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18/07/2006

Muzzarelli Luciano, Giovannini Maria


Documento senza titolo

Montagnana, Frazione di Serramazzoni  
Maria Giovannini
Luciano Muzzarelli
e il figlio Giorgio
Ristoratori  Hotel Valverde
Ricette e alimentazione di una volta
Le forme di formaggio – Pane e lievito  

PARTE 3

Quante forme si facevano?
Luciano: con una caldaia di 11 quintali di latte venivano due forme. C’è anche un discorso da fare, adesso il latte è sempre uguale perché gli danno un sistema di alimentazione tutto uguale tutto l’anno, una volta le mucche facevano tutte il vitellino in autunno, in ottobre; nascevano in aprile, ma d’inverno ce n’erano pochissime che producevano, i vitellini rimanevano due mesi sotto la mucca e poi si iniziava a portare il latte al caseificio. Io sono partito con la legna, poi sono venuti i fugon, l’olio pesante che bruciava sotto la caldaia: quello lì è durato poco perché provocava grossi problemi, soprattutto c’era un fumo dentro al caseificio. Poi è venuto fuori il vapore, allora abbiamo rimodernato il caseificio comperando una macchina a vapore e lì tutta una altra cosa, la caldaia è a doppio fondo. Una volta era di lama, dentro di lama una camera, tutta intorno alla caldaia c’erano due caldaie una dentro l’altra.
 Giorgio: ci voleva anche un permesso per usare la caldaia a vapore.
 Luciano: io sono andato a scuola 3 mesi poi ho dato l’esame negli zuccherifici di Reggio Emilia.
 Oltre all’alimentazione ci sono altri fattori che incidevano sulla riuscita del formaggio?
Luciano: il formaggio veniva buono allora, il mese di luglio e agosto perché c’era l’erba. Le mucche quando mangiano l’erba sono mucche di sostanza, il burro diventava giallo, prima era bianco quando ci davano da mangiare solo il fieno con anche della paglia perché c’era miseria anche lì. Quelle mucche che facevano latte anche di inverno facevano un latte magro, poteva anche fare il formaggio senza prendere via la parte di burro che non era grasso lo stesso, invece quando arrivava l’erba si riconosceva subito dal burro che diventava giallo come l’oro, con un profumo…
Giorgio: ti ricordi come si faceva il tosone?
Luciano: bisognava mettere un asse sopra la fascera che prendeva dentro il formaggio appena fatto, con un sassone sopra di 20-25 kg che spingeva giù perché si potesse compattare bene dentro. Bisognava tenerlo più alto perché se mette l’asse sopra lì non stringe niente, bisogna invece che spinga sul formaggio, allora bisognava lasciarlo più in su, non troppo perché specialmente d’estate col caldo è un po’ tenero e tende a venir fuori quello che c’è sopra, quello è il tuson.
 E si mangiava?
Luciano: eh sì, la gente che passava diceva “gh’et al tuson caser?”
A proposito di stagionatura…
Luciano: quando si è fatto il formaggio, al mattino si prende su dalla fascera, si porta in salamoia in vasconi con dentro il sale, acqua e quasi tutto sale, in 14-15 giorni si prendeva poi via, si voltava si giravano perché se no si salano da una parte e quell’altra no. Quando erano pronte si prendevano fuori, una volta salate così non si salavano mai più, si mettevano fuori al sole che prendano la pelle, poi in magazzino.
 Quanto rimanevano a stagionare le forme?
Luciano: a stagionare ci vogliono due anni, il primo anno stavano nel nostro caseificio perché avevamo noi i magazzini, poi a fine anno si vendeva il formaggio, lo comperava gente che faceva il mestiere, avevano 20-30 partite, anche 40, li stagionavano e li portavano avanti ancora un anno e mezzo circa; il sapore il formaggio lo prende nella stagionatura.
Giorgio: della camera vorrei dire una cosa, che era caldissima. Non so cosa succedeva, io penso che si utilizzasse d’inverno per fare il bagno, per scaldarsi, per stendere i panni.
Maria: io li mettevo tutti dentro a un soi, che facevamo il bucato, di legno. Lo lasciavo là, tiravo l’acqua che c’era il rubinetto, poi tutti quattro dentro e li lavavo.
 Giorgio: dato che la caldaia produceva vapore, quindi produceva una pressione molto forte, la possibilità di scaricare questo vapore avevano fatto lo scarico sul tetto con un sistema che faceva un suono, un flauto.
 Luciano: come quello che ha il treno.
 Giorgio: e avvisava i contadini a mezzogiorno di venire a casa a mangiare.
 Luciano: si può fare dal siero anche la ricotta. Allora non si vendeva, si dava al contadino che portava il latte, un pochino per noi. Quando si è presa via la forma dalla caldaia resta il siero, non va scremato per fare la ricotta, se si screma non resta niente. Mentre a fare la forma non ci vogliono più di 44 gradi perché non lega più, la forma si ammucchia tutta in fondo alla caldaia, dopo con una rotella la stringevamo per bene, poi si va sotto con la pala, la tiri sù dal suo siero, ci si va sotto con la pesa e la prendi dentro ma è tutta compatta perché è diventata una gomma.