08/08/2006
Sulada
Medola, Frazione di Palagano
Orsolina Merciari
Rezdora e apicoltrice
Preparazione della sulada.
Miele, api e apicoltura
PARTE 1
La signora Lina ci sta preparando un piatto tipico di questa zona.
Lina: la sulada, un piatto economico, semplice, antico.
Quali sono gli ingredienti?
Lina: gli ingredienti sono: farina 0, perché una volta veniva macinata
e si usava proprio quella di grano.
Quanti cucchiai ha messo?
Lina: saranno 10 cucchiai, neanche, un po’ di sale, poi si amalgama con
acqua naturale perché quella del rubinetto non è buona. Si amalgama
piano piano in modo da non formare grumi, andrebbe lasciata riposare, almeno
mezz’ora, un’ora, che dopo si stende anche meglio mentre si frigge.
La cottura come si faceva?
Lina: anticamente nella padella di rame.
Si fa quasi una colla, molto densa...
Lina: tipo i ciacci, però quella dei ciacci è molto
più liquida, in quella che fanno a Palagano ci mettono anche un po’ di
latte.
Diceva Lina?
Lina: che anticamente si usava la padella di rame, mia cugina usa quella di ferro
ancora, sulla stufa va meglio perché cuoce lentamente e ci va meno olio
per ungere la padella, quindi diventa più croccante, però sul gas
e con la padella antiaderente...
Bisogna mettere un po’ di olio in più?
Lina: e stare attenti...
Una volta, Lina, questo piatto quando si mangiava?
Lina: questo lo facevano a mezzogiorno, al mattino facevano la polenta di castagne,
a mezzogiorno pasta asciutta o questa; spesso però a mezzogiorno facevano
la polenta di granoturco. La mia mamma la preparava da portare alle vigne, avevamo
le vigne per andare verso Palagano, allora col cestino doveva preparare la polenta
e la portava in campagna.
Solo polenta?
Lina: polenta con qualcosa che avevano in casa.
Mentre la sulada o solata?
Lina: questa la facevano a mezzogiorno, quando non dovevano andare in giro.
Come si mangia questa sulada?
Lina: si frigge e si mangia così o con del salume.
Anche con del formaggio?
Lina: formaggio pecorino.
Mia cugina sulla stufa lo fa un pochettino più denso.
È pronta per passare alla cottura? Quindi è un
piatto molto veloce, rapido da preparare.
Lina: si perché si fa veloce, si mangia e uno si sazia
benissimo.
Lei lo prepara ancora questo piatto?
Lina: sì.
Un tempo si cucinava anche nella padella chiamata sole?
Lina: no, no, veniva solo fritto sulla stufa o nel fuoco.
In una padella di rame?
Lina: una volta lo facevano nel camino e usavano la padella di ferro con il manico
che veniva appesa alla catena del focolare.
Questo nome, sulada, non richiama il nome della padella?
Lina: quello non lo so.
Poi si frigge.
Adesso lei frigge con l’olio d’oliva, ma un tempo?
Lina: si friggeva nello strutto, l’olio si teneva proprio per le esigenze
particolari.
Fa delle specie di frittelle...
Lina: sì, ci metto un mestolo alla volta, se sta lì un
pochino la pastella, questi grumini qua vanno via da soli, poi si stende, tipo
un ciaccio però viene un po’ più spesso.
Lei sa se una volta usavano le cottole?
Lina: no perché ci vuole l’olio.
Una volta sostituiva il pane?
Lina: sì, quando erano senza pane. Ci vuole una palettina per voltarla.
La signora oltre a fare la sulada è anche un apicoltore,
di famiglia...
Lina: diciamo di sì, le aveva mio papà, quando
ero piccola mi ricordo che per raccogliere il miele dovevano uccidere le api.
Quale era la tecnica che si usava una volta?
Lina: prendevano dello zolfo, quello che si usa per le viti, in polvere, poi
lo facevano sciogliere in un contenitore di ferro perché altrimenti si
corrode. Quando diventava liquido prendevano degli stracci, li imbevevano e questi
stracci una volta spenta la fiamma continuavano a emanare fumo e li mettevano
nel buco dove c’erano le api.
Che buco era?
Lina: era un tronco alto così di una pianta, davanti venivano fatti cinque-sei
forellini di modo che le api andavano e venivano e poi lo richiudevano e venivano
soffocate. Si toglievano i pezzi di cera dove c’era il miele, lo mettevano
nei contenitori, nei secchi, poi lo tagliavano a pezzi e con le mani venivano
fatte delle colle, si stringeva in modo da far uscire tutto il miele. Solo che
con quel metodo lì non usciva tutto, adesso si mette nei colini in modo
che la cera diventa bella asciutta, allora il residuo che rimaneva da quelle
palle dove c’era dentro il miele lo facevano bollire in un tegame con dell’acqua
in modo che uscisse il miele rimasto dentro, lo chiamavano mielaccio.
Lo mettevano nella fiasche da bere come ricostituente. Questa è pronta,
lasciare lì l’impasto però è tutto un altro sapore...