25/07/2006
Piccinini Disma
Nonantola
Disma Piccinini
Partecipante
La Partecipanza e la sua evoluzione storica
I colombi triganini e i colombi fattori
PARTE 1
Lei è membro di una famiglia di partecipanti di Nonantola,
mi spiega che cos’è la Partecipanza Agraria?
Disma: dovrei rifarmi a quando è nata la Partecipanza, anzi prima. Voi
vedete qui il cippo di Sant’Anselmo che è stato il fondatore dell’Abbazia.
L’Abbazia di Nonantola?
Disma: Abbazia di Nonantola. Nel 750 era arrivato qui a fondare l’Abbazia,
nel 1058 un suo successore che si chiamava Gotescalco, Abate dell’Abbazia,
ebbe bisogno di circondare l’Abbazia e il borgo che si era creato attorno
con una fortificazione: quindi edificazione di mura, scavo di fosse… Chiamò gli
abitanti che c’erano allora, che erano un po’ allo sbando, non erano
organizzati. Erano i resti dei romani che c’erano stati un tempo, ma gente
che viveva soprattutto di caccia, di pesca e di raccolta dei frutti. Non coltivavano
il terreno perché qui era tutto paludoso e boschivo, comunque vivevano
con quello che trovavano. Ebbe bisogno di richiamare intorno a sé questi
abitanti e gli disse: “voi mi edificate le mura, vi impegnate a stare qui – avevano
l’obbligo dell’incollato, cioè rimanere stabili lì – e
in cambio io vi dò un ampio terreno” che era di proprietà della
Abbazia, perché questa aveva dei possedimenti enormi. Allora fece questo
accordo che si chiama la carta di Gotescalco, un documento che è ancora
visibile. Da allora ci trasmettiamo di padre in figlio, per via maschile naturalmente,
questo diritto che abbiamo acquisito allora. Si chiama enfiteusi perpetua, quindi
da allora fino ai nostri giorni ha avuto tante trasformazioni, si è rimpicciolita
perché prima era un terreno molto vasto, adesso si è ridotta a
750-760 ettari ma lavorativi saranno 750 perché poi ci sono le carreggiate,
gli argini, le strade. Ha subito tante trasformazioni da allora fino ad arrivare
ai giorni nostri, con cambio gestionale perché viene ripartita, un tempo
ogni nove anni poi per dare la possibilità di creare anche alberature:
mi riferisco a vigneti e frutteti, il riparto è stato portato a 18. Negli
ultimi tempi ha avuto un’evoluzione molto potente perché abbiamo
avuto dei periodi in cui è servita tanto la Partecipanza. Soprattutto
durante l’ultima guerra quando la gente mangiava qui e aveva poco altro,
quindi manteneva la famiglia. Con quel po’ di terra che avevamo disponibile
ricordo che si faceva grano per la famiglia, quindi frumento per far pane; rimaneva
un terreno contiguo che si coltivava a mais, al furmintòun e
questo serviva per fare polenta, per mantenere un maiale e alcune galline. 20-25
galline, quindi non era autosufficiente per la famiglia però si manteneva
un po’ in miseria, ma era parecchia fatica. Io ricordo questo periodo perché l’ho
vissuto, ho lavorato in quel periodo lì poi basta perché non permetteva
alla famiglia di vivere con quanto si produceva. Quindi aiutavo un po’ mio
padre, era diventato per me un massacro perché lavoravo tutta la settimana
poi alla domenica venivo ad aiutare mio padre finché mi sono stancato
e ho detto “adesso basta”. L’abbiamo data a dei grossi appezzamenti
che acquistano le quote; cioè le quote che non si lavorano vanno a finire
in mano a gente che coltiva. Come vedete da questa parte è monocoltura
ma è gestita solo da uno, ha acquistato tante quote in modo che può fare
monocoltura e far lavorare le macchine. Un tempo macchine proprio non ce n’erano,
durante la guerra, abbiamo zappato e vangato a mano o arato coi buoi quando si
poteva, quando non arrivavano gli aerei americani a mitragliarci (perché è anche
successo) oppure tedeschi che facevano esercitazioni qui e ci hanno sparato addosso.
Qualche volta ci siamo salvati perché siamo corsi dentro i fossi, capitava
anche questo durante la guerra. Questo è un po’ la Partecipanza,
poi le parlerò dell’ultimo riparto, di cosa è stato fatto
per esempio a questo bosco. L’ultimo riparto che è stato fatto nel
1991 ed è stato deciso a maggioranza dei partecipanti. Siccome la terra
ci serviva poco o niente abbiamo detto: va beh, un po’ di terra la adibiamo
ad altra cosa, vogliamo ricreare un’altra volta l’ambiente che c’era
quando c’erano i nostri nonni perché il bosco che era da quella
parte là è stato finito da abbattere nel 1888, mio nonno è stato
uno di quelli che l’ha abbattuto e c’era il ricordo di questo bosco.
Perché è stato abbattuto il bosco?
Disma: è stato abbattuto per far posto ai cereali, c’era un bisogno
primario di mangiare…è stato doloroso, non tutti erano d’accordo:
il bosco ti forniva legname, selvaggina. Mio nonno mi ricordava di questo bosco,
mi segnava i confini che erano abbastanza vasti. Qui invece era palude, risaia:
se guardate nelle mappe quell’appezzamento si chiamava i risi quindi era
coltivato a risaia. Dove siamo noi, valle di sopra e valle di sotto, valle significava
zona allagata, quindi ha subìto delle trasformazioni. Però qui
nelle due valli, la valle di sotto è quasi tutto adibita a bosco, bosco
nuovo che ha 14 anni di età. Da questa parte è quasi tutto palude
tranne un pezzettino che è stato impiantato bosco di recente, l’anno
scorso. La trasformazione che ha subìto la zona è notevole soprattutto
negli ultimi anni.
In Partecipanza quanto duravano i contratti?
Disma: all’inizio il riparto veniva fatto ogni nove anni, ma venivano messi
a riparto vari appezzamenti di bosco, di valle o di prato, quindi erano tre riparti
che si facevano allora. Nel 1937 ricordo bene, mio nonno mi prese per mano e
mi disse: “finalmente tutta la terra ce l’abbiamo in una zona unica” che
era là Il mol éd la valùza si chiamava, perché ogni
appezzamento ha una sua denominazione dialettale, allora ci toccò il mol éd
la valùza. Fummo fortunati perché è il punto più vicino
al paese, mio nonno e mia nonna ci venivano a piedi, quindi avevano questo vantaggio.
Però la terra era molto magra, terra arsa, argillosa. Sarebbe stata meglio
quella dell’ex bosco, il bosco era molto più fertile, la peggiore
era questa delle due valli anche perché era una delle più lontane,
da Torrazzolo a Nonantola ci sono 6 km, quindi venire a piedi era una camminata
quasi di due ore. Poi c’era da lavorare tutto il giorno, quindi il giorno
durava da sól a sól, da quando si alza al tramonto. Questa
era la giornata del partecipante, era dura ma durante la guerra comunque ci ha
sfamato.
Si trattava di famiglie numerose, in quanti eravate?
Disma: a casa mia eravamo in otto, ridotti a due attualmente. Poi c’erano
delle famiglie, quelle dei coltivatori, che erano molto più numerose.
I contadini: c’erano famiglie di 25 persone, si lavorava tutto a mano.
Come avvenivano assegnate le terre, che tipo di cambiamento c’è stato?
Disma: un tempo il presidente della Partecipanza era anche sindaco del paese,
poi ci siamo staccati dall’Amministrazione Comunale perché era tutt’uno.
All’inizio della donazione di Gotescalco si parlava degli abitanti di Nonantola,
adesso invece si parla dei partecipanti cioè quelli soltanto che hanno
questi cognomi, gli altri no. Tra l’altro adesso siamo una minoranza perché siamo
14.000 abitanti, partecipanti non arriviamo a 3.000, un tempo invece eravamo
tutti partecipanti. La zona si chiama Torrazuolo perché Torrazuolo è qui
al confine con la provincia di Bologna, qui siamo sul confine e là dove
si vedono quei pioppi è già provincia di Bologna. Ci divide una
fossa che si chiama la Muzza e di là c’è un’altra
Partecipanza, quella di Sant Agata. Sono sei le Partecipanze emiliane. L’assegnazione
dei terreni viene fatta per riparto, cioè le famiglie che hanno diritto,
le famiglie che sono a ruolo e che sono abitanti a Nonatola da tanto tempo, quelle
originali, i cognomi che sono attualmente partecipanti vengono chiamati all’atto
del riparto cioè una verifica che si fa attualmente ogni 18 anni. Quelli
che hanno diritto fanno 25 liste sulle quali in una giornata definita si fa un
sorteggio. Questi 25 capi si chiamano i Cò. I Cò vengono sorteggiati
per vedere dove gli tocca la terra nei vari appezzamenti della Partecipanza.
Le varie denominazioni che tutti conosciamo, i Risi, Le Valli, Al Bosc, il Mol.