30/08/2006
Genzali Gianni
Guiglia
Gianni Genzale
Guida ambientale
Il Parco dei Sassi di Roccamalatina Fauna, flora, interventi dell’uomo
PARTE 1
Gianni, lei di che cosa si occupa?
Gianni: il mio lavoro è quello di fare la guida ambientale escursionistica,
più che altro collaboro con il Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina.
Quindi conosce il territorio del Parco abbastanza bene?
Gianni: sì, direi di conoscerlo abbastanza bene, poi ci possono essere
sempre dei particolari… perché nella vita non si è mai scoperto
tutto, il tutto non esiste.
Da un punto di vista storico-naturalistico come potrebbe descrivere
questo territorio? Quali sono le peculiarità?
Gianni: io sentivo prima parlare Renzo di questo territorio e io questi personaggi
li definisco biblioteche umane, perché sono cose che non sono descritte
da nessuna parte e solo facendo delle interviste si riesce a capire come l’uomo
ha modificato l’ambiente. Quando parlo di ambiente coi ragazzi o anche
con gli adulti la domanda che faccio è: “ma secondo te cos’è l’ambiente?” Anche
se la risposta sembra semplice da dare, non tutti sanno rispondere perché non
riusciamo a capire che cosa è l’ambiente. L’ambiente è un
luogo dove devono convivere animali, piante e l’uomo e noi facciamo molta
fatica ad abbinare questi tre elementi. Parlando dell’ambiente sotto l’aspetto
storico proviamo ad analizzare la nostra provincia, se guardiamo abbiamo la pianura,
abbiamo tutta la parte collinare e la parte di alta montagna. Tutte le valli
partono da uno spartiacque che divide la Toscana dall’Emilia Romagna e
da nord verso sud si spostano le due valli più grandi che abbiamo nel
nostro territorio, la Valle del Panaro e la Valle del Secchia, valli che hanno
sempre suddiviso gli uomini. C’erano uomini che vivevano sulla sinistra
del fiume Panaro e quelli che vivevano sulla destra, non c’erano i mezzi
di comunicazione che c’erano adesso e non parlo del mondo di 300-400 anni
fa, parlo di 40-50-60 anni fa.
Gli uomini vivevano nel loro territorio, allora sentire parlare Renzo viene
da solo pensare che se il borlengo è nato a Guiglia, è di Guiglia,
specifico di Guiglia, non può essere di Serramazzoni né di Vignola
né di Montese perché a Montese avrà le sue particolarità.
Ogni persona si creava la propria cultura attraverso le tradizioni che si fondavano
nelle radici di quel determinato territorio. Guiglia, un piccolo paesino della
provincia di Modena, il balcone dell’Emilia, il balcone di Modena, adesso
ripeto che i mezzi di comunicazione ci permettono di spostarci da una parte all’altra
ma quello che si faceva a Guiglia si faceva a Guiglia.
Quali sono le peculiarità di questo territorio, anche
da un punto di vista geologico?
Gianni: il Parco Regionale è nato nel 1988 quindi è un Parco giovane,
teniamo sempre presente che siamo in collina, non in alta montagna, pertanto
dentro c’è tutto e di tutto. Sotto l’aspetto storico, naturalistico
e geologico io lo considero una piccola torta con tante ciliegine: ogni ciliegina
rappresenta qualcosa che l’uomo deve cercare di proteggere. Il giorno in
cui l’uomo avrà capito che non abbiamo bisogno di Parchi avrà capito
come ci dobbiamo comportare sul nostro pianeta. I Parchi servono a fare capire
alle persone che ci vivono che dobbiamo avere un certo comportamento nei confronti
delle piante, dell’ambiente, degli animali che ci vivono. La particolarità più importante
del Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina sono queste guglie in arenaria
che si elevano verso il cielo e che danno una certa impronta a livello paesaggistico
a questo territorio, i Sassi. Teniamo presente che il nostro territorio per il
70% è costituito da argille. Parliamo delle colline e vedere queste arenarie… perché la
roccia che conforma questi Sassi sono delle arenarie, hanno la loro particolarità,
sono Sassi che hanno cominciato ad emergere dal mare perché una volta
qui c’era il mare, 7 milioni di anni fa, e poi attraverso il tempo sono
stati modellati così come possiamo vederli oggi; abitati fin dall’antichità,
qui nel Comune di Guiglia abbiamo un altro paesino che si chiama Roccamalatina
e i Sassi di Roccamalatina derivano proprio da questa famiglia, ci sono testimonianze
evidenti che si vedono ripercorrendo i 120 km di sentieri del parco. I Malatini,
queste potentissime famiglie, vivevano appunto arroccate attorno a queste guglie.
Ci sono tre gruppi: il Gruppo del Sasso della Croce, tra l’altro è l’unico
dove si può salire, poi il Campanile Alto e il Campanile Basso e più giù abbiamo
un altro gruppo di Sassi che si chiamano Roccazzuole. Ogni gruppo di questi Sassi
era abitato appunto da famiglie che vivevano arroccate in questo territorio.
Abbiamo testimonianze che risalgono all’anno 1000 in cui il simbolo dei
Malatini erano le tre Rocche, Rocca di Sigizio, Rocca di Midone e Roccazzuola:
queste tre rocche erano posizionate sulle cima a queste tre guglie dove tenevano
sotto controllo tutta la valle del Panaro. A quel tempo era molto importante
controllare il territorio in questo modo.
Da un punto di vista agricolo diciamo come l’uomo ha
anche poi adattato questo territorio alla propria attività.
Ci può raccontare qualcosa su quelli che sono stati
i cambiamenti, le svolte più importanti?
Gianni: teniamo sempre presente che la collina fin dall’antichità è stato
il territorio abitato per primo dall’uomo. L’uomo prima di abitare
in pianura si è spostato in collina perché il clima, l’acqua
c’erano le condizioni per poter abitare in un territorio come questo. In
alta montagna c’era molto freddo giù, si può dire che c’erano
delle lagune, l’uomo faceva molto fatica a vivere proprio per la malaria,
perché non c’erano le condizioni. La collina è stato il primo
territorio dove l’uomo ha modificato l’ambiente, l’uomo che
si spostava in collina per venire a caccia poi ha visto che c’era la possibilità di
vivere. Tutto l’ambiente che noi vediamo è un ambiente artificiale
che è stato modificato dall’uomo. Le radure, questi spazi aperti
che noi vediamo fin dall’antichità, l’uomo li ha modificati
e se guardiamo ad esempio solo a livello del castagno, l’uomo ha introdotto
il castagno in questo territorio perché c’era il clima ideale per
produrre questo frutto, tra l’altro chiamato dai locali l’albero
del pane o l’albero della fame proprio perché ha sfamato tantissime
persone. Abbiamo un ambiente che morfologicamente è collinare, dove ci
sono dei pendii che l’uomo faceva fatica a lavorare, casomai ci metteva
qualche pianta per produrre qualche frutto, dove c’erano dei pendii più dolci
lì caso mai c’era la possibilità di seminare del grano, piantagioni
di patate, granoturco e via di seguito. Adesso queste radure vengono utilizzate
solo per fare erba medica perché ci sono delle stalle dove ci sono delle
mucche; pertanto attraverso il tempo l’uomo ha incominciato a modificare
l’ambiente. Una volta l’uomo aveva bisogno della terra, invece adesso
della terra non è che ne abbiamo tanto bisogno, o meglio non ci rendiamo
conto dell’importanza della terra perché noi abbiamo i grandi magazzini,
le cooperative, abbiamo queste cose qua. Anche il bambino stesso fa fatica a
capire, andare attorno a un corniolo che adesso incominciamo a raccoglierli in
mezzo al bosco e far capire al bambino che è possibile mangiarlo, addirittura
una volta facevano delle marmellate con il corniolo, bisogna raccoglierlo solo
quando è il momento che il corniolo cade per terra perché se no è molto
aspro, diventa molto difficile. Ad esempio camminando in mezzo a un bosco capita
delle volte di vedere delle piante di una volta: vedi il sorbo che è una
pianta che oramai è quasi completamente scomparsa, far capire che quello
lo possiamo mangiare… io lo mangio, glielo faccio vedere per fargli capire
che ci sono dei frutti commestibili e altri che non bisogna mangiare perché sono
velenosi per l’uomo, però non è detto che dobbiamo distruggerli
perché ci possono essere benissimo degli animali che vivono mangiando
quei frutti.
Tornando al castagno, lei ha detto che è stato introdotto
dall’uomo, lei sa più o meno in che periodo?
Gianni: il castagno è una pianta asiatica, pertanto il periodo preciso
in cui è stato introdotto… parliamo sicuramente ancora prima dei
romani, però il castagno è diventato frutto commestibile con l’imperatrice
che abbiamo avuto nel nostro territorio, Matilde di Canossa. È stata lei
attraverso l’impero che dominava che ha fatto sì che questa pianta
diventasse veramente un frutto commestibile, addirittura ha fatto in modo che
le persone che vivevano in questo territorio che per la maggiore morivano di
fame, attraverso questa pianta ha dato la possibilità di vivere con i
prodotti che si potevano trovare sul territorio. Il castagno non è che
si possa mangiare così come viene raccolto, oggi raccogliamo per le caldarroste
oppure castagne lessate, ma per produrre l’elemento principale che era
la farina di castagne c’era tutto un ciclo ben de- finito. Il castagno
si può dire che cresce dai 700 metri ai 1100, massimo 1200 metri a Fellicarolo
e Ospitale però diciamo il cuore del castagno è qui nella zona
di Guiglia, Zocca, Montese.
Qui nel territorio del Parco dei Sassi di Roccamalatina i castagni
ricoprivano la maggior parte del territorio?
Gianni: sì, buona parte del territorio, ripeto nei pendii, dove l’uomo
faceva più fatica caso mai a coltivare dei cereali. Ecco, tutti questi
pendii sono stati utilizzati e modificati dall’uomo con i castagneti, abbiamo
dei bellissimi castagneti con delle piante che risalgono a 500-600 anni fa, senza
esagerare; per esempio alle Serre di Samone che tra l’altro è una
zona di protezione integrale da parte del Parco. Vi voglio raccontare una cosa
che racconto sempre ai ragazzi: si dice che una volta le castagne venissero raccolte
direttamente sulle piante con il riccio, venivano raccolti perché i castagni
erano posseduti da persone nobili che avevano tanto terreno e c’erano durante
la stagione persone che andavano per loro a raccogliere questi ricci. Un bel
giorno passò di lì un pellegrino e disse a questi signori che
stavano raccogliendo le castagne: “potete farmi la carità e regalarmi
alcuni ricci di castagne?”, questi signori che erano sulle piante dissero “le
castagne non sono nostre, non possiamo regalarle” e lui disse: “buttatemi
giù almeno un riccio e vedrete che da ora in poi le castagne non verranno
più raccolte sulle piante ma verranno raccolte per terra”. Incuriositi
buttarono giù questo riccio e questo signore che si dice fosse un Santo
fece il segno della croce sul riccio e ad un tratto tutti questi ricci si aprirono
e le castagne cominciarono a cadere per terra. Da quel momento le castagne si
raccolgono sul terreno. Fateci caso quando vi capita di andare a castagne: i
ricci si aprono a forma di croce, all’interno ci sono tre castagne, una
piccola, una media, una grande e questo signore che era San Cataldo, il protettore
dei castagneti, disse con questi signori “la piccola la regalate a chi
chiede la carità, quella media la potete tenere voi e la grande la potete
dare ai signori che posseggono queste piante”.
Questa è leggenda, però se vediamo la natura come si comporta
ci sono degli elementi che ci legano sicuramente.