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Piatti a base di verdure, uova e latticini



Le verdure hanno sempre avuto un posto importante nell'alimentazione dei contadini modenesi, non tanto, come si è evidenziato nell'introduzione, per le colture in campo, quanto per la presenza, in tutti i poderi, dell'orto, che era un grande laboratorio di biodiversità, anche se non è mai stata trascurata la raccolta di verdure spontanee, dai radicchi, alle cicorie, all'ortica.

Se le verdure venivano raccolte soprattutto durante la buona stagione, le varie tecniche messe a punto per la loro conservazione consentivano di poterne disporre anche nel restante periodo dell'anno.

Un altro aspetto che è stato sottolineato nell'introduzione è come, in tema di verdure, la cucina modenese sia debitrice soprattutto di quanto giunse in Europa dalle Americhe.

A cominciare dal pomodoro, per proseguire con patate, fagioli, fagiolini, zucche e zucchine, peperoni.

Tuttavia il ruolo delle verdure nella cucina modenese, rispetto ad altre cucine, in particolare del Sud, si pensi a quella pugliese, non è mai stato di primo piano quanto, piuttosto, di complemento alle diverse portate. Le verdure, come si è visto, entrano sia nella preparazione dei primi piatti, tanto asciutti che in brodo, in particolare nel ripieno delle paste, mescolate con la ricotta, che nell'accompagnamento, come contorni, dei secondi di carne e pesce.

La preparazione che più esalta il ruolo della verdura è la torta, tant'è che nel filmato si è scelto come esempio innanzitutto lo scarpasot, torta di pasta sfoglia ripiena di bietole o spinaci, tipica della zona di Carpi, al confine con il reggiano, dove assume la denominazione più nota di erbazzone.

Oggi utilizzato più come stuzzichino o antipasto, un tempo l'erbazzone, come racconta Agar Borghi era un piatto unico per la cena.

La torta è a base di pasta sfoglia, l'impasto utilizza la verdura a foglia lessata ed insaporita nel solito soffritto tipico modenese (battuto di cipolla, lardo o pancetta), con aggiunta di Parmigiano-Reggiano: veniva cotta nel forno a legna.

Il principio è lo stesso anche per la torta di patate, diffusa soprattutto nella zona appenninica ovest, di cui presentiamo sia una versione con la pasta che senza pasta. La pasta era non lievitata, su cui veniva rovesciato l'impasto di patate lessate e passate e l'immancabile battuto montanaro di lardo, aglio e rosmarino. In questo caso la cottura veniva realizzata oltre che nel forno a legna anche nella padella sulle braci.

Il ruolo delle verdure è essenziale nelle salse per accompagnare la carne ed in particolare il lesso, cui tradizionalmente vengono accostati anche il purè di patate ed i fagioli in umido.

Le due salse più tipiche si differenziano per l'essere una con gli ingredienti lavorati a crudo e l'altra cotti.

Della salsa verde cruda, vengono presentate diverse varianti relative all'utilizzo, su una base comune di prezzemolo ed aglio tritati e conditi con olio e sale, di cipolla, peperone verde, sedano ovvero di un uovo sodo o del Parmigiano-Reggiano.

Per la salsa cotta da conservare, il cui modello è l'insalata giardiniera, vanno bene un po' tutte le verdure estive dell'orto, tagliate a cubetti: ciò che la caratterizza è il gusto agrodolce, ottenuto con l'aggiunta di zucchero (o miele) e aceto (di vino, balsamico o di mele).

Per i palati più inclini al gusto piccante, sono tipiche alcune mostarde, in particolare la Mostarda fina di Carpi, a base di miele, scorze d'arancia, spezie e mele, con aggiunta di senape, che fa parte di una grande tradizione di mostarde che si estende a sinistra verso Reggio Emilia e Parma, a destra verso Ferrara e, soprattutto, a nord verso Mantova e Cremona.

Come fa notare nella sua intervista per Storie di terra e di rezdore Carlo Rossini, che si è dedicato a riprodurre sulla base delle fonti storiche la mostarda fine di Carpi, lo stesso savòr, da marmellata, poteva trasformarsi in mostarda con l'aggiunta di qualche goccia di olio essenziale di senape. La mostarda di mele campanine fa sicuramente parte delle tradizioni modenesi come racconta nella sua intervista Lorenza Grossi, cosí come la salsa di cren, fatta con la radice di rafano grattugiata, magari ingentilita, come nella versione da lei presentata in questo volume, dall'aceto balsamico.

Alla più famosa ratatouille assomiglia invece il friggione modenese. Anche in questo caso si stufano le verdure a disposizione in padella con pancetta o lardo, avendo cura di aggiungerle in base ai diversi tempi di cottura, in particolare cipolle, pomodoro, patate, peperoni.

Ma non si può dimenticare l'uso di friggere le verdure, da sole, nella pastella o nella frittata con le uova, ovviamente un tempo soprattutto nello strutto, oggi nell'olio di semi o di oliva.

Nel filmato viene presentata la frittata di cipolle all'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena dell'Osteria di Rubbiara di Nonantola, esemplare per la sua semplicità e bontà: ovviamente il balsamico va aggiunto all'ultimo momento ed a crudo, con sufficiente generosità.

Nella ricetta di Franca Prampolini compare anche l'aglione, un misto di aglio, sale e rosmarino, che è l'esaltatore di sapore alla modenese, con questa funzione utilizzato anche nella cottura delle patate fritte da Pina Bonaccini e che, come si è visto, è la base dei condimenti montanari, con l'aggiunta di lardo battuto.

Le altre ricette raccontano della grande varietà del panorama dei fritti di verdure pur non esaurendolo: ci sono le patate, le zucchine, la zucca, il sedano, ma potrebbero essere aggiunti i peperoni, le cipolle, le melanzane, i fiori di zucca.

Tra i fritti troviamo anche la frutta (le mele, l'uva), per non citare la crema o i formaggi presenti nel fritto misto del Ristorante Fini.

L'ultimo filmato è dedicato alle polpette di ricotta, un ingrediente utilizzato nella cucina modenese soprattutto per il ripieno dei tortelli, giusto con le verdure a foglia cotte.

Chi la ricotta l'ha a disposizione in abbondanza, come la moglie di Ennio Ferrari, uno degli ultimi pastori, la utilizza in più modi, in particolare per le crostate dolci, ma anche per le polpette salate.

La ricetta di Berta Bertarini, delle polpette dolci e brusche, che lei chiama rosoline, da Rosola, la località dove è nata, è tipica dell'appennino est verso Bologna, tant'è che ritorna nella descrizione di Dina Rossi di Montese, ed è certo un buon viatico per passare al capitolo successivo dedicato ai dolci.