30/08/2006
Genzali Gianni
Guiglia
Gianni Genzale
Guida ambientale
Il Parco dei Sassi di Roccamalatina Fauna, flora, interventi dell’uomo
PARTE 2
Per quanto riguarda i cereali, quali si coltivavano in questa
zona?
Gianni: qui buona parte dei cereali che si coltivavano qui a 500 metri erano
il farro, il granoturco.
La segale?
Gianni: sì, però era un prodotto da alta montagna, tuttora ci sono
delle zone attorno a Pievepelago dove si coltiva ancora la segale.
Accennava prima agli alberi da frutta…
Gianni: ho parlato del corniolo tanto per citare una pianta che adesso è ormai
selvatica, non viene più utilizzata però l’uomo in questo
periodo sta cercando di reintrodurre queste piante cercando di scoprire le piante
di una volta, tipo le giuggiole, le pesche, le nespole, le noci stesse… adesso
l’uomo sta cercando di mettere di nuovo queste piante ma è molto
difficile, sono cambiati i tempi, sono cambiate le condizioni climatiche, ci
sono più parassiti, è molto più difficile gestire queste
piante a livello biologico.
Qui storicamente c’erano gli ulivi?
Gianni: certo, per esempio una famiglia qui, Scorzoni Giuseppe, buona parte del
suo terreno nel cuore proprio del Parco dei Sassi aveva un uliveto che produceva
olive ed olio; cosa sia cambiato io non lo so, ma se hanno dovuto cambiare il
sistema di coltivazione o il tipo di coltivazione qualcosa è successo.
Invece la vite?
Gianni: sapete che più andiamo in alto, più la vite è difficile
da trovare; questa qua è una zona del lambrusco e del moscato, avevamo
un tempo zone dove i vigneti erano abbondanti.
Cosa c’era, grasparossa?
Gianni: sì, grasparossa.
Anche uva tosca?
Gianni: l’uva tosca, io ho ad esempio introdotto due piante di uva fragolina
che veniva utilizzata una volta.
Prima parlavamo di castagne, dell’albero del pane, lei
conosce le varietà di castagne qui presenti?
Gianni: alcune specie le conosco però se andiamo nella zona di Montese
li c’era la castagna nel vero senso della parola, c’era la pastonese
che era la più importante. Abbiamo un museo del castagno a Zocca. Il
castagno è una pianta che ha bisogno di essere innestata per produrre
questo frutto…
Innestata su un piede selvatico?
Gianni: viene presa una pianta che già produce frutto, in base alla specie
del frutto viene innestata, ci sono vari tipi di innesti che possono essere fatti
e da lì nascono le specie che si possono trovare sul nostro territorio;
Zocca e anche buona parte adesso di Guiglia si sta introducendo, visto che va
per la maggiore, la specie del marrone che è un frutto specifico, perché se
spacchiamo a metà la castagna all’interno ci troviamo quella pellina,
detta in parole molto semplici, che si introduce anche nella polpa della castagna
mentre il marrone è un tipo, che si vede molto bene anche dalla forma
dell’involucro che gestisce il seme (quello che noi mangiamo in realtà è il
seme di questo frutto), dove all’interno non c’è questa peluria;
da cuocere fa molto prima, si gestisce molto meglio e viene utilizzato per tantissimi
prodotti tipo il marron glacé. Gianni parla del Parco sotto l’aspetto
turistico? Gianni: detto dagli storici se tutti i castelli e le rocche che c’erano
in questo territorio - adesso lo constatiamo solo a livello di toponomastica,
di nomi - ci fossero ancora, noi avremmo una delle zone più belle d’Europa.
Noi non abbiamo le Dolomiti, io qua attraverso l’appoggio dei servizi che
ci sono porto in giro persone che vengono da Trento, da Bolzano, dalla Valle
d’Aosta e dico a loro tante volte: “voi non dovete pensare alla vostre
montagne, le nostre hanno una loro storia, hanno la loro morfologia e bisogna
raccontarle”.
Abbiamo parlato di piante, di specie vegetali, ma gli animali
che popolavano questa zona quali erano?
Gianni: un grosso problema attuale è quello del cinghiale, dei caprioli,
dei cervi che si stanno avvicinando a branchi e per l’uomo sono un grosso
problema, solo che l’uomo non si rende conto che tutto ciò non è nato
per colpa degli animali ma per colpa dell’uomo. Perché il cinghiale
se sta invadendo questo territorio… abbiamo tantissimi castagneti che
sono abbandonati ed è già un grosso problema questo, perché prima
avevamo i cinghiali solo sull’alto Appennino, pertanto era ridotto; abbiamo
dei cinghiali che non sono autoctoni, quindi se vogliamo vedere il cinghiale
italico dobbiamo andare al parco dell’Uccellina in Toscana, il cinghialetto
che mette al mondo tre o quattro piccoli all’anno a differenza di quello
che c’è qui tuttora, che riesce a fare due covate all’anno
mettendo al mondo dagli otto ai dieci cinghialetti. Non c’è più nessun
predatore: avevamo il lupo, ora lo stanno reintroducendo, ma una volta c’erano
dei branchi di lupi e il lupo a livello di catena alimentare una volta era predatore
validissimo. Come si fa a risolvere questo problema? L’unico predatore
che deve riuscire a risolvere questo problema è l’uomo.
Però gli animali che storicamente c’erano…
Gianni: il cinghiale italico, ce n’erano ma ce n’erano nel momento
in cui esisteva anche il lupo; non ci sono testimonianze di orsi nel nostro territorio
anche se la località Monte Orsello ci può portare a pensare che
5-6 mila anni fa forse c’era anche l’orso. Gli animali che abbiamo
sono la volpe, il tasso, la faina che sono sempre vissuti qui in questo territorio.