi è cambiato tutto negli anni ’60-’70. D’estate
avevamo i toscani, avevamo i romani, i toscani poi specialmente erano abituati
con della carne buona, perché in Toscana hanno della carne buona, quindi
quando venivano in bottega la sapevano comprare, forse sapevano anche mangiare,
mi facevano diventar matti però. Facevano diventar matti più i
modenesi, magari, che delle volte non si sa se… però si sta bene
con i toscani.
Dovevamo ricorrere ai magazzini, sorse l’Inalca a quei tempi, è stato
un boom negli anni 70-80, in quattro e quattr’otto sono andavati in tutto
il mondo. Io andavo giù, eravamo amici e potevo andare dentro nei frigo
e scegliermi le cose. Prendevo il maiale, il vitello, le selle, quello che volevo,
lì si prendeva tutto quello che mancava, magari macellavamo due capi,
ma gli anteriori non andavano via tanto, quindi ci volevano setto-otto posteriori.
Non si poteva ammazzare cinque bestie in una settimana perché dopo il
davanti, gli anteriori, non si sapeva a chi darli. Abbiamo preso della carne
argentina una volta, l’accademia militare a volte stava sù un mese
e mezzo, anche due, quindi c’era una fornitura buona perché ci volevano
due quintali e mezzo, tre quintali di carne al giorno per i due battaglioni.
Delle volte bisognava andare a comprare in giro, macellare che fossero
pronti; un anno abbiamo combinato nella carne refrigerata argentina che non era
congelata, era refrigerata, si lavorava bene lo stesso così, allora comperavamo
queste mezzene argentine, carne scura, brutta da vedere, ma era di un sapore… buonissima,
allora prendevamo anche dei posteriori in Toscana, non andava bene perché vogliono
il vitellone che deve essere chiaro come il vitello, quella lì era una
carne rossa.
La carne cruda qui si mangiava?
Pierluigi: no, c’è qualcuno adesso. Io è un po’ di
tempo che non sono in bottega, in tanti che vengono prendono delle fette di carne
tagliata sottile per fare il carpaccio, la tagliano come il prosciutto e la condiscono,
ma del resto no. Per il carpaccio si può prendere anche dei tagli duri
perché è tanto sottile che si poteva fare quello che si voleva.
Le frattaglie invece? Diceva prima le trippe…
Pierluigi: noi quando macellavamo d’estate, che si macellavano tanti vitelli,
magari 7-8-10 fegati di vitello si vendevano in bottega. Il fegato di vitello
era buono e si vendeva bene, però i polmoni, i rognoni, le testine, le
zampe pelate senza pelo andavamo a Firenze. Le portavamo sempre là ai
magazzini e ce li vendevano loro. Portavamo là anche le budella e le trippe
sporche non pelate, ci pensavano loro.
Questo fino a quando è avvenuto?
Pierluigi: fino agli anni ’70, dopo abbiamo cominciato ad aver bisogno
noialtri dei vitelli quindi non portavamo più in giro la roba perché ce
n’era bisogno in bottega, però la frattaglia la portavamo via lo
stesso. Adesso c’è una ditta grossa, la Sapi, che raccoglie tutti
i sottoprodotti della macellazione: grasso, sego, ossa, budella, portano via
tutto.
Invece il maiale quando avete iniziato a trattarlo?
Pierluigi: il maiale d’inverno sempre, mi ricordo che quando ero ragazzo,
allora poi si lavorava in una certa maniera, si stava insieme a un maiale tre
giorni perché mio papà stava anche in bottega. Noi eravamo ragazzi
e non sapevamo mica come fare, dopo pian piano abbiamo cominciato: in un giorno
si macellava, quell’altro giorno si faceva a pezzi e si preparava, poi
dopo si macinava e si insaccava, non facevamo i salami perché non mi piaceva
e non mi venivano bene. La salsiccia la vendevamo tutta, cotechini, coppa di
testa… tutte quelle cose lì facevamo. Il maiale una volta macellato è tutto
da lavorare, non è come il bovino.
Che razze di maiali c’erano?
Pierluigi: allora venivano dalla Toscana a portare i maialini piccoli, c’erano
dei maiali grassi con dei lardi alti così e dopo invece con i caseifici
hanno cominciato a tenere dei maiali più magri.
Il maiale da queste parti non si ammazzava a casa?
Pierluigi: sì, anche adesso, uso familiare, un tempo tutti macellavano
il maiale in casa.
Però voi lo tenevate in bottega?
Pierluigi: in macelleria sempre.
Quindi c’era sempre qualcuno che veniva a comprarlo?
Pierluigi: perbacco, però d’estate le braciole di maiale, quelle
con l’osso, non si vendevano neanche a dargliele dietro, a regalargliele,
si cominciava ad ottobre a macellare, a fare qualche salsiccia, cotechini, fino
a Pasqua.
Cinquanta, sessanta anni fa chi era il cliente che veniva alla
macelleria?
Pierluigi: allora comperavano la carne a etti o a kg al massimo, a quei tempi
la gente faceva la spesa minuta, non faceva la spesa come fanno adesso, mio fratello
macella tutte le settimane perché c’è troppo da fare, macella
otto-dieci capi alla settimana che sono di privati, dopo uno prende una mezzena,
quell’altro prende un quarto, oppure macellano loro, gli danno un quarto
e glielo mettono a posto tutto, le varie fettine, macinano quello che c’è da
macinare, poi la gente se li porta a casa e li congelano.
Una volta però venivano i contadini in bottega?
Pierluigi: i contadini non venivano mai, poveracci.
Allora chi veniva?
Pierluigi: veniva la gente del paese, del resto in campagna tiravano il collo
a un coniglio o una gallina, poi dopo la carne la prendevano a Pasqua e a Natale
quella di bovino.
Bovino ha detto, agnelli?
Pierluigi: noi a Pasqua macellavamo una cinquantina di agnelli… erano
tanti.
C’era una grande richiesta?
Pierluigi: sì, erano abituati a mangiare l’agnello, c’era
la gente che veniva da fuori, si prendeva un mezzo agnello, se lo portava via.
Gli agnelli si prendevano qua attorno, perché i contadini allora per avere
la lana in casa tenevano venti-venticinque pecore, ne tenevano anche di più ma
poi le davano ai pastori che andavano giù nel Rovigotto, a Verona, da
quelle parti lì, e ne tenevano a casa qualche d’una e quando arrivavano
a Pasqua quelle pecore lì avevano l’agnello piccolo, uno ne aveva
sei o sette, quell’altro tre o quattro, si mettevano insieme tutti questi
agnelli.
Come si mangiava l’agnello?
Pierluigi: arrosto, fritto e in umido; costolette fritte o arrostite.
Cosa altro si friggeva dell’agnello?
Pierluigi: tutto, la coscia non conviene mica perché è polposa,
si fa l’arrosto, la spalla anche, del resto si tagliava tutto in bottega,
a Pasqua c’era una lavorazione che c’era da diventar matti.
In bottega si vendevano anche le galline?
Pierluigi: le galline le pelavamo noi, avevamo un paio di parenti, di vecchietti
che venivano, li mettevamo giù di sotto dove c’era una gabbia di
galline, perché si andava al mercato a Lama perché qui non si trovavano
mica tanto. Al mercato si compravano le galline che ci volevano, polli poco,
sono saltati fuori dopo, più che altro galline, capponi e tacchini; poi
li vendevamo in bottega un quarto, mezzo, intero.
Le galline erano per il brodo?
Pierluigi: per il brodo, per fare l’arrosto ci voleva il cappone ma erano
pochi… c’era della gente che quando avevano i pulcini dopo che erano
un po’ grossi li accapponavano e facevano i capponi, adesso invece si trovano
da per tutto, chimicamente li fanno diventare capponi, allora invece c’era
una donnetta che se li metteva in mezzo alle gambe voltati su, gli tagliava un
pezzo di pelle poi andava dentro, tirava fuori i testicoli, glieli tagliava,
ci metteva un po’ di olio, non so poi come faceva, gli cuciva la pelle
e lì saltava fuori il cappone.