11/08/2006
Il Sacerdozio
Fanano
Margherita Darù
(Suor Rosangela)
Il croccante del monastero delle suore cappuccine di Fanano
PARTE 1
Che storia ha questo Convento?
Suor Rosangela:questo convento, questo monastero più che convento di suore
cappuccine, terziarie cappuccine è stato fondato da Monsignor Rolli verso
la fine del ‘600. Non c’è una data ben precisa, si sa che
a Ospitale dove era parroco questo Monsignore aveva promosso le famose missioni
popolari verso il 1697, poi delle ragazze, dopo questa esperienza spirituale,
delle giovani della parrocchia hanno voluto fare un cammino di vita religiosa.
Quindi lui è il vero fondatore del monastero delle monache qui a Ospitale.
Poi lui per formare il terz’ordine francescano, queste sorelle: ha chiamato
una monaca di Spilamberto, perché a Spilamberto esisteva un monastero
di terziarie cappuccine. Bisogna fare una precisazione su cosa vuol dire terziarie
e cosa vuol dire monache di clausura: le terziarie sono aggregate al primo ordine
francescano direttamente però vengono dette terziarie regolari se vivono
in vita comune. Quando invece vivono nella famiglia o da sposati o da single
sono terziarie francescane secolari. Le monache clarisse sono una fondazione
diretta di Santa Chiara e vengono chiamate le monache del secondo ordine, fanno
clausura totale papale. Queste monache qua avevano preso la regola del terz’ordine
francescano, vivevano in mezza clausura, in clausura non papale, erano di diritto
diocesano dipendenti dal Vescovo e accoglievano bambine per educarle, per crescerle:
a quei tempi orfane di guerra, c’era un mare di necessità soprattutto
per le bimbe. Queste monache all’inizio del ‘700 si sono trasferite
a Fanano insieme al trasferimento di questo parroco da Ospitale a Fanano e lui
le ha alloggiate in una casa attaccata alla parrocchia, quindi il monastero allora
non era così, era una piccola casa che loro poi con gli anni e con il
loro lavoro hanno trasformato. Già nel 1969, quando la Congregazione delle
suore francescana di Rimini sono arrivate qui per continuare la loro opera, tutto
questo stabile era così. Questo monache vivevano in preghiera, vivevano
ritirate e accoglievano bimbe povere per mantenerle perché non avevano
sussidi, non avevano benefici, ricamavano. Ci sono dei ricami bellissimi che
conserviamo, ci sono dei ricami del ‘700 che abbiamo in una parte della
casa.
Praticamente abbiamo trasformato in museo dove ci sono queste cose rimaste;
tante ne sono andate perse… e poi facevano questo croccante. Io non so
se hanno cominciato subito o se hanno cominciato più tardi, fatto è che
il fare croccante era un modo per guadagnare e lo è stato anche per noi,
perché quando siamo venute qui i proventi della parte dell’ospitalità erano
molti esigui. Ci sono stati dei momenti di penuria eccetera, una casa richiede
una manutenzione enorme e il croccante era una risorsa buona anche quando eravamo
in numero sufficiente per poter lavorare; perché in due non si lavora
il croccante se non con piccolissime dosi, realizzando molto poco, perché il
croccante richiede una lavorazione veloce a costo di bruciare tutto, di far annerire
tutto quanto.
Quante persone quindi servono per fare il vostro croccante?
Suor Rosangela: io sono stata nel 1998, e allora lo facevamo proprio per venderlo.
Accettavamo ordinazioni e ne facevamo diversi chili alla settimana, ma eravamo
in cinque o sei attorno al tavolo e una alla padella. Io sono specializzata alla
padella: quella è la padella che viene messa sopra la stufa a legna, viene
sciolto lo zucchero, un tot di zucchero perché il croccante non è altro
che un impasto di zucchero fuso con delle mandorle lamellari. Si mette la padella
proprio sul fuoco vivo, c’è un punto esatto che la cuoca che sta
alla padella deve riconoscere il momento giusto per buttare giù le mandorle
lamellate e impastare velocemente, togliendo dal fuoco perché lo zucchero
fuso in un attimo ti diventa scuro e non ottieni più il bel croccante
biondo. Quando è impastato velocemente, si diminuisce il fuoco chiudendo
i cerchi e poi si dà ad ogni sorella una parte a seconda dello stampo
che deve fare. Allora se una deve fare uno stampo così che viene usato
per fare le bomboniere poi ci si fa il manico eccetera, è poco, è un
pugnettino così. Insomma, in base alla grandezza dello stampo viene data
la quantità, questa quantità di croccante viene appiattita, viene
assottigliata con uno di questi sassi.
Che sassi sono?
Suor Rosangela:sono sassi del fiume, sono sassi che si conservano penso dal 1800,
non sappiamo da quando, è tutto materiale che viene tenuto in un posto
per battere il croccante. Allora, tengono sulle ginocchia una padella; naturalmente
si mettono il cuscino sotto perché ci si scotta le ginocchia, le scottature
sono all’ordine del giorno quando si lavora il croccante, una deve essere
veloce ad appiattirlo. Poi, naturalmente non è molto piacevole: io non
ci riuscirei perché ho il fastidio delle dita che sono delicatissime,
mi brucio sempre. Prende, butta nello stampo poi prima con il sasso poi se è completato
il legnetto che serve per fare aderire a tutte queste scannellature la pasta
tenera. La pasta che deborda viene tagliata via con queste forbici: sono antichissime.
Viene pareggiato, si lascia raffreddare del tutto o quasi, poi si estrae e si
fanno tanti stampi. Vengono montati e a seconda del modo di montarli vengono
fuori delle forme. La forma più caratteristica del croccante delle cappuccine è la
famosa torre degli sposi che diventa anche sui 4 chili di peso. Non può essere
incollata tutti intera, quindi viene fatta una parte e la seconda parte viene
aggiunta sopra, un’altra punta alta così viene aggiunta sopra nel
momento di servirla a tavola perché il croccante è delicatissimo,
basta un piccolo urto e si rompe tutto. Questo è stato il nostro lavoro
e ci siamo mantenute tanto tempo con questo, quando abbiamo avuto una diminuzione
di persone, soprattutto la suora che era iscritta all’artigianato è entrata
pensionata, poi la nostra società complica tante cose che una volta erano
più semplici quindi un motivo per cui non lo facciamo più è appunto
questo, che siamo poche, abbiamo poche persone che lavorano e poi anche motivi
di finanza. Bisognerebbe mettersi in regola però noi per adesso abbiamo
questo scrupolo, può darsi che un domani possiamo riprendere perché è un
brevetto che abbiamo e mi sembra sia giusto mantenerlo.