23/08/2006
Frumento
Renno, Frazione di Pavullo nel Frignano
Bruno Fiorentini e la moglie Bruna
Il contadino del parroco
PARTE 2
Dopo avete abbandonato le pecore. Perchè era un lavoraccio
insomma...
Bruno: si capisce, a lavorare nei campi presto la mattina. Si andava nelle cinque,
cinque e mezza, si andava a segare il fieno a mano con la ferra e a
tagliare il grano. Ce n’era del lavoro, si andava nel campo presto poi
dopo la razdora portava la colazione nel campo, le crescenti. Allora
le crescenti erano in tutte le case tutte le mattine, non con tutte le fette
di prosciutto che ci mettono adesso dentro, un po’ meno… perchè mi
ricordo che facevano per esempio 30 crescenti, non è che mettessero -perché si
mangiavano quasi tutte sempre con il lardo- un piatto di lardo, se c’erano
trenta crescenti facevano trenta cosini di lardo su un tagliere e uno ne prendeva
ogni crescenta uno, non due: uno, se la crescenta la mangiava a metà tagliava
a metà il cosino ecco. Non c’era mica tanto da scherzare.
Poi dopo si ritornava in casa a che ora?
Bruno: se era caldo molto alle 11 si lasciava lì e si tornava via verso
le 2 e mezzo.
Si mangiava qualcosa di leggero?
Bruno: un po’ di merenda la portavano nel campo verso le 5, sempre, un
po’ di pane con il vino, il vino non ci mancava perché avevamo la
vite e facevamo il vino.
Che vino facevate qua?
Bruno: vino molto brusco, non veniva mica buono. A Olina sì, invece qui
a Renno no, dipende dalle zone, dal tipo di terreno o anche come è messo,
Olina era forte.
Qua invece non era un granché....?
Bruno: no, poco buono.
Che vite era, che qualità era?
Bruno: uva tosca nera e bianco trebbiano, ma non maturava bene.
E il vino si beveva sempre?
Bruno: tutti i giorni, anche alla mattina con le crescenti, ne facevamo del vino
e quando si andava nel campo si prendeva dietro un fiasco di vino e via… al
riposino un bicchiere.
Ci hanno parlato anche di un mezzo vino, che cos’è?
Bruno: sì, allora nel tino dove facevano il vino buttavano dentro l’uva,
lo riempivano, ce n’erano da 8 quintali, 10 quintali, 12 quintali e poi
la pestavano con i piedi, la sgualcivano, andavano dentro in due in
questo tino grande con i piedi, la pestavano tutta finché non veniva fuori
il liquido e rimaneva dentro la graspa, e poi lo ributtavano dentro tutto quello
che era venuto fuori. Il mosto poi bolliva e la graspa veniva sù in alto
e lasciavano 7-8 giorni perché si schiarisse. Levavano il vino, la graspa
andava in fondo e ci buttavano in cima l’acqua così si lavavano,
quello lì lo lasciavano dentro e lo bevevano dal tino, lo chiamavano il
mezzo vino ma era poi tutta acqua, era colorata un po’.
Quindi il vino buono si beveva solo in certe occasioni?
Bruno: sì, per la funzione.
Voi facevate il vino anche per la Chiesa?
Bruno: al prete davamo la sua metà, lo faceva fare lui in canonica, il
vino noi gli portavamo la sua parte dell’uva.
Lo usava per la funzione?
Bruno: lo usava per la funzione, poi quello che aveva in più lo vendeva,
lì non si discuteva, la cosa andava divisa al 50% in tutto.
Le bestie di chi erano di proprietà?
Bruno: erano di proprietà di tutti e due.
Un mezzadro che cambiava posto faceva fare la stima delle bestie?
Bruno: sì, veniva stimato tutto il capitale.
Andava via, lasciava lì le sue bestie e il padrone gli lasciava
la sua parte, quella che veniva stimata.
Lui, poi, la andava ad investire nell’altro podere dove andava, se
smetteva prendeva i soldi. Come ho fatto io nell’82 quando è venuta
la legge dell’affitto: avevo 38 bestie, venne uno stimatore, uno della
Curia; poi ne avevo uno anch’io. Venne stimata e la sua parte la pagai
al prete perché lui non c’entrava più, diventai padrone di
tutte le bestie.
Quindi erano due le persone che stimavano il capitale?
Bruno: uno per ogni parte, si poteva fare anche con una sola se si fidavano tutti
e due di questo tipo, ma delle volte sa com’è…
E poi come si arrivava all’accordo?
Bruno: l’estimatore diceva questo costa tanto, questo costa tanto… metà per
uno… si faceva presto.
Voi quindi davate l’uva, non il vino?
Bruno: sì, davamo l’uva.
È l’unica cosa, tutto il resto davate il prodotto
finito, per esempio il formaggio?
Bruno: il formaggio che facevamo noi in casa, perché formaggio se ne faceva
poco. Per esempio una mucca che partorisce per una quindicina di giorni non era
buono il latte da portare il caseificio per fare il parmigiano reggiano, però facendo
il formaggio in casa dopo cinque o sei giorni che aveva partorito si poteva fare.
Allora facevamo quei formaggi in quelle occasioni che la mucca partoriva. Il
nostro padrone si portava tutte le mattine appena munto un litro di latte fresco
per la giornata, quello era nei patti, dopo munto si portava su in canonica il
latte alla perpetua. Dal prete questo non capitava ma succedeva anche da certi
padroni quando la razdora... la razdora era poi mia madre o
mia zia che portava il latte al padrone, il padrone se era una bella signora
eh…
Quindi preferivate andarci voi?
Bruno: no, scherzo. Comunque ce n’era di questi tipi qua, che se ne approfittava
della contadina perché non poteva andare a dire niente al suo marito perché lui
poi dopo ti dava lo scomio.
Quello che si divideva con il sacerdote, ci stava spiegando,
era quello che si prendeva dalla vendita di quello che si era coltivato?
Bruno: beh adesso, il latte veniva consegnato al caseificio e una volta all’anno
lo pagavano e i soldi andavano metà per uno; il grano la sua parte lui.
Quando si trebbiava prendevo 20 quintali io e 20 quintali il padrone. La sua
parte lui la vendeva, noi lo tenevamo per mangiare.
A parte il discorso della Curia, in un rapporto di mezzadria
cosa si faceva quando si dovevano fare degli investimenti per la stalla, i trattori?
Bruno: doveva pensarci il contadino.
Cioè le spese erano a carico del contadino?
Bruno: il trattore era suo e doveva pagarlo lui.
La stalla invece era del padrone?
Bruno: la stalla era del padrone, lì se doveva riparare qualcosa toccava
al padrone.
Invece le attrezzature?
Bruno: le attrezzature erano del contadino. Perché una volta era poca
cosa, si lavorava molto a mano con la falce, la zappa. Dopo poi era diventato
una cosa importante.
Frutta l’avevate qua?
Bruno: un po’ di ciliegie, duroni ce n’era qualche pianta.
Si vendevano?
Bruno: sì.
Dove le portavate?
Bruno: a Vignola. C’era della gente di qua che le prendeva su, le comprava
e le portava a Vignola, per esempio a Olina c’era Barattini Bruno, si portavano
al mercato a Vignola.
Quanta terra avevate voi, un bel po’ per avere quaranta
vacche?
Bruno: circa 45 biolche ma erano terreni che rendevano, era terreno buono. Partiva
da qui dal campo sportivo, andavano in là fino sotto paese oltre al cimitero,
era tutto della Curia.
Tutto coltivato?
Bruno: sì, c’è 12-13 biolche di castagneto su di lì,
dove si andava a raccogliere le castagne.
Che castagne ci sono qui?
Bruno: venivano le castagne buone, perché erano tutte innestate, non è che
fossero selvatiche come adesso. Anche quelle lì si portavano a casa, si
mettevano nel gradezza. Si seccavano, si faceva fuoco per una ventina
di giorni sotto, c’era un piano con tutte le fessure, sopra si mettevano
le castagne e sotto si faceva un gran fuoco, una volta o due si giravano perché si
metteva uno spessore così la sù in cima al piano e poi dopo si
faceva la farina.
Si portavano al mulino?
Bruno: si portavano al mulino.
Dove era qui il mulino?
Bruno: eh, qui giù, i mulini di solito sono dietro ai torrenti, a Renno
qui in fondo ce n’erano due.
Uno al Loghetto e uno a Sassopulcino e poi ce n’era un altro qui
che mi viene in mente il mulin dal Tui.
Ma ci arrivava l’acqua così in alto?
Bruno: qui c’è la sorgente del Becco la chiamano, c’è un
fosso che corre sempre anche durante l’estate e va giù… poi
c’è la sorgente anche di là a 50 metri, viene fuori un cannone
anche adesso così che va sempre giù nel fosso. Vedi laggiù,
ho una fontanina vicino al portone, un’altra lì, ho l’orto
e un po’ di frutteto di là, ho sette o otto rubinetti da per tutto, è tutta
acqua che viene a caduta dalla fontana e l’ho portata qua. Non la pago, è quella
che va fuori, in casa adopero l’acqua del Comune, quello invece che adopero
fuori… lì c’è una sorgente bellissima.
Quindi facevate parecchia farina?
Bruno: sì, si faceva molta polenta.
Di castagno parliamo.
Poi avete lasciato perdere?
Bruno: oh... ma tanti anni fa...
Quando?
Bruno: io penso che dal ’60 in avanti non hanno più raccolto castagne,
qualcuno sì ma non come prima.
Adesso c’è ancora il castagneto?
Bruno: ah c’è si però ormai le piante vecchie innestate ormai
se ne vanno e le altre sono tutte selvatiche, fa le castagne lo stesso però non
sono così buone, sono peggiori come qualità.
So di molti mezzadri che sono diventati padroni...
Bruno: beh, hanno comprato. Il padrone quando si è trovato che il contadino
andava via, l’abbandonava, e non rendeva più, tanti hanno venduto.
I Landi a Brusiano avevano dieci contadini, anche mia moglie era una contadina
dei Landi, avevano dei contadino a l’Acqualina, Brusiano, Carpilon,
a Lera, a Ruchetta, a la Sbrëgna, a Pavël: era tutto dei Landi.
Hanno venduto tutto tutto, quando i contadini hanno incominciato ad abbandonare
loro vendevano, c’è rimasta solo a Brusiano la casa vecchia dove
abitava il padrone… c’è un oratorio… del resto hanno
venduto tutto e cosa facevano… quando non rende più! Nelle stalle
adesso sono attrezzati, ci sono delle catene che portano via tutto, allora con
una carriola due volte al giorno alla mattina e alla sera caricare sù… portare
via; mia moglie mi ha detto se non sai cosa dirci digli che io per tanti anni
ho spalato la stalla con la carriola…
Sua moglie quindi le dava una mano?
Bruno: accidenti!
Quindi non era solo in casa ?
Bruno: no, prima le bestie, poi dopo in casa.
Qua le mucche erano anche al pascolo?
Bruno: no, noi no, sempre dentro… poi dopo, nel ’60, anche un po’ prima,
arrivò la mungitrice per fortuna e dopo si mungeva con la mungitrice,
ma prima a mano, a mungere venti vacche in due alla mattina e alla sera.
Quanto ci voleva?
Bruno: ci voleva quasi un’ora, si mungeva a mano con il caldo lì sotto
d’estate, sotto la mucca. Una vita…